Le donne italiane hanno uno dei tassi di partecipazione al lavoro pi bassi tra i paesi Ocse e al tempo stesso una delle routine quotidiane pi pesanti. Insomma, poco occupate, ma gran lavoratrici. Sono anche tra le pi istruite, molto spesso pi preparate e qualificate dei coetanei, ma meno presenti nei lavori pi redditizi. Il gap salariale medio per tra i pi bassi. Nel rapporto Ocse sulla “difficile battaglia” per la parit di genere, il quadro per la Penisola dolente soprattutto sul fronte dell’occupazione e della sua conciliazione con le responsabilit nella famiglia, mentre migliorato negli aspetti di istruzione e governance. “In Italia, pi che in altri paesi Ocse, una sfida chiave resta quella di facilitare l’ingresso e la permanenza delle donne sul mercato del lavoro”, sottolinea lo studio.
Tasso di partecipazione fermo al 48%, molto lavoro non pagato
Le cifre parlano chiaro: il tasso di partecipazione alla forza lavoro delle donne in Italia del 48% contro l’oltre 66% maschile, con una differenza di oltre il 18%, sia pure in attenuazione negli ultimi anni, contro la media Ocse del 12,2%. Solo Corea, Cile, Messico e Turchia hanno un divario maggiore. Le donne, per, lavorano complessivamente pi degli uomini se al lavoro pagato, formale, si aggiunge quello non pagato, nella cura delle persone e della casa. Il pattern diffuso in tutti i Paesi industrializzati, ma in Italia un peso che ricade per tre quarti sulle donne. In base ai dati Ocse, una donna (15-64 anni) nella Penisola dedica in media 315 minuti al giorno al lavoro non pagato e 197 a quello retribuito, un uomo invece ha un’occupazione pagata per 349 minuti e riserva solo 105 minuti al lavoro non pagato. Solo le donne di Portogallo, Turchia e Messico hanno una maggiore quantit di lavoro non pagato e gap di generi pi ampi. Nei Paesi nordici, invece, il divario molto pi contenuto. La svolta nel mondo del lavoro per le donne italiane molto spesso arriva con la maternit che induce a lasciare o ridurre l’occupazione retribuita. Una delle ragioni del basso tasso di partecipazione femminile – sottolinea l’Ocse – la mancanza di accesso a servizi di assistenza all’infanzia convenienti e di qualit. Solo un bambino su quattro tra zero e due anni in Italia , in effetti, affidato alle cure di servizi formali di assistenza all’infanzia, ovvero asili-nido, contro la media Ocse del 34% e le percentuali di oltre il 50% nei Paesi con la maggiore occupazione femminile, come la Francia (51%) o i Paesi nordici (Danimarca 65%). Il Governo italiano – rileva il rapporto – si dato da fare per sostenere le famiglie con l’assistenza all’infanzia, per mezzo di un sistema di voucher, ma persistono grandi disparit regionali nei risultati. L’Ocse calcola che la perdita di reddito annua per una famiglia alla nascita di un figlio in Italia nel periodo 2007-2013 sia stata in media del 31%, la seconda maggiore tra i Paesi industrializzati, dopo il Portogallo. Lo shock reddituale pu, beninteso, avere varie ragioni, oltre al ritiro della madre dal lavoro, quali un cambiamento del contratto o del lavoro, oppure la perdita del lavoro del padre, ma gli indizi sembrano puntare in prevalenza in direzione della madre.
Le donne meno istruite, in special modo, si trovano a fronteggiare le difficolt maggiori, sia nell’ingresso, sia nella permanenza nel mercato del lavoro. Dopo la maternit, le donne meno qualificate hanno una probabilit di 40 punti percentuali minore di essere occupate, rispetto a padri con lo stesso grado di istruzione. In ogni caso, il rapporto calcola che la perdita del lavoro in Italia da parte della donna incide molto meno sul reddito della famiglia rispetto a quella dell’uomo, il 29% in media contro oltre il 47%. Una carriera lavorativa frammentata si traduce anche in una minore pensione per le donne: in Italia il 33% in meno in media.
Gap salariale fra i pi bassi dell’area, il 5,6% contro il 14,3%
Eppure le ragazze italiane hanno tutte le carte in regola per riuscire nel mondo del lavoro. La quota femminile di laureati in Italia del 58,7% contro la media Ocse del 58,2% e la quota femminile tra i laureati in scienze, matematica e informatica e’ del 53,1%, la seconda pi alta dell’Ocse (media 39%). Il basso numero di donne nelle forze lavoro e il livello d’istruzione contribuisce, per altro, al fatto che l’Italia abbia uno dei gap salariali di genere pi bassi nell’Ocse, il 5,6% contro il 14,3% medio. Le donne attive nel mercato del lavoro sono infatti con pi probabilit le pi istruite e hanno potenzialit retributive pi alte delle donne inattive e quindi pi vicine agli uomini pari grado.
Molto lavoro autonomo, ma poco redditizio
Alle statistiche ufficiali, d’altro canto, sfuggono tutte le occupazioni ‘informali’, che se conteggiate allargherebbero presumibilmente il gap di genere retributivo. Consistente anche l’incidenza del tasso femminile di lavoro autonomo, che in Italia tra i pi alti dei paesi Ocse (16%), sia pure inferiore rispetto a quello degli uomini (26%). In questo caso tuttavia, il divario di genere nel reddito molto ampio: le lavoratrici autonome italiane guadagnano il 54% in meno dei lavoratori uomini (terzo peggior dato dell’Ocse). Molti fattori spiegano questo divario, tra i quali il fatto che le donne lavorino in settori meno redditizi e per meno ore degli uomini. Dato il contesto di alto divario di genere nel lavoro non retribuito, le lavoratrici autonome italiane potrebbero avere difficolt nel bilanciare le responsabilit fra lavoro non pagato e lavoro retribuito, scrivono gli economisti dell’Ocse. Per le donne italiane poi il doppio pi difficile rispetto agli uomini avere accesso ai finanziamenti per avviare o far crescere un’azienda, per quanto in materia di accesso al credito l’Italia all’ultimo posto in entrambi i casi in base ai sondaggi, con un esempio certo non gradito di parit tra i sessi. Nonostante questi ostacoli, si registrano alcuni progressi nell’uguaglianza di genere, soprattutto nelle fasce alte di reddito. In anni recenti, evidenzia l’Ocse, l’Italia ha aumentato significativamente la partecipazione delle donne nei consigli di amministrazione delle imprese con l’introduzione delle quote di genere nelle societ quotate. La proporzione di donne nei consigli di amministrazione raddoppiata dal 15% nel 2013 al 30% del 2016. Anche la quota di seggi femminili in Parlamento (31%) pi alta della media Ocse (28,7%). Il rapporto sottolinea, infine, che un aiuto per ridurre le disparit di genere pu venire dalla tecnologia. “I policy makers italiani e gli imprenditori potrebbero capitalizzare i benefici del progresso delle donne in campo nelle lauree Stem, per stimolare l’innovazione e lo sviluppo del business”, scrive l’Ocse. Esistono inoltre opportunit, tramite le nuove tecnologie, di “promuovere orari di lavoro flessibili che aiutino sia gli uomini, sia le donne, nel riconciliare il tempo dedicato al lavoro e quello dedicato alla famiglia, con potenziali effetti positivi sull’equilibrio di genere nelle attivit di lavoro domestico e di cura dei membri della famiglia”.
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)
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