LONDRA – “Non mi sono mai sentito così abbandonato e deluso in vita mia”, scrive Chris Cauduro. “Vedere concittadini italiani ridotti a dormire in aeroporto e pensare che ora sono ancora lì ad aspettare notizie e aiuti che non arrivano. Che vergogna!” È una delle tante voci che si levano da un gruppo creato in men che non si dica su Facebook: “Azione collettiva italiani bloccati in Gran Bretagna”. Sono centinaia, forse migliaia di nostri connazionali, rimasti intrappolati agli aeroporti londinesi di Heathrow e Stansted dalla sospensione dei voli decisa dal nostro governo, come dalla maggioranza dei paesi europei, per limitare il contagio con la nuova variante aggressiva del Covid emersa nella capitale britannica e nel sud-est dell’Inghilterra. Famiglie con bambini, giovani, anziani, gente che lavora qui e si preparava a rientrare per le vacanze di Natale oppure che era venuta per un soggiorno di studio, lavoro o turismo, e che adesso non sa più quando potrà rientrare. Fra difficoltà economiche, scarse informazioni e il problema immediato di dove trovare un posto per dormire.
“Io voglio capire a cosa serve avere la cittadinanza italiana a questo punto”, si domanda Juliana Severino sulla pagina formata appositamente su Facebook. “Mai, in tutta la mia vita, avrei pensato di venire abbandonata come un cane dall’Italia. Si è cittadini solo quando hanno bisogno, ma smetti di esserlo in caso di emergenza”. Giovanni Lombardo: “Ragazzi, sono tanto triste, ci hanno bloccato a tutti, come dobbiamo fare?” Gli risponde Alina Diaconu: “Dobbiamo non mollare e continuare a lottare finché ci rimandano a casa”. E le fa eco Sara Bolognesi: “Ragazzi, non molliamo. Contattiamo i giornali, l’unione fa la forza”.
È un coro di lamentele disperate. “Io avevo il volo per domani per il rientro in Sardegna”, racconta Stefania Solinas. “Sono qui da due mesi, sono stata licenziata e da domani sono fuori casa perché devo lasciare l’alloggio. Mi sapete dire come devo comportarmi? L’unica cosa che posso fare è andare a dormire in aeroporto, sono nella m…. totale, scusate il francesismo ma è la verità”. Qualcuno condivide un link a trasmissioni delle tivù italiane su quanto sta succedendo. Gloria Londra condivide il link di un articolo di “Repubblica”, l’intervista alla dottoressa Valentina Sangiorgio, rimasta bloccata a Stansted con la madre quando stava già per salire sull’aereo per Milano: “La mia odissea di italiana bloccata a Londra”.
Luisa Campedelli scrive un post dall’Italia: “Sono la mamma di un ragazzo che ieri sera è stato bloccato con la sua ragazza dopo avere fatto il check in a Stansted. Stavano per tornare definitivamente in Italia, dopo un periodo di lavoro che non è potuto proseguire a causa del Covid 19. Non stavano tornando per mangiare il pandoro in famiglia e poi ritornare in Inghilterra. Quindi non hanno più lavoro né casa a Londra. Cosa succede ora? Possibile che non si possa avere qualche informazione? Si sta facendo qualcosa per riportare i nostri cari in Italia?” Poi ci sono quelli che condividono pareri sulla possibilità di risarcimenti: “Abbiamo diritto al rimborso del biglietto e delle tasse aeroportuali”, scrive Giovanni Demetrio Mosello, “lo so, magra consolazione. Solo per coloro che hanno saputo della cancellazione del volo in aeroporto c’è il diritto all’assistenza in loco”. Ma aggiunge che “le cancellazioni causate da provvedimenti di autorità per il contenimento del Covid rientrano nelle cause di forza maggiore non prevedibili dalla compagnia aerea, di sicuro non è una buona notizia per chi si trova senza alloggio”.
E ancora. Lorenzo Ravagli: “Io questa mattina sono andato a lasciare il mio recapito al Consolato italiano”. Angelo Frusciante: “Ciao ragazzi, siamo tutti nella stessa situazione, ma la vedo dura”. Ciro Di Domenico: “Io ho un biglietto per l’1gennaio e non è ancora stato cancellato”. Come e quando finirà? Forse ne sapremo di più dopo la riunione dei 27 paesi della Ue stamane a Bruxelles. Ma il tam-tam dei social media al momento è l’unica forma di comunicazione e sostegno reciproco che aiuta gli italiani di Londra a sopportare l’idea di non potere tornare a casa.