La latitanza di Totò Riina? “Usciva normalmente, senza trucchi, senza maschere”. Girava anche per Palermo: “Sì, anche. Quando c’era bisogno uscivamo, per andare a fare la spesa, in farmacia”. A raccontarlo è Maria Concetta, figlia del “capo dei capi”. In un’intervista rilasciata alle Iene, che andrà in onda domenica sera su Italia 1, rivela che l’uomo ricercato numero uno d’Italia girava anche per Palermo: “Sì, anche. Quando c’era bisogno uscivamo, per andare a fare la spesa, in farmacia”.
Faceva, insomma, una “vita normale”: “Io, mio padre, mia madre e i miei fratelli siamo stati sempre insieme durante la latitanza. Non andavamo a scuola, era mia madre a farci da insegnante perché giravamo sempre, di continuo, non ci fermavamo mai. Lui diceva che per il lavoro dovevamo andarcene in un altro posto. Non lo capivamo, magari eravamo pure piccoli. Non avevamo questa percezione di una cosa brutta, negativa, tipo che fossimo braccati. Non ci diceva ‘dobbiamo scappare’ di notte oppure ‘dobbiamo allontanarci perché siamo seguiti o siamo braccati’. No, lui ci diceva con calma ‘dobbiamo andarcene’. E così facevamo le valigie e ce ne andavamo”. Non mancavano però le vacanze: “Sì, andavamo al mare. Stavamo una, due settimane”. E tutto, dice Maria Concetta Riina, senza incappare in posti di blocco: “La verità? Neanche uno, mai. Li abbiamo visti però non ci fermavano. Nella vita siamo stati magari fortunati per 20 anni. Giravamo e non ci fermava mai nessuno”.
Racconta anche che “quando ci fu la strage di Capaci l’abbiamo saputo dal tg. Eravamo tutti sul divano. Mio padre era normale, non era nè preoccupato nè felice. E non è vero, come hanno detto, che ha brindato con lo champagne”.
Maria Concetta – il cui marito è stato arrestato per truffa nei giorni scorsi – rifiuta di dare un giudizio sul padre: “Io – chiarisce – non posso prendere le distanze da mio padre, perché mio padre ai miei occhi era un’altra persona, non è il mostro che vedete voi, che vede l’Italia intera. E’ stato un buon padre. E poi penso che ci sono delle cose che in cuor mio non sono state commesse. Non lo so se era uno stinco di santo, non lo devo giudicare io, sarà il Signore a giudicarlo. L’ha già giudicato del resto, è morto il 17 novembre. Se non era uno stinco di santo sarà all’inferno, se lo era starà in paradiso. Non lo so dove sarà. Per me è
stato un buon padre. Io – sottolinea ancora – ho le mie buone ragioni per pensare che mio padre in certe cose non c’entra. Non ha potuto fare – rimarca – tutto quello da solo”. Non svela però verità occulte: “Il problema è che nel momento in cui lo dico vengo attaccata, perché mio padre ha fatto comodo a tante persone. Si è accollato tante cose che altrimenti avrebbero dovuto accollarsi altri. Era – conclude – un parafulmine”.