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Istat, la fase di debolezza economica proseguirà

Ott 7, 2019

MILANO – L’economia italiana è ancora indirizzata verso un momento difficile, tracciato dal “profilo negativo” dell’indicatore anticipatore che suggerisce “il proseguimento della fase di debolezza dei livelli produttivi”. Lo dice l’Istat, mentre la Confindustria parla apertamente di un Paese “in bilico” che corre sul filo del “rischio recessione”.

La nota dell’Istat

Nella consueta nota mensile sulle prospettive economiche dell’Italia, che cade proprio mentre si avviano i lavori parlamentari sulla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza e l’esecutivo mette mano alla scrittura della prossima Manovra, l’Istat scrive: “I dazi imposti dagli Usa e le misure compensative attivate dai paesi coinvolti, i fattori geopolitici destabilizzanti e il rallentamento dell’economia cinese, continuano a influenzare negativamente il commercio mondiale”.

Pur ricordando che – in seguito alle revisioni statistiche – il Pil è stato portato in positivo sia nel primo sia nel secondo trimestre (+0,1%), il rapporto annota che “a luglio, l’indice della produzione industriale ha registrato la seconda flessione congiunturale consecutiva”. Di positivo c’è stato il miglioramento del potere d’acquisto, dovuto anche alla bassa inflazione, ma non c’è stata la scossa sui consumi.

Confindustria: “Manovra stringe i cordoni”

Più nette le parole del Centro studi di Confindustria, per il quale l’Italia “è ancora sulla soglia della crescita zero rischiando di cadere in recessione in caso di nuovi shock”. Aggiornando le sue previsioni, viale dell’Astronomia vede oggi una “Italia in bilico tra ripresa e recessione”. A “politiche invariate”, con il rialzo di Iva e accise, gli economisti stimano un Pil fermo sia quest’anno sia nel 2020 quando, invece, “crescerebbe dello 0,4%” se “l’aumento delle imposte indirette venisse annullato e finanziato interamente a deficit”.

Rep

Secondo la ricostruzione del direttore del Csc, Andrea Montanino, la Manovra si profila finora come “parzialmente restrittiva per 8 miliardi di euro, pari a 0,5 punti di Pil”, la più restrittiva dai tempi del governo Letta. Non si tratta di “un giudizio negativo: la precedente legge di bilancio aveva lasciato un’ipoteca forte sui conti pubblici”. Secondo il Csc, la parte di risorse destinate all’economia reale equivale a circa 5,5 miliardi, pari a 0,3 punti di Pil. Sulla base degli obiettivi di deficit indicati nella Nadef, la manovra sarà espansiva per 0,8 punti di Pil (15,3 miliardi). “In realtà – osserva il Csc – la parte di Manovra che inciderà effettivamente sull’economia reale si otterrebbe escludendo i 23,1 miliardi necessari ad annullare la clausola di salvaguardia. In questo caso il deficit tendenziale sarebbe il 2,7% del Pil e per portarlo all’obiettivo del 2,2% serve una manovra netta restrittiva per 0,5 punti di Pil, circa 8 miliardi di euro”.

Rep

Il governo, prosegue il Csc, “intende presentare un disegno di legge di Bilancio che va oltre la sterilizzazione dell’Iva e che include l’avvio del taglio del cuneo fiscale (0,15 punti di Pil per il primo anno) e alcune misure per il sostegno agli investimenti privati tra cui la proroga degli incentivi nell’ambito del programma industria 4.0. Nel complesso, la parte di risorse destinate all’economia reale equivale a circa 5,5 miliardi (0,3 punti di Pil). Le coperture arriverebbero a poco più di 14 miliardi, lo 0,8% del Pil”.

Pur con poche risorse sul piatto, per gli industriali il 2020 “può essere un anno di svolta a patto che il dividendo dei tassi d’interesse ai minimi storici venga utilizzato per ricreare il clima di fiducia, rilanciare gli investimenti privati e avviare in modo significativo la riduzione del peso fiscale sui lavoratori”. Due le simulazioni di taglio fiscale effettuate: una che estende il bonus 80 euro agli incapienti che costerebbe 2 miliardi e funzionerebbe come incentivo al lavoro da modulare insieme al reddito di cittadinanza; l’altra che rimodula lo scaglione irpef dal 27% al 23% e riguarderebbe 23 milioni di lavoratori con un costo di 7,9 miliardi. Tra le altre opzioni circolate in questa fase, dagli industriali arriva un “sì” ad un “riordino delle aliquote Iva”, in modo mirato su singoli beni, gli acquisti “delle famiglie con reddito elevato”, ma solo “nel caso si renda assolutamente necessario per la tenuta dei conti pubblici e per evitare altre misure recessive”.

Infine, dubbi sugli obiettivi generali indicati dalla Nadef. Il raggiungimento del deficit programmato per il 2020 al 2,2% del Pil “è problematico perchè le coperture indicate non appaiono esaustive”: 7 miliardi (su 14) da recuperare dall’evasione appaiono aleatori. Inoltre la crescita del Pil per il 2020 appare sovrastimata sopratutto nello scenario tendenziale, mentre la sterilizzazione della clausola di salvaguardia non sembra essere strutturale: significa che l’anno prossimo occorrerà recuperare ancora 28,8 miliardi.

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