AGI – Violenza di genere e incidenti sul lavoro. Sono due dei temi maggiormente trattati dalla prima presidente della Cassazione Margherita Cassano, nella relazione per l’anno giudiziario.
Quanto al primo argomento “i dati continuano ad essere allarmanti, in quanto espressione di una perdurante, angusta concezione della donna quale oggetto di possesso e dominio da parte dell’uomo e di una visione dei rapporti sentimentali basata su logiche di prevaricazione sessuale, favorite anche dai social media che producono e/o riproducono stereotipi di genere, nuove forme di violenza di genere on line (cyber-violenza) e amplificano il linguaggio violento”. Per il magistrato, dunque, “purtroppo non è ancora giunto il tempo in cui, mutuando le parole della poetessa Alda Merini, la libertà di una donna possa misurarsi dall’intensità dei suoi sogni”.
Quanto al secondo tema, “il lavoro è diritto-dovere di solidarietà, fondamentale per l’integrità dell’individuo che, attraverso di esso, oltre a procurarsi i mezzi per un’esistenza ‘libera e dignitosa’, sviluppa la propria personalità, si sente parte integrante della società, persegue il proprio progetto di vita. Esiste una forte correlazione tra qualità, dignità, sicurezza del lavoro come testimoniato dal numero inaccettabile di infortuni con esito mortale che continuano a verificarsi con drammatica periodicità”.
“Logiche economiche di esasperata flessibilità – ha sottolineato ancora la prima presidente della Cassazione – tralasciano il profilo della ‘qualità’ dei posti di lavoro, disattendono la ‘sintonia tra le caratteristiche specifiche del lavoratore e i requisiti richiesti per svolgere una determinata attività’, generano occupazioni precarie, non garantiscono la necessaria protezione, favoriscono il lavoro irregolare, creano le condizioni di tragici epiloghi per la vita del lavoratore”. E proprio in ordine al lavoro irregolare, Cassano ha osservato che “consente di eludere le imposte e i contributi previdenziali, di sottrarsi al rispetto dei diritti sociali (salario minimo, legislazione a tutela del lavoro, ferie), di evitare i costi legati alla tutela della salute e della sicurezza; determina, infine, il cosiddetto dumping sociale, perché crea forme di impropria concorrenza alle attività svolte nel rispetto delle norme, giungendo a metterle fuori mercato. Il lavoro ‘irregolare’ è una delle cause principali delle lesioni o delle morti sul lavoro”.
“Nell’alveo del lavoro ‘irregolare’, fenomeno complesso e capillarmente diffuso, confluiscono distinte ipotesi: lavoro nero, lavoro sommerso, lavoro invisibile, lavoro simulato, lavoro difforme, lavoro ‘grigio’. Ciò che accomuna tutte queste situazioni è il mancato assolvimento, totale o parziale, da parte del datore di lavoro degli obblighi vigenti in materia civile, amministrativa, fiscale, previdenziale e assicurativa”, ha rilevato la prima presidente, la quale ha anche ricordato i dati più recenti. Nei primi undici mesi del 2024 gli infortuni mortali sono stati mille (+32 rispetto allo stesso periodo del 2023), mentre le denunce 8 di infortunio sul lavoro sono state 543.039 (+0,1% rispetto allo stesso periodo del 2023). In aumento del 21,7% rispetto al periodo precedente le patologie di origine professionale denunciate, pari a 81.671. “Si tratta di numeri purtroppo assai eloquenti – ha detto – ma non sufficienti a descrivere la dimensione del fenomeno cui concorrono anche gli ‘infortuni sommersi’ che non vengono denunciati all’Inail proprio a causa della natura irregolare del rapporto di lavoro, oppure per paura di ritorsioni, ovvero per il timore di cagionare conseguenze negative al datore di lavoro”.
Altra delicata questione trattata dalla prima presidente del ‘Palazzaccio’ nella sua relazione è quella carceraria, con particolare riferimento ai detenuti che si tolgono la vita in cella. “Suscita sgomento il numero di suicidi all’interno del carcere” è l’allarme lanciato da Margherita Cassano. Al 31 dicembre 2024, ha ricordato, erano pari a 83 (47 italiani e 36 stranieri), numero cui vanno aggiunti 18 decessi per cause ancora oggetto di accertamento. Alla data del 10 gennaio 2024 si sono verificati altri 5 suicidi e 2 decessi per motivi ancora oggetto di indagine. L’età media delle persone che si sono suicidate è di circa 40 anni. “Deve risuonare nelle coscienze di ciascuno di noi – è l’appello di Cassano – il monito del Presidente della Repubblica a scongiurare che la persona ristretta in carcere viva in condizioni angosciose e disperanti, ‘indecorose per un Paese civile’, tali da costringerla a gesti estremi”.
A fronte di una capienza regolamentare di 51.312 posti, al 30 dicembre 2024, risultavano presenti 61.861 detenuti (di cui 2.698 donne e 19.694 stranieri) rispetto ai 56.196 del 2022. Di essi 46.232 sono condannati definitivi, 9.475 in attesa del primo giudizio e 5.839 condannati non definitivi. “Si tratta – ha detto la presidente della Corte – di una crescita preoccupante se si considera che non si è molto lontani dal numero di 66.000 persone ristrette in carcere che connotava la situazione carceraria all’epoca della sentenza della Cedu Torreggiani c/Italia dell’8 gennaio 2013 che ha condannato il nostro Paese per la violazione dell’art. 3 Cedu (divieto di trattamenti disumani e degradanti)”.
In uno “Stato democratico – ha concluso Cassano – il carcere non può essere un luogo di mortificazione della dignità umana. Deve essere piuttosto un luogo in cui si sconta una pena dal ‘volto costituzionale’ e che promuove la riflessione sul proprio vissuto per proiettarla in una dimensione di speranza. Mutuando le parole di Marguerite Yourcenar, deve servire 15 a ciascuno ad essere una persona nuova senza altra Itaca che quella interiore”.