AGI – Intrappolati nella sindrome italiana: la continuità nella medietà. Il 2024 potrebbe essere ricordato come l’anno dei record (degli occupati e del turismo estero, ma anche della denatalità, del debito pubblico e dell’astensionismo), ma un’analisi che vada oltre i soli dati consegna una immagine più sfaccettata della situazione socioeconomica del Paese. Il Censis, nel suo 58esimo Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, vede l’Italia attestarsi su una linea di galleggiamento, senza incorrere in capitomboli rovinosi nelle fasi recessive né compiere scalate nei cicli positivi. La spinta propulsiva verso l’accrescimento del benessere, annota il Censis, “si è smorzata”. Negli ultimi vent’anni (2003-2023) il reddito disponibile lordo pro-capite si è ridotto in termini reali del 7,0%. E nell’ultimo decennio (tra il secondo trimestre del 2014 e il secondo trimestre del 2024) anche la ricchezza netta pro-capite è diminuita del 5,5%. La sindrome italiana, dunque, “nasconde non poche insidie”, perché potrebbe condurre a una fase di immobilismo economico e sociale. Non a caso l’85,5% degli italiani ormai e’ convinto che sia molto difficile salire nella scala sociale. Molti conti “non tornano” nel sistema-Italia, riflette il Censis, e molte equazioni “rimangono irrisolte”.
Nonostante i segnali non incoraggianti sull’andamento del Pil, il numero degli occupati si è attestato a 23.878.000 nella media dei primi sei mesi dell’anno, con un incremento di un milione e mezzo di posti di lavoro rispetto all’anno nero della pandemia di Covid e un aumento del 4,6% rispetto al 2007. Ma la distanza tra il tasso di occupazione italiano (siamo ultimi in Europa) e la media europea resta ancora significativa: 8,9 punti percentuali in meno nel 2023. Se il nostro tasso di attività fosse uguale a quello medio europeo, potremmo disporre di 3 milioni di forze di lavoro aggiuntive. Mentre se raggiungessimo il livello europeo del tasso di occupazione, supereremmo la soglia dei 26 milioni di occupati: 3,3 milioni in più di quelli registrati nel 2023. La produzione delle attivita’ manifatturiere italiane è entrata in una spirale negativa: -1,2% tra il 2019 e il 2023. Il raffronto dei primi otto mesi del 2024 con lo stesso periodo del 2023 rivela una caduta del 3,4%.
Turismo e occupazione
Le presenze in Italia hanno raggiunto 447 milioni nel 2023, un incremento del 18,7% rispetto al 2013. L’aumento più evidente nel decennio è attribuibile alla componente estera (+26,7%), che si colloca sui 234 milioni di presenze, ma il turismo domestico è comunque cresciuto del 10,9%. Solo a Roma le presenze turistiche nel 2023 hanno superato i 37 milioni. In termini di produttività, però, nel periodo 2003-2023 le attività terziarie registrano una riduzione del valore aggiunto per occupato dell’1,2%, mentre l’industria mostra un aumento del 10,0%. Il Paese è a corto di alcune figure professionali, la quota rispetto ai fabbisogni delle imprese è arrivata al 45,1% del totale delle assunzioni previste (era del 21,5% nel 2017). È aumentato soprattutto il peso delle figure difficili da reperire per esiguità dei candidati: dal 9,7% del totale delle assunzioni previste nel 2017 al 28,4% nel 2023. Specialisti e tecnici della salute sono la primula rossa del mercato del lavoro. Il ridotto numero di candidati riguarda il 70,7% della domanda di lavoro per infermieri e ostetrici, il 66,8% per i farmacisti e il 64,0% delle posizioni aperte per il personale medico. La carenza di candidati riguarda anche gli idraulici (il 47,7% delle assunzioni previste) e gli elettricisti (40,2%). Sul fronte previdenziale il futuro è incerto: il 75,7% pensa che non avrà una pensione adeguata quando lascera’ il lavoro. Ben l’89,8% dei giovani ha questa certezza.
La povertà non arretra
L’Italia presenta una percentuale di persone a rischio di povertà prima dei trasferimenti sociali pari al 27,2% e al 18,9% dopo di essi, mentre i dati della media Ue sono pari rispettivamente al 24,8% e al 16,2%. Secondo un’indagine del Censis il 9,8% degli italiani maggiorenni vive in famiglie in cui il reddito non è sufficiente a coprire le spese mensili. Inoltre, l’8,4% degli italiani si trova in una condizione di povertà alimentare, il 9,5% in povertà energetica e 2,7 milioni di maggiorenni in condizione di povertà oculistica. Libertà di scelta anche per i pensionati. Il 65,2% degli italiani ritiene che si debba riconoscere la libertà individuale di andare in pensione prima dell’età prefissata, sia pure subendo piccole penalità. Al contempo 59,6% crede che sarebbe opportuno consentire ai pensionati di lavorare se vogliono farlo (il dato sale al 77,6% tra gli anziani). L’81,2% dei giovani è convinto che per garantirsi una vecchiaia serena sono fondamentali i risparmi e lo sviluppo della previdenza complementare.