Caro direttore,
mi chiamo Daniela, sono la mamma di un bimbo pluridisabile che a causa della sospensione di scuole e terapie sta vedendo la vita trasformata in un inferno, ancora più grande di quanto non lo sia già normalmente. Nicolò ha 13 anni, ha avuto un normale sviluppo fino a due anni e poi è regredito. Inizialmente i medici pensavano che si trattasse di una sordità neurosensoriale con tratti autistici. Da poco abbiamo scoperto, invece, tramite un nuovo test, che Nicolò è affetto da una rara sindrome genetica con pochissimi casi in Italia, quella di Baraitser Winter. In una situazione così grave, come quella che stiamo vivendo, pensare ai più fragili è doveroso. Invece sembra che i disabili siano stati totalmente dimenticati. I nostri bambini non traggono beneficio dalla didattica via web come i bambini normodotati e con la sospensione di tutte le terapie stanno regredendo, rischiando di veder vanificati in pochi mesi sacrifici di interi anni.
Molte persone si stanno impegnando per fargli arrivare tramite computer materiale didattico da riproporre a casa e di certo non manca la buona volontà, da parte di chi li segue ogni giorno, di mantenere almeno visivamente i contatti. Ma purtroppo per molti di loro queste misure sono totalmente vane. Mio figlio non presta attenzione alle videochiamate o non collabora a casa senza terapiste, tutto appare nullo. La mancanza di routine rassicuranti, di ritmi che scandiscono la giornata in modo coerente e stabile, stanno causando problemi difficilissimi da gestire per genitori che, lasciati soli, da casa devono anche lavorare, con un bimbo che magari urla, si morde o ha crisi sempre più forti. Inizialmente si era parlato di riconvertire le ore di assistenza a scuola in ore di assistenza domiciliare, sul sito del Comune di Roma era anche uscito un articolo che ci rassicurava in tal senso. Poi ci hanno dimenticati e i Comuni, senza direttive, hanno le mani legate.
Daniela Caciolo