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La Corte Costituzionale difende l’obbligo vaccinale con il solo buon senso

Feb 10, 2023

Forse vi è la speranza che un testo del nostro massimo tribunale, la Corte Costituzionale, possa essere più utile delle parole della comunità scientifica per aiutare le persone a liberarsi di una serie di perniciose bugie che taluni – anche specialisti, ovvero le solite eccezioni che confermano la regola del consenso scientifico – diffondono ormai da tempo. È stato in particolare depositato il testo della sentenza 14/2023 della Corte Costituzionale sulla legittimità delle misure volte all’allontanamento dal lavoro del personale sanitario che ha rifiutato la vaccinazione contro SARS-CoV-2. Sebbene la decisione della Corte fosse già stata anticipata a dicembre 2022, la sentenza è particolarmente interessante per una serie di considerazioni che, intendendo rispondere a varie obiezioni sollevate dal giudice rimettente, ribadiscono molti punti specifici che i ricercatori, nella loro stragrande maggioranza, avevano già fatto presenti. Fra l’altro, va ricordato che nel giudizio in questione sono state presentate numerose osservazioni e opinioni di un gran numero di soggetti, i quali tutti hanno ricercato la valutazione della Corte su una variegata quantità di punti; la Corte ricorda in particolare Droit uniforme Asbl, Associazione ContiamoCi e Fondazione Centro studi allineare sanità e salute, Comitato per il diritto alla cura domiciliare nell’epidemia di Covid-19, Associazione umanità e ragione, Noi avvocati per la libertà, il presidente della commissione dell’albo degli odontoiatri di La Spezia, Corvelva Aps, Coordinamento nazionale danneggiati da vaccino, Ondav, Comitato radicale scienza è coscienza, Confederazione legale per i diritti dell’uomo, Associazione CoScienze critiche, Associazione coordinamento del movimento italiano per la libertà di vaccinazione, Comilva Odv, Associazione libera scelta Campania, Comitato immuni per sempre, Avvocati liberi e Organizzazione mondiale per la vita. Di tutti questi, ricorda la Corte, tutti gli interventi e le opinioni presentano un contenuto omogeneo; anche se questi interventi non sono ammessi, nel rispondere nel merito al giudice rimettente, di fatto quegli interventi sono dimostrati irrimediabilmente fallati.

 

Per cominciare, in sentenza troviamo che “il rischio di insorgenza di un evento avverso, anche grave, non rende di per sé costituzionalmente illegittima la previsione di un obbligo vaccinale, costituendo una tale evenienza titolo per l’indennizzabilità.” Questo perché, spiega la Corte, “la tutela della salute implica anche il dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli altri.” Quindi, scrivono i giudici, “nell’ambito di questo contemperamento tra le due declinazioni, individuale e collettiva, del diritto alla salute, l’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio trova giustificazione in quel principio di solidarietà che rappresenta la base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente”. In sostanza, “fino a quando lo sviluppo della scienza e della tecnologia mediche non consentirà la totale eliminazione di tale rischio, la decisione di imporre un determinato trattamento sanitario attiene alla sfera della discrezionalità del legislatore, da esercitare in maniera non irragionevole”.

 

La ragionevolezza, secondo quanto ben chiarito dalla Corte, consiste nella congruenza fra una decisione presa dal legislatore e le evidenze scientifiche disponibili, cui l’azione legislativa deve costantemente adeguarsi, modificando se del caso le proprie disposizioni. E, dopo un breve richiamo dei dati disponibili al legislatore quando impose l’obbligo vaccinale per i sanitari, la Corte riscontra “in coerenza con il dato medico-scientifico che attesta la piena efficacia del vaccino e l’idoneità dell’obbligo vaccinale rispetto allo scopo di ridurre la circolazione del virus, la non irragionevolezza del ricorso ad esso, a fronte di un virus respiratorio altamente contagioso, diffuso in modo ubiquo nel mondo, e che può venire contratto da chiunque, caratterizzato da rapidità e imprevedibilità del contagio.”

 

Di quali evidenze scientifiche deve tener conto il legislatore? Non ovviamente di quelle prodotte da qualunque, più o meno autonominato esperto, ma delle analisi prodotte dalle istituzioni medico scientifiche ad esse deputate: “è su questi dati scientifici – forniti dalle autorità di settore e che non possono perciò essere sostituiti con dati provenienti da fonti diverse, ancorché riferibili a ‘esperti’ del settore – che si è basata la scelta politica del legislatore; legislatore che altrimenti, anziché alle autorità istituzionali, avrebbe dovuto affidarsi a ‘esperti’ non è dato vedere con quali criteri scelti.” E con questo, vanno in fumo le fluviali produzioni di pochi influencer antivaccinisti e delle loro associazioni, che sulla base dei propri titoli, reali o millantati, credono di aver diritto di interloquire in sede legislativa in forme che non siano quelle deputate. L’Italia è stata un’eccezione, come spesso strillato a vanvera? Non certo nell’imporre l’obbligo vaccinale ai sanitari, perché, ricorda ancora la Corte, “l’obbligo vaccinale per gli esercenti attività in ambito sanitario è stato introdotto, tra l’altro, in Francia e in Germania, nonché nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America.” E in più “le Corti, anche costituzionali, di alcuni Paesi hanno ritenuto la legittimità dell’obbligo, facendo ricorso ai canoni di ragionevolezza e proporzionalità, utilizzati in modo non dissimile da come sviluppati nel nostro ordinamento.”

 

Riguardo poi ad una supposta mancanza di misure di precauzione nella vaccinazione, la Corte smentisce nettamente e con dettaglio i rilievi del giudice rimettente; qui interessa un messaggio che la stessa Corte sembra inviare ai venditori di fumo, quando specifica che “non sono richiesti esami di laboratorio o altri accertamenti diagnostici da eseguire di routine prima della vaccinazione, in quanto non esiste alcuna evidenza che supporti l’utilità di un loro utilizzo esteso, in maniera aprioristica, a tutti i soggetti candidati alla vaccinazione: non esistono test, inclusi quelli di carattere genetico, che vengano raccomandati come test pre-vaccinali”. E perché, se il vaccino è stato reso obbligatorio, è stato comunque necessario raccogliere il consenso informato? La Corte scrive che “la natura obbligatoria del vaccino in esame non esclude la necessità di raccogliere il consenso informato, che viene meno solo nei casi espressamente previsti dalla legge”, ed in particolare che l’“obbligatorietà del vaccino lascia comunque al singolo la possibilità di scegliere se adempiere o sottrarsi all’obbligo, assumendosi responsabilmente, in questo secondo caso, le conseguenze previste dalla legge. Qualora, invece, il singolo adempia all’obbligo vaccinale, il consenso, pur a fronte dell’obbligo, è rivolto, proprio nel rispetto dell’intangibilità della persona, ad autorizzare la materiale inoculazione del vaccino.” Vi sarebbe ancora molto da scrivere; ma forse è meglio rimandare il lettore interessato alla lettura integrale della sentenza, e accontentarci in questa sede di ricordare a tutti che, infine, sarebbe meglio abbandonare certe argomentazioni, smentite da legge, scienza e prima ancora buon senso.

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