COLPE – Per una volta, proviamo a evitare di tirare in ballo Cristiano Ronaldo. Perché ovviamente il doppio flop bianconero, sul fronte europeo (ma non è certo una novità…) e su quello interno (e questa sì che è una notizia…), non è colpa tanto o solo del portoghese. Sul banco degli imputati l’alta dirigenza: a partire dal presidente Andrea Agnelli (per, diciamo così, “omesso controllo”) per arrivare al duo Paratici & Nedved, responsabili delle scelte di mercato (e di panchina) degli ultimi anni. Diciamo, dalla partenza di Marotta. Ora: se Rabiot, Ramsey e Arthur sono stati mollati senza colpo ferire (i primi due a “costo zero” ma con spesa di ingaggio faraonica) da Psg, Barcellona e Arsenal un motivo forse ci sarà. Purtroppo per chi ha la Juve nel cuore, il motivo lo si nota chiaro ed evidente ogni volta che si vede all’opera la squadra. I tre infatti sono discreti centrocampisti e nulla più. Che si sono aggiunti a un Bentancur che da quattro anni deve esplodere e che se possibile in questi quattro anni è addirittura peggiorato. E’ nel cuore del gioco, dunque, che la Juve manca di campioni. E il rimpianto per la partenza di Pjanic (peraltro in ombra in Catalogna) aumenta ogni giorno di più. Nel settore nevralgico del campo, per dire, l’Inter ha Barella, Brozovic, Eriksen, un Vidal in fase calante (ma comunque decisivo nello scontro diretto) e Sensi. Alzi la mano il tifoso juventino che non farebbe cambio. Di veri crack (per usare uno spagnolismo) nella rosa bianconera ne individuiamo tre: Cr7, naturalmente. E poi De Ligt, Chiesa e (se sta bene) Dybala. Il resto… manca. Soprattutto a livello internazionale.
BACCHETTA – Alle responsabilità della triade 3.0 (Agnelli, Paratici, Nedved) in fase di campagne acquisti si aggiunge ovviamente quella della scelta dell’allenatore. Andrea Pirlo ha in pratica interrotto, al decimo anno, il dominio in campo nazionale. A chi – all’atto dell’investitura – aveva paragonato Pirlo a un Mago della panchina, un novello Maestro d’orchestra nel fatato mondo di Pirlolandia sarebbe interessante chiedere… che fine ha fatto la bacchetta magica dell’allenatore bresciano. Catapultato troppo presto dall’Under 23 alla prima squadra senza neanche un assaggino di Serie C. Pirlo-giocatore era stato un campionissimo e un fenomeno di precocità (esordio in A con il Brescia a 16 anni e due giorni). Il Pirlo-allenatore è ancora di là da venire…
BENEDIZIONE – Adolfo Gaich, 22 anni, argentino, prelevato a gennaio dal Benevento nel campionato russo (Cska Mosca), firma la storica vittoria in casa Juve. Aveva già segnato un gol ai bianconeri dello Spezia (1-1 il risultato finale), ma ovviamente l’eco internazionale dell’impresa questa volta è stata ben altra. E chissà se anche Papa Francesco, grande appassionato di calcio, avrà visto il gol di un suo… ex beniamino. Gaich infatti è cresciuto nelle giovanili del San Lorenzo (la squadra del cuore di Bergoglio) e con il San Lorenzo ha esordito nella A argentina nell’agosto di tre anni fa. In tutto per lui 8 gol in 28 partite tra campionato e coppe prima dello sbarco in Europa.
RITARDO – Nello scorso campionato aveva sfiorato la doppia cifra, segnando 9 gol, a due lunghezze da quella quota 11 stabilita con l’Amburgo nel 2013-14, suo primo torneo tra i grandi (nello specifico, in Bundesliga). In questa stagione di gol ne aveva segnato soltanto uno, su rigore nella vittoria per 3-2 sulla Lazio del 23 dicembre scorso (partita in cui servì peraltro gli assist per le altre due segnature rossonere). Per trovare una rete su azione di Hakan Calhanoglu bisogna tornare indietro per l’appunto al torneo scorso (37esima giornata, vittoria 4-1 a Marassi contro la Samp). In questo anno solare 2021, poi, il covid e un guaio muscolare avevano rallentato la crescita del turco che nella prima parte di stagione era stato uno dei rossoneri più positivi. Adesso Hakan è tornato. E Pioli può stare più tranquillo per il rush finale del Milan, con l’obiettivo qualificazione Champions.
BUCO – Ibra firma il suo gol numero 15 in questo campionato (e ne sfiora altri due: traversa nel primo tempo e palo, un po’ casuale, nella ripresa). Per una stagione che fino a qualche settimana fa vedeva il Milan in corsa per lo scudetto e l’Europa League resta comunque un grande rammarico: se, invece di prendere Mandzukic, la società avesse rinforzato la squadra a gennaio con Scamacca forse a questo punto almeno uno dei due obiettivi sarebbe rimasto in piedi. Per la prossima stagione, oltre al quasi scontato rinnovo dello svedese, s’impone comunque l’acquisto di un giovane e bravo centravanti. Dusan Vlahovic, classe 2000, ieri autore dell’assist-scarico per il gol di Ribery del momentaneo 2-1, sarebbe l’ideale…
RITORNO – Adesso (con la doppietta di Roma) è ufficiale: Dries “Ciro” Mertens è tornato. In questo per lui maledetto 2021 – trascorso quasi sempre in infermeria per i postumi dell’infortunio alla caviglia riportato il 16 dicembre nella sfida di San Siro contro l’Inter – aveva segnato solo un golletto, al Benevento. La spendida punizione dell’Olimpico (stadio a lui congeniale) e il comodo colpo di testa per il raddoppio consegnano a Gattuso un pieno di fiducia. Il quarto posto, con un Mertens ritrovato, non è più una chimera.
COLPE – Per una volta, proviamo a evitare di tirare in ballo Cristiano Ronaldo. Perché ovviamente il doppio flop bianconero, sul fronte europeo (ma non è certo una novità…) e su quello interno (e questa sì che è una notizia…), non è colpa tanto o solo del portoghese. Sul banco degli imputati l’alta dirigenza: a partire dal presidente Andrea Agnelli (per, diciamo così, “omesso controllo”) per arrivare al duo Paratici & Nedved, responsabili delle scelte di mercato (e di panchina) degli ultimi anni. Diciamo, dalla partenza di Marotta. Ora: se Rabiot, Ramsey e Arthur sono stati mollati senza colpo ferire (i primi due a “costo zero” ma con spesa di ingaggio faraonica) da Psg, Barcellona e Arsenal un motivo forse ci sarà. Purtroppo per chi ha la Juve nel cuore, il motivo lo si nota chiaro ed evidente ogni volta che si vede all’opera la squadra. I tre infatti sono discreti centrocampisti e nulla più. Che si sono aggiunti a un Bentancur che da quattro anni deve esplodere e che se possibile in questi quattro anni è addirittura peggiorato. E’ nel cuore del gioco, dunque, che la Juve manca di campioni. E il rimpianto per la partenza di Pjanic (peraltro in ombra in Catalogna) aumenta ogni giorno di più. Nel settore nevralgico del campo, per dire, l’Inter ha Barella, Brozovic, Eriksen, un Vidal in fase calante (ma comunque decisivo nello scontro diretto) e Sensi. Alzi la mano il tifoso juventino che non farebbe cambio. Di veri crack (per usare uno spagnolismo) nella rosa bianconera ne individuiamo tre: Cr7, naturalmente. E poi De Ligt, Chiesa e (se sta bene) Dybala. Il resto… manca. Soprattutto a livello internazionale.
BACCHETTA – Alle responsabilità della triade 3.0 (Agnelli, Paratici, Nedved) in fase di campagne acquisti si aggiunge ovviamente quella della scelta dell’allenatore. Andrea Pirlo ha in pratica interrotto, al decimo anno, il dominio in campo nazionale. A chi – all’atto dell’investitura – aveva paragonato Pirlo a un Mago della panchina, un novello Maestro d’orchestra nel fatato mondo di Pirlolandia sarebbe interessante chiedere… che fine ha fatto la bacchetta magica dell’allenatore bresciano. Catapultato troppo presto dall’Under 23 alla prima squadra senza neanche un assaggino di Serie C. Pirlo-giocatore era stato un campionissimo e un fenomeno di precocità (esordio in A con il Brescia a 16 anni e due giorni). Il Pirlo-allenatore è ancora di là da venire…
BENEDIZIONE – Adolfo Gaich, 22 anni, argentino, prelevato a gennaio dal Benevento nel campionato russo (Cska Mosca), firma la storica vittoria in casa Juve. Aveva già segnato un gol ai bianconeri dello Spezia (1-1 il risultato finale), ma ovviamente l’eco internazionale dell’impresa questa volta è stata ben altra. E chissà se anche Papa Francesco, grande appassionato di calcio, avrà visto il gol di un suo… ex beniamino. Gaich infatti è cresciuto nelle giovanili del San Lorenzo (la squadra del cuore di Bergoglio) e con il San Lorenzo ha esordito nella A argentina nell’agosto di tre anni fa. In tutto per lui 8 gol in 28 partite tra campionato e coppe prima dello sbarco in Europa.
RITARDO – Nello scorso campionato aveva sfiorato la doppia cifra, segnando 9 gol, a due lunghezze da quella quota 11 stabilita con l’Amburgo nel 2013-14, suo primo torneo tra i grandi (nello specifico, in Bundesliga). In questa stagione di gol ne aveva segnato soltanto uno, su rigore nella vittoria per 3-2 sulla Lazio del 23 dicembre scorso (partita in cui servì peraltro gli assist per le altre due segnature rossonere). Per trovare una rete su azione di Hakan Calhanoglu bisogna tornare indietro per l’appunto al torneo scorso (37esima giornata, vittoria 4-1 a Marassi contro la Samp). In questo anno solare 2021, poi, il covid e un guaio muscolare avevano rallentato la crescita del turco che nella prima parte di stagione era stato uno dei rossoneri più positivi. Adesso Hakan è tornato. E Pioli può stare più tranquillo per il rush finale del Milan, con l’obiettivo qualificazione Champions.
BUCO – Ibra firma il suo gol numero 15 in questo campionato (e ne sfiora altri due: traversa nel primo tempo e palo, un po’ casuale, nella ripresa). Per una stagione che fino a qualche settimana fa vedeva il Milan in corsa per lo scudetto e l’Europa League resta comunque un grande rammarico: se, invece di prendere Mandzukic, la società avesse rinforzato la squadra a gennaio con Scamacca forse a questo punto almeno uno dei due obiettivi sarebbe rimasto in piedi. Per la prossima stagione, oltre al quasi scontato rinnovo dello svedese, s’impone comunque l’acquisto di un giovane e bravo centravanti. Dusan Vlahovic, classe 2000, ieri autore dell’assist-scarico per il gol di Ribery del momentaneo 2-1, sarebbe l’ideale…
RITORNO – Adesso (con la doppietta di Roma) è ufficiale: Dries “Ciro” Mertens è tornato. In questo per lui maledetto 2021 – trascorso quasi sempre in infermeria per i postumi dell’infortunio alla caviglia riportato il 16 dicembre nella sfida di San Siro contro l’Inter – aveva segnato solo un golletto, al Benevento. La spendida punizione dell’Olimpico (stadio a lui congeniale) e il comodo colpo di testa per il raddoppio consegnano a Gattuso un pieno di fiducia. Il quarto posto, con un Mertens ritrovato, non è più una chimera.