• 19 Maggio 2024 9:31

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La fattura energetica italiana è a livelli da record

Lug 5, 2022

AGI – La fattura energetica italiana (quello che il éaese pagherà per avere energia, ndr) nel 2022 toccherà livelli record a 90 miliardi di euro, in aumento del 93%. È la stima di Unem secondo cui l’impennata è dovuta soprattutto all’aumento dei prezzi del gas per il quale l’Italia pagherà quest’anno 40,8 miliardi di euro dai 19,3 miliardi del 2021.

“Le criticità del periodo – ha dichiarato il presidente Unem, Claudio Spinaci – si stanno riflettendo anche a livello nazionale, a partire dalla fattura energetica che quest’anno dovrebbe ammontare a 90 miliardi di euro, quasi il doppio di quella dello scorso anno e dei picchi del 2011-2012. Ciò è dovuto in larga parte al forte incremento dei costi del gas. Il gas naturale, prima fonte energetica in Italia dal 2016, da settembre dello scorso anno lo è diventata anche in termini di esborso, superando la fattura petrolifera che storicamente costituiva invece la componente più rilevante”.

“La partita è davvero importante e il Governo italiano si è preso la responsabilità di non aderire al patto sull’auto elettrica firmato da molti stati alla COP26 di Glasgow nel novembre scorso” ha detto il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti nel messaggio inviato all’assemblea di Unem, “Riteniamo sia necessario proporre alla Commissione europea una revisione del pacchetto ‘Fit for 55’ che in primis preveda l’applicazione del principio cardine della neutralità tecnologica”.

I consumi totali di energia in Italia dovrebbero aumentare nel 2022 in maniera inferiore all’1%, stima Unem sottolineando tuttavia che “nella seconda parte dell’anno potrebbe perdere slancio per una serie di cause legate al probabile rallentamento dell’economia e all’alta inflazione, a prescindere dall’elasticità ai prezzi”.

“È da notare – ha spiegato Spinaci – come il maggiore incremento è proprio per il carbone a fronte di un calo sia del gas che delle fonti rinnovabili. Quanto ai consumi dei prodotti autotrazione, sono tornati sui livelli pre-pandemia anche in anticipo rispetto a quanto avevamo previsto alla fine dello scorso anno, per una ripresa del trasporto privato a scapito di quello pubblico. Anche in questo caso potrebbe esserci un rallentamento a causa degli alti costi dei carburanti dovuto alla difficile congiuntura internazionale. Da questo punto di vista va detto che le compagnie hanno fatto quanto è stato possibile per contenere gli aumenti e lo dimostra l’andamento dello stacco con l’Europa”.

Da dove viene la crisi energetica

“La crisi energetica, che sta colpendo l’Europa molto più degli Stati Uniti, nasce prima” dell’invasione russa dell’Ucraina “perché l’Europa ha trascurato la sicurezza energetica preferendo un approccio ideologico ed estremamente pericoloso” ha aggiunto Spinaci osservando che non si tratta di una crisi “congiunturale ma strutturale”.

“Alla base di questi repentini aumenti – ha dichiarato – gli squilibri preesistenti tra la domanda e l’offerta di energia che hanno rivelato tutte le fragilità della politica energetica dell’Europa che si è scoperta incapace di garantire approvvigionamenti sicuri e competitivi. Non si tratta di un problema congiunturale, come molti hanno sostenuto, ma strutturale e dunque richiede risposte di natura non solo emergenziale, ma soprattutto politiche di lungo termine che guardino con più attenzione al tema della sicurezza energetica, colpevolmente trascurata in questi ultimi anni”.

Le maggiori tensioni, ha ricordato Spinaci, “in una prima fase, hanno riguardato soprattutto il gas naturale il cui prezzo in Europa già a fine 2021, dunque ben prima della crisi Russia-Ucraina, era cresciuto di oltre il 400% rispetto a dicembre 2019, con aumenti più contenuti, ma comunque significativi, per petrolio (+24%) e carbone (+122%). Con la crisi Ucraina è partita una nuova fase che ha inciso in modo più evidente sul petrolio, il quale ha raggiunto livelli record nonostante le attese per un rallentamento della domanda legato alla guerra e alla ripresa della pandemia in Cina. Il Brent l’8 marzo ha toccato i 128 dollari/barile contro i 75 medi del secondo semestre 2021 (+70%), ripiegando nelle settimane successive ma oscillando costantemente nella forchetta 105-120 dollari/barile”. 

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