MILANO – E’ arrivato sulle scrivanie europee il Progetto di bilancio dell’Italia, il documento che sintetizza la legge di Bilancio per il 2017 (quest’ultima inizierà l’iter parlamentare dal giorno 20) e le stime sui conti pubblici. Il Draft Budgetary Plan (Dbp, la definizione originale del progetto di bilancio) dovrà esser vagliato dai tecnici di Bruxelles, ma le premesse sono incerte: come ricostruisce Repubblica in edicola, non piacciono alla Commissione le coperture “una tantum” individuate dal Tesoro, mentre il deficit/Pil posto al 2,3% (rispetto al 2% indicato nella Nota di aggiornamento del Def e all’1,8% per il quale l’Italia si era impegnata ad aprile) “non è il numero concordato”, hanno fatto sapere il commissario europeo Pierre Moscovici e il suo staff. Nel mirino europeo c’è anche la riapertura della voluntary disclosure, la sanatoria fiscale, con l’estensione della finestra per mettersi in regola a chi detiene risorse in contanti in Italia. Misure che hanno sollevato le preoccupazioni delle Entrate, alle quali risponde Pier Carlo Padoan da Uno Mattina, su Rai1: “Per il contante, la voluntary propone un meccanismo con cui si invitano i possessori di questa ricchezza occulta a farla emergere. Ricchezza su cui bisogna pagare delle imposte”. E sulla fredda reazione Ue: “Il rapporto è positivo, a nostro avviso siamo in regola”.
Che le 72 facciate del documento italiano siano state limate fino all’ultimo è indicato dal fatto che il Dbp sia stato caricato nei sistemi online della Commissione per ultimo e soltanto con la data del 18 ottobre, l’indomani della scadenza teorica prevista per l’invio.
LA RICHIESTA DI DEFICIT. Il governo spiega in poche parole perché ha deciso di far salire l’obiettivo di deficit/Pil al 2,3%, usando tre quarti del margine di 0,4 punti che il Parlamento aveva autorizzato a ‘prendersì per “affrontare le spese straordinarie legate all’immigrazione, il recente terremoto in Italia centrale e un piano di investimenti antisismico per gli edifici e le infrastrutture che non può più essere rimandato considerata la frequenza con cui si verificano terremoti distruttivi”. Ebbene, il 2,3% secondo il Tesoro permette di “mantenere il deficit su un sentiero di riduzione e avere un saldo strutturale invariato rispetto all’anno in corso, pari al -1,2 per cento del Pil. Infatti, l’ultima valutazione tecnica pare suggerire che il predetto aumento delle spese possa essere classificato come posta straordinaria ai fini del calcolo del saldo di bilancio strutturale per il 2017”. Sollevando lo sguardo al biennio successivo, il “saldo strutturale programmatico dovrebbe migliorare”, allo 0,8 e allo 0,2% tra 2018 e 2019, “determinando il raggiungimento dell’obiettivo di medio termine per l’Italia (l’equilibrio di bilancio in termini strutturali)”.
LE SPESE STRAORDINARIE. Insomma, le spese per migranti e terremoto sono fuori dal conteggio: vengono dettagliate in 0,16 punti di Pil per l’emergenza profughi in Italia, 0,02 punti per affrontarla nei Paesi d’origine e 0,3 punti per la prevenzione sugli edifici. “L’impatto complessivo sul bilancio italiano della spesa per migranti, in termini di indebitamento netto e al netto dei contributi dell’Unione europea, è attualmente quantificato in 2,6 miliardi per il 2015, previsto pari a 3,3 miliardi per il 2016 e 3,8 per il 2017”, si legge. Il Documento insiste molto proprio sul tema dei flussi, nella sua parte iniziale, per rappresentare agli sceriffi dei conti Ue lo sforzo italiano: si parla di 8 miliardi di spesa in più per questa crisi umanitaria, rispetto a quanto accaduto nel 2011-2013. Per di più, si sottolinea, l’Italia è un Paese di transito e “questo riduce le potenzialità di un beneficio economico di medio-lungo periodo derivante dell’integrazione dei migranti nel tessuto produttivo”, della quale gode ad esempio la Germania.
LE COPERTURE. Sintetizzando la Manovra 2017, il Tesoro spiega che il deficit/Pil al 2,3 per cento è frutto di interventi che valgono 0,7 punti di Pil. Nella sommaria ricetta, alla voce delle coperture, rientrano quindi “tagli di spesa e incrementi di gettito realizzati attraverso il miglioramento della compliance fiscale, escludendo aumenti di imposte e anzi proseguendo nella loro riduzione. I risparmi di spesa deriveranno da un nuovo ciclo di Spending Review e dalla riduzione di vari stanziamenti di bilancio. L’aumento di gettito sarà conseguito attraverso l’efficientamento meccanismi di riscossione dell’IVA secondo le direttrici già attuate con successo nel 2016, il riallineamento del tasso di riferimento dell’ACE (la detassazione degli utili reinvestiti) ai tassi di mercato, l’estensione della ‘voluntary disclosure’ e le aste per le frequenze”. Proprio sulla riapertura della sanatoria sui capitali si stanno già levando segnali di preoccupazione, raccolti da Repubblica in edicola: le agenzie di riscossione temono il crollo delle entrate e un contraccolpo dalla possibilità di far riemergere i capitali liquidi (contanti&co) detenuti in nero in Italia.
GLI EFFETTI FINANZIARI DELLE NUOVE MISURE. A guardare le tabelle allegate sugli attesi effeti finanziari dalle misure programmate, emerge che la voluntary bis proroga a tutto il 2017 i termini per la presentazione delle istanze sui redditi e patrimoni detenuti all’estero, ma amplia la platea, “tramite la possibilità di optare per un prelievo forfetario, a titolo di imposte, interessi, sanzioni e contributi. Ulteriori misure saranno previste nel caso in cui la collaborazione volontaria abbia ad oggetto denaro in contanti, valori al portatore e altri valori”. La misura è accreditata di un effetto finanziario di 0,117 punti di Pil, poco meno di 2 miliardi di euro, che si ribalta però nel 2018. Stesso valore è attributio all’asta delle frequenze, mentre circa 2,5 miliardi sono associati al “Recupero evasione fiscale”, che risponde principalmente ad alcuni correttivi sull’Iva e sulla fatturazione elettronica. Si sale poi oltre i 2,8 miliardi (0,17 punti del prodotto) con la “Revisione e riporgrammazione della spesa dei ministeri”.
LE STIME DI CRESCITA. Indicando la debolezza economica generale, il Dbp itlaiano parte con una difesa delle stime di crescita del governo, finite nel mirino dell’Ufficio parlamentare di bilancio nei giorni scorsi per un eccesso di ottimismo. “A settembre, il Governo ha rivisto al ribasso la previsione di crescita del Pil reale allo 0,8 per cento per il 2016 e all’1,0 per cento per il 2017 nel quadroma croeconomico programmatico”, si ricorda ammettendo che “il valore mediano delle stime di Consensus si attestava a settembre sullo 0,8 per cento sia per il 2016, sia per il 2017. Tuttavia, non erano ancora note le misure programmatiche per la crescita e lo sviluppo economico e sociale che il Governo intendeva considerare nella costruzione del quadro programmatico”. Alla luce anche delle variabili Brexit e del rallentamento del commercio, “il Pil reale in Italia per il 2017 è previsto in crescita dell’1,0 per cento, ovvero 0,4 punti percentuali al di sopra della previsione nello scenario a politiche invariate. L’economia è quindi prevista al rialzo dell’1,2 per cento sia per il 2018 che per il 2019”. Più avanti nel testo, si rivendica anzi una lettura prudenziale della crescita, visto che il livello indicato è rimasto invariato rispetto alla Nota di aggiornamento del Def pur avendo alzato il deficit/Pil: “Lo stimolo fiscale aggiuntivo fornito dai programmi di spesa straordinaria per l’immigrazione e gli interventi post terremoto in termini di ricostruzione e prevenzione non sono stati esplicitamente inclusi nella previsione di crescita”.
LE RIFORME. Il Dbp presenta il “cronoprogramma per le riforme”: tra le voci ancora da spuntare si citano il referendum e le norme in materia di conflitto d’interessi (da approvare entro marzo prossimo); il pacchetto delle politiche attive per il lavoro e gli assegni di ricollocazione (attesi a settembre, indicati “entro il 2016); le riforme su servizio civile, imprese sociali e terzo settore (giugno 2017); il Jobs act degli autonomi e il contrasto al lavoro nero (entro fine anno) e il testo unico della famiglia (giugno 2017).