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Italo, i soci italiani accettano l’offerta da due miliardi

Feb 8, 2018

MILANO – I treni di Italo passano in mani straniere. A soli cinque anni dal viaggio inaugurale, diventano di proprietà del fondo di investimento americano Global Infrastructure Partners, il più grande al mondo nella gestione di infrastrutture per i trasporti e l’energia con oltre 40 miliardi di attività. Lo ha deciso questa mattina il consiglio di amministrazione di Ntv (Nuovo Trasporto Viaggiatori), ratificando una decisione presa nella notte dai soci, al termine di una riunione fiume con i consulenti finanziari e legali. Viene così sospeso l’iter per la quotazione in Borsa (a cui stava lavorando da mesi la vbanca d’affari Rothschild) arrivato a un passo dal traguardo: una parte dei soci avrebbero preferito approdare in Piazza Affari, convinti che la società di Italo nei prossimi anni possa valere molto di più.

Ma non era facile resistere all’offerta cash arrivata dal fondo americano, assistito dai consulenti di Mediobanca: 1,980 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti 440 milioni di debiti. Per capire il valore dell’operazione, basti pensare che soltanto un anno fa, la cifra pagata da fondo di investimento Peninsula per salire al 12 per cento della società, la valorizzava per circa 600 milioni. In pratica, in poco più di un anno è come se il valore si fosse triplicato. Per usare un’altro parametro usato dagli analisti finanziari per capire quanto viene valorizzata una azienda, va detto che l’offerta degli americani vale 20 volte i margini, quando 12-13 volte è già considerato un valore molto buono.

Ma a guadagnarci dall’operazione non sarà soltanto il fondo Peninsula. I due miliardi andranno divisi pro-quota tra i soci: quindi a Intesa andranno circa 370 milioni, a Generali 280 milioni, al fondo Peninsula 245 milioni. Questo per i soci finanziari. Poi c’è il gruppo di imprenditori che ha dato via al progetto Italo (Intesa e Generali sono approdati prima come finanziatori e poi hanno convertito in quote parte dei debiti): a Diego Della Valle andranno 345 milioni, a Luca Montezemolo 250 milioni, a Gianni Punzo 155 milioni, a Isabella Seragnoli 110 milioni, ad Alberto Bombassei 94 milioni. Poi c’è il caso dell’amministratore delegato Flavio Cattaneo: ha investito parte della liquidazione avuta uscendo sia da Terna sia da Telecom Italia (società di cui è stato alla guida negli ultimi dieci anni) fino a salire al 5,83% del capitale. Di conseguenza, Cattaneo incasserà oltre 116 milioni di euro. Se Italo fosse andata in Borsa, i soci avrebbero incassato meno della metà: il progetto di quotazione prevedeva di collocare in Borsa tra il 35 e il 40 per cento del pacchetto azionario complessivo.

LEGGI. Chi sono gli americani che hanno comprato

Perchè dagli Stati Uniti è arrivata una offerta, a prima vista così elevata? Il fondo americano è convinto che nei prossimi anni, con nuovi treni e con una adeguata offerta commerciale nei confronti del Frecciarossa, la società possa dare adeguati ritorni. Va ricordato che dopo tre anni di gestione in rosso, nel 2016 e nel 2017 la società è tornata in utile per complesivi 65 milioni. Ma l’ingresso in Ntv potrebbe essere interessante anche per altri motivi: il fondo Gip potrebbe guardare all’apertura del mercato in altre nazioni europee (Spagna e Francia, per esempio) e l’esperienza accumulata da Italo in Italia – dove ha rotto il monopolio delle Fs – potrebbe essere molto utile. Il fondo Usa ha offerto a Montezemolo (al momento presidente del gruppo) e a Cattaneo di rimanere alla guida della società ma tutto fa pensare che non accettino.

Politica e sindacati reagiscono alla decisione dei soci di Italo-Ntv di cedere la società dei treni ad Alta Velocità. Il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, insieme al collega dell’Economia, Pier Carlo Padoan, aveva firmato ieri una nota nella quale descriveva la quotazione in Borsa della società – percorso giunto al rettilineo finale, ma sviato dall’offerta generosa degli americani – come il “coronamento” della storia di Ntv. Oggi Calenda torna sulla vicenda: “Avevamo detto che la quotazione in Borsa sarebbe stato un bellissimo coronamento. Hanno deciso diversamente, era un loro diritto, il fondo americano è molto serio. Sono azionisti privati che hanno messo dei soldi facendo un lavoro difficile. Non è sempre facile rompere un monopolio”.

Preoccupati i sindacati. Anche se per il momento i giudizi sono cauti: “Per commentare bisognerebbe conoscere il piano industriale e le scelte sull’occupazione. Non basta conoscere il valore dell’operazione”, ha detto il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. Tra l’altro, tra i rappresentanti dei dipendenti e l’azienda è in corso un braccio di ferro che ha già portato, settimana scorsa a uno sciopero di sei ore. Il contenzioso riguarda il rinnovo del contratto di lavoro scaduto dalla fine del 2014 e il pagamento del premio di produzione.

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