Uno dei meccanismi più affascinanti che mostra come il comportamento possa influenzare la selezione di tratti genetici specifici e quindi l’evoluzione darwiniana di una popolazione è quello alla base della teoria dell’auto-domesticazione. In breve, l’auto-domesticazione è un’ipotesi che afferma che gli esseri viventi sociali tendono a selezionare tratti pro-sociali nei propri simili, ragion per cui le componenti genetiche alla base di tali tratti finiscono per arricchirsi nella specie favorendo nel tempo la prevalenza di ben determinati genotipi. Sin qui, si erano trovate chiare evidenze di questo processo nell’uomo e nel bonobo, ma era poco chiaro se meccanismi di questo tipo avessero potuto prendere piede anche in specie molto diverse, e particolarmente al di fuori dei primati.
In un lavoro appena pubblicato, un gruppo di biologi e linguisti ha trovato prove che suggeriscono che anche gli elefanti africani selvatici potrebbero essersi auto-addomesticati. L’interesse per gli elefanti è sorto quando il gruppo ha stilato un elenco di 20 caratteristiche identificate come il risultato dell’addomesticamento, da solo o guidato dagli esseri umani. Confrontando umani, bonobo ed elefanti africani selvatici, proprio per alcuni di quei tratti si trovano alcune somiglianze. Tutte e tre le specie, ad esempio, hanno evoluto un comportamento di gioco; sono tutte socievoli e hanno una lunga infanzia. Tutti e tre hanno inoltre un notevole sviluppo delle cure parentali e tendono a mostrare attaccamento a tutti i membri del gruppo di cui fanno parte. Da un punto di vista fisico, inoltre, hanno tutte mascelle più corte rispetto alle specie da cui derivano.
Per ottenere una prova che non fosse solo circostanziale della loro ipotesi, i ricercatori hanno quindi selezionato una serie di tratti genetici che appaiono condivisi da molte specie sottoposte al processo di domesticazione, e hanno poi utilizzato come filtro uomo e bonobo per identificare fra questi tratti quelli potenzialmente legati al fenomeno dell’auto-domesticazione. Le corrispondenti varianti genetiche sono poi state cercate negli elefanti selvatici, portando all’identificazione di almeno 79 tratti genetici associati alla domesticazione e riscontrabili negli elefanti selvatici africani. Si tratta di un numero di tratti genetici moto più alto di quanto sarebbe sensato attendersi sulla base del puro caso, e, trattandosi di geni la cui associazione con tratti comportamentali e fisici utili alla domesticazione è molto ben compresa, appare evidente come l’ipotesi di un processo di auto-domesticazione occorsa anche negli elefanti, in parallelo a quanto osservato nei primati, è a questo punto ben fondata. Inoltre, poiché il più recente antenato comune di umani ed elefanti è probabilmente il più recente antenato comune di tutti i mammiferi placentati, la scoperta appena pubblicata ha importanti implicazioni per l’evoluzione convergente dei tratti tipici della domesticazione in tutti i mammiferi; se questo elemento dovesse essere confermato, i tratti tipici della pro-socialità dovuti all’auto-domesticazione sono in potenza rintracciabili nella gran parte dei mammiferi moderni, a meno di quei casi in cui essi siano stati selettivamente sottoposti a selezione negativa per ragioni disparate (e difficili in prima battuta da ipotizzare).
I mammiferi, cioè, sarebbero geneticamente predisposti allo sviluppo di varianti genetiche utili alla vita di gruppo, e queste stesse varianti sarebbero poi utilizzabili per la loro domesticazione; nelle condizioni opportune, dunque, il processo di domesticazione che l’uomo ha condotto su un gran numero di specie fra loro molto disparate (e in culture umane molto diverse) sarebbe quindi un fenomeno favorito dalla presenza diffusa di alcune varianti geniche selezionabili, che si sono diffuse nei mammiferi placentati a partire da un antenato comune molto distante. L’auto-domesticazione e la prosocialità sarebbero così parte del potenziale genetico del gruppo di vertebrati cui apparteniamo; se questa ipotesi sarà ulteriormente confermata, ne deriva che i corrispondenti tratti sono quindi stati selezionati indipendentemente più volte nella storia evolutiva di questo gruppo, portando a convergenze evolutive che riflettono il comune sostrato genetico originario.