dal nostro inviato Xavier Jacobelli
venerdì 16 settembre 2016 12:44
VENEZIA – Pippo non lo sa, ma le sciarpe arancioneroverdi che prossimamente deve autografare, a una a una, sono 500. Il problema, per lui, è che diventeranno almeno tremila, a giudicare dal numero dei pacchetti già venduti ai turisti americani in visita a Venezia, comprendenti anche un gadget della squadra di calcio. Of course, naturalmente, direbbe Joe Tacopina, il cui amore per la Serenissima si intreccia con la passione per il club e le molteplici occasioni di commercializzazione del marchio, offerte da una delle cinque città più conosciute al mondo, meta ogni anno di circa 22 milioni (ventidue milioni) di turisti. Per non dire degli 11 milioni di presenze sul litorale adriatico (stime per difetto). Ecco. Il viaggio nel nuovo club di Valentino Mazzola e Loik, sopravvissuto a tre fallimenti negli ultimi dieci anni, lontano sedici anni dalla serie A e dall’era Zamparini, può cominciare anche da una sciarpa. Soprattutto, deve cominciare da questo distinto signore di 43 anni, supercannoniere italiano in Champions League (50 reti: complessivamente sono state 316 in 694 partite ufficiali fra club e Nazionale), a proposito del quale un giorno Emiliano Mondonico disse: ‘Non è Inzaghi a essere innamorato del gol. E’ il gol a essere innamorato di Inzaghi’.
IL BOATO DI PARMA – Nel 2015, l’uomo che con il MiIan ha vinto 2 Champions, 1 Supercoppa Europea, 1 mondiale per club, 2 scudetti, 1 coppa Italia, 2 Supercoppe italiane (300 presenze, 126 gol), è stato sciaguratamente sacrificato da Berlusconi, sull’altare di un Milan demolito da una strategia societaria senza capo né coda. Catapultato sulla panchina della prima squadra direttamente dalla Primavera, Inzaghi ha pagato sulla sua pelle gli errori e le omissioni di una società che dal 2011 si è rimpicciolita a tal punto, da risultare irriconoscibile. Ma questa è un’altra storia e si capisce perché l’interessato non ne voglia parlare e sia doveroso rispettarne il riserbo. La ferita è ancora aperta: si vede lontano un chilometro, al primo accenno rossonero. Inzaghi ha voltato pagina e, osserva Giorgio Perinetti con occhio lungo, è una sorpresa continua. Non soltanto per il modo in cui lavora sul campo, per l’umiltà, la determinazione, l’intesa con il proprio staff, il rapporto con la società e con la città. No, è la sua enciclopedica cultura calcistica che mi stupisce. E’ passato dalla A alla Lega Pro mostrando un’immediata conoscenza delle rivali, dei giocatori, degli allenatori, delle loro tattiche e a Parma l’ha dimostrato. Già, Parma. Tre giorni fa, stadio Tardini, spettatori presenti 10.500, di cui 37 tifosi ospiti (garantisce Veronica Bon, responsabile della comunicazione: in trasferta gli ultrà arancioneroverdi non vanno per protesta contro la tessera del tifoso e hanno ragione, trattandosi del più micidiale sfollagente mai inventato da mente umana). Parma-Venezia è una partita da emozioni forti, già prima del via quando il boato della curva gialloblù saluta Inzaghi, bomber mai dimenticato dalla gente emiliana. La partita finisce1-2. Grazie al gol di Evacuo, il Parma conduce sino all’88’, ma il Venezia ribalta la partita in 120 secondi con Moreo e Domizzi, Inzaghi schizza in campo come se avesse segnato lui. Come quando segnava lui.
SMS VIERI – Grazie al colpo di Parma, il Venezia adesso è secondo in classifica, nel girone B della Lega Pro assieme al Bassano: 4 partite, 2 vittorie, 2 pareggi, 4 gol segnati, 2 subiti, 8 punti, due in meno rispetto alla capolista Pordenone. Sabato si gioca Ancona-Venezia. «Sa che cosa scopro mi manchi, quando mi volto indietro e ripenso alla mia carriera? Il tempo. Non ho mai avuto il tempo di godermi un trionfo. Vincevi lo scudetto e pensavi a rincorrere la Champions; vincevi la Champions e, subito, c’era il Mondiale per club… Da allenatore mi capita la stessa cosa: il successo al Tardini è stato importante e mi congratulo con Apolloni e con la sua squadra, così come ringrazio i tifosi del Parma per l’accoglienza e per il comportamento sportivo che hanno tenuto dopo avere incassato una sconfitta tanto bruciante. A noi, invece, la vittoria ha dato fiducia, ha rafforzato la nostra autostima, l’autostima di una squadra totalmente rinnovata: in campo non c’era un giocatore della formazione che ha vinto la serie D. Ma, adesso, c’è subito l’Ancona». La notte dopo la partita, Inzaghi ha dormito poco. «Cioè, non ho dormito per niente. Ho rivisto gli highlights, ho ripensato a quel finale pazzesco. Alle 7.30 ho ricevuto un sms di complimenti dagli Stati Uniti. Firmato Bobo. Vieri è sempre molto gentile con me. Alle 7.45 ero già davanti alla tintoria con la divisa sociale da ripulire».
I CINESI – Perché ha scelto Venezia, signor Inzaghi? «Perché mi sono piaciuti gli uomini, le idee, la squadra, i programmi. Se avessi voluto, avrei potuto allenare in B o andare in Cina dove, mi creda, mi avrebbero letteralmente ricoperto d’oro. Ho puntato su Venezia perché qui c’è tutto per lavorare sodo: per me, allenare il Venezia equivale ad allenare il Real Madrid o il Barcellona. I tifosi sono stati molto gentili con me. Devo dirle che quando sono triste, mi basta andare in giro per rallegrarmi. Dovunque mi presenti, gli spettatori mi applaudono, i colleghi e i giocatori avversari mi salutano con una cortesia mai affettata. Credo che la gente si comporti così perché sa che, qualunque maglia io abbia indossato, io a quella maglia ho sempre dato tutto, non mi sono mai risparmiato». Forse, signor Inzaghi, la gente avverte anche la nostalgia dei campioni della sua generazione e, anche per questo, la stima è sincera… «Anch’io la penso così e ritengo che lei abbia ragione. Dev’essere la nostalgia di un altro calcio».
NEMESI ZAMPARINI – Giorgio Perinetti annuisce. E’ il Grande Saggio che al Venezia arrivò addirittura in serie D, un anno fa, dopo avere fatto un triplo salto all’indietro. «Ho fatto la scelta giusta. Ho capito quanto Tacopina avesse le idee chiare e volesse il bene del Venezia, per Venezia. E pensare che non immaginavo una simile prospettiva quando facevo il direttore sportivo del Palermo. Conquistammo la serie A con cinque giornate d’anticipo, un campionato da record. Zamparini mi disse che la conferma non sarebbe stata un problema. All’indomani della promozione, cambiò idea». Maddai? Quindi è per merito indiretto di Zamparini, ex proprietario del Venezia, se lei è approdato al Venezia? Non male come nemesi… Perinetti ride di gusto: «Non ha mica tutti i torti, sa?». Si parla della Lega Pro, del girone B che è tosto. Tostissimo, sbotta Inzaghi. «Squadre tecnicamente bene organizzate, allenatori giovani e preparati, agonismo sì, ma anche livello tecnico in evidente progresso ». Interviene Perinetti: «Abbiamo cercato di creare un mix fra esperienza e gioventù. Domizzi, Garofalo, Bentivoglio, Ferrari, Greco sono gli uomini attorno ai quali l’allenatore ha costruito un collettivo che migliora partita dopo partita. E poi ci sono i giovani, senza dimenticare i ragazzi veneti che abbiamo in organico per arricchire l’identità della squadra. L’identità del gruppo è fondamentale».
BRAVO SIMONE – Inzaghi annuisce. «La società mi ha assecondato in tutto: dallo staff alla preparazione all’organizzazione del lavoro. Qui c’è tutto per lavorare bene». L’allenatore è orgoglioso dei suoi così come è orgoglioso di Simone, suo fratello che allena la Lazio. «Ci sentiamo due- tre volte al giorno. Ci scambiamo opinioni, suggerimenti; confrontiamo il nostro modo di lavorare. Seguo i suoi allenamenti su Lazio Style. Sono felice perchè sta facendo bene e perché se lo merita. Simone non ha bisogno di consigli : la sua Lazio sinora è stata l’unica squadra a impensierire la Juve in campionato. E poi, alla Lazio gli vogliono bene tutti perché Simone è laziale dentro. Il senso di appartenenza è fondamentale».
BELOTTI E PALOSCHI – Il Venezia, la Lazio, la Nazionale, gli attaccanti italiani. «Non è vero che il nostro calcio sia messo male. Tutt’altro. Penso a Belotti, a Cerri, a Di Francesco, a Paloschi che so sta vivendo un momento delicato, ma ne uscirà. La Juve farà bene in Champions e il Napoloi sarà la sorpresa». La chiacchierata continua su altri argomenti, prima di tornare al Venezia. «Abbiamo una lunga strada davanti a noi, ma il nostro obiettivo è divertire il pubblico. Io non potrei mai fare il catenacciaro ». Perinetti sorride ancora.