AGI – “Il web come lo conosciamo è a rischio”: serve una nuova pubblicità online, mirata ma più rispettosa della privacy. Matt Brittin, presidente Emea di Google, non ha dubbi. Le alternative sarebbero, al momento, due: un web a pagamento oppure l’addio a ogni annuncio personalizzato. Per Brittin, “questi modelli alternativi non sono solo difettosi ma anche impopolari”. Il primo renderebbe il web “un lusso”; il secondo provocherebbe un danno immediato tra i 32 e i 39 miliardi di dollari.
Quanto conta la privacy nella scelta
Google punta invece sulla terza via: un pubblicità (come oggi) personalizzata, ma (più di oggi) responsabile. Lo spazio sembra esserci: secondo lo studio “Privacy by design: the benefits of putting people in control”, commissionato da Mountain View a Ipsos, gli utenti sono sempre più attenti alla privacy, ma ben disposti a condividere i dati se percepiscono trasparenza.
Il 43% degli intervistati si è detto disposto a rinunciare al brand che rappresenterebbe la sua “prima scelta” se la principale alternativa offrisse un’esperienza migliore relativa alla privacy. Il 71% ha affermato di privilegiare l’acquisto da brand che si dimostrano onesti riguardo alla raccolta e all’utilizzo dei dati.
In altre parole: i marchi che rispettano la riservatezza conquistano la fiducia degli utenti e possono erogare una pubblicità più efficace. Non sembra invece funzionare l’incentivo monetario: pagare per convincere le persone a condividere informazioni personali potrebbe essere controproducente perché fiacca la fiducia nel brand.
Il futuro del web secondo Google
“Il futuro del web dipende dalla fiducia delle persone: solo così si potrà creare pubblicità responsabile e privata per garantire una Rete sostenibile e più sicura per le persone, più efficace per le aziende e per gli editori”, ha sottolineato Brittin. La “pubblicità responsabile”, per dirla con le parole del manager Google, è quindi “una sfida ma anche un’opportunità”.
Entro la metà del 2024, Big G prevede di eliminare completamente i cookie di terze parti, cioè gli elementi che permettono di riconoscere un utente anche su un sito diverso da quello su cui sta navigando. Non è un semplice accorgimento tecnico: “Significa – ha affermato Brittin – reinventare la tecnologia su cui si basa gran parte del sistema pubblicitario del web e sviluppare nuove soluzioni incentrate sulla privacy. Per la pubblicità online e per il futuro di Internet questo è un momento di svolta improrogabile: senza la fiducia delle persone, è in gioco il futuro del Web con pubblicità. I prossimi due anni saranno fondamentali”.
L’approccio delle “tre M”
Se Google sta provando a sviluppare un nuovo modello, Brittin ha raccomandato agli inserzionisti di incardinare la propria strategia sull’approccio delle “tre M”: le esperienze legate alla privacy devono essere significative (meaningful), memorabili (memorable) e gestibili (manageable). Tradotto in azioni concrete, vuol dire chiedere agli utenti come e con che frequenza vogliono che si ricordino le loro preferenze, inviare un’email di sintesi sulla gestione della privacy e chiedere il consenso per la personalizzazione di un sito web.
Oltre ad aumentare del 37% della percezione di controllo sui propri dati, la combinazione di pratiche come queste – rileva l’indagine Ipsos – ha un impatto positivo sulla pubblicità: aumentano la fiducia riguardo la condivisione dei propri dati (+11%), la pertinenza percepita degli annunci visualizzati (+11%) e le risposte emotive positive alle inserzioni (+27%).