AGI – Stava ai fornelli dal mattino alla sera, senza concedersi mai una tregua se non per andare a dormire nell’alloggio che un grande hotel sulla Riviera Romagnola per il quale lavorava gli aveva messo a disposizione. La sua carriera di giovane chef è stata stroncata quando, al ritorno da un’estenuante giornata di lavoro, un pezzo del lavandino in ceramica nel bagno gli è franato su una mano provocandogli una lesione tale da costringerlo ad abbandonare il suo sogno di diventare uno chef. Il Tribunale del Lavoro di Ravenna gli ha riconosciuto un danno di 34mila euro sottolineando, spiega all’AGI il suo legale Francesco Chinni, che “l’alloggio messo a disposizione dal datore di lavoro come parte della retribuzione, costituisce a tutti gli effetti un’estensione del ‘luogo di lavoro con la conseguente responsabilità datoriale nel caso di infortuni”. E, altro principio importante emerso dalla sentenza, “il Tribunale ha personalizzato il danno tenendo conto dell’età, del passato lavorativo e delle prospettive che avrebbe avuto senza questo incedente”.
Diversi colleghi del cuoco avevano fatto presente ai loro responsabili che quel lavandino “crepato in più punti” sarebbe stato da cambiare. “Sono intervenuto subito dopo l’incidente e ho visto che aveva la parte del braccio lacerata – ha raccontato un testimone -. Il lavandino era rotto, per un pezzo era ancora attaccato al muro, per un’altra parte era a terra tutto frammentato”. Il lavoratore alloggiava in una delle 400 camere dell’hotel i cui responsabili hanno affermato che la rottura del lavabo sarebbe stata da addebitare alla “furia del lavoratore” che, si legge nella sentenza, “hanno tentato di dipingere come una sorta di fiera in preda a frequenti attacchi d’ira”.
Sferzante la risposta del Tribunale: “Come chiunque è in grado di capire, c’è più di un abisso logico tra l’avere discusso con una receptionist, anche a voce alta, e il mettersi ad abbattere i lavandini del bagno, attività nemmeno così facile da porre in essere”. Nell’aumentare il danno riconosciuto del 35% oltre quanto stabilito dalle tabelle a cui si fa di solito riferimento, il giudice ha detto di avere considerato che “i cuochi lavorano con le mani” e della “giovanissima età del ricorrente all’epoca dell’infortunio”.