AGI – Oggi la finale maschile degli Internazionali di tennis a Roma. Tocca a Nicolas Jarry, il cileno che ce l’ha fatta (Tabilo si è arreso in semifinale), alla sua prima finale in un Master 1000 contro il tedesco Zverev, vincitore degli Internazionali di sette anni fa. Ma nelle ultime due occasioni in cui c’è stato un cileno in campo non è che le finali abbiano brillato per spettacolarità. È passata alla storia, e non certo per il livello di gioco, quella del 1998 che avrebbe dovuto giocarsi fra Marcelo Rios e lo spagnolo Albert Costa. Avrebbe dovuto perchè non si disputò per nulla: lo spagnolo si alzò al mattino con il polso gonfio a causa della caduta di cui era stato vittima nella semifinale contro Berasategui il giorno prima e diede forfait. Una defezione di cui fu data notizia, annunciando la presenza del sostituto Davide Sanguinetti all’ultimo momento scatenando i fischi e i lazzi “Ah Sanguinè stai su Scherzi a parteeee” del pubblico romano. Rios diede vita e una dimenticabile esibizione contro Sanguinetti che praticamente era lì per caso.
Nel 2007 invece in finale ci andò Fernando “mano de piedra” Gonzalez che in semi aveva avuto l’ardire di svegliare dal sogno Filippo Volandri, autore, nei quarti, della più bella partita della sua carriera: quella in cui sconfisse Roger Federer. La domenica Fernando trovò sulla sua strada Rafa Nadal che gli concesse in tutto quattro game in poco più di un’oretta di gioco. Per trovare un cileno che diede vita a una finale appassionante del torneo romano bisogna risalire al mesozoico del tennis: nel 1960 Luis Ayala, uscì sconfitto al quinto set contro il britannico McKay dopo aver rimontato uno svantaggio di due set a zero rifilando un doppio bagle al suddito di sua Maestà. Jarry ha qualche possibilità di offrire al pubblico capitolino qualche emozione in più: non partirà certo favorito contro Sascha Zverev, l’autoproclamato sostituto di Jannik Sinner nel cuore degli appassionati (in questo frangente, ovvio) ma con le ottime percentuali che l’applicazione dello schema servizio-dritto gli garantisce almeno ci si può aspettare un match di livello.
Non quello che tutti sognavano ma bisogna farsene una ragione. Zverev ha rischiato contro il carneade Tabilo ma quando ha preso in mano le redini del match è parso, e ci si sarebbe dovuti stupire del contrario, di un’altra caratura. Il tedesco ha già vinto al Foro nel 2017 sconfiggendo in finale Djokovic: non erano in pochi coloro che gli predicevano un futuro da leader per gli anni a venire. Non aveva fatto i conti con l’insopprimibile voglia di vincere del suo avversario di allora e di Nadal. Se dovesse imporsi oggi si tratterebbe del primo titolo 1000 conquistato dopo il grave infortunio di Parigi di due anni fa. Se dovesse vincere Jarry sarebbe “il” titolo che vale una carriera. E occhio: l’esito non è così scontato se si considera che Zverev è in vantaggio 4-2 nei confronti diretti ma i due successi del cileno sono arrivati sulla terra: nella semifinale di Ginevra l’anno scorso e a Barcellona nel 2019. Per uno che ha perso un anno (il 2020) a causa di una squalifica per doping sollevare il trofeo del Foro sarebbe il coronamento di anni di battaglie. E una gran gioia anche per il nonno Jaime Fillol, gloria del tennis cileno e avversario degli italiani nella finale di Davis del ’76: fu lui a regalargli la prima racchetta da tennis.
“Bisogna essere seri, in questo momento l’Italia ha bisogno di persone serie e l’Europa ha bisogno di persone serie”. Ad affermarlo, il vicepremier e segretario nazionale di Forza Italia Antonio Tajani, oggi ad Alba, in provincia di Cuneo, a una iniziativa elettorale. “Noi vogliamo rassicurare gli italiani – ha detto Tajani – attraverso donne e uomini che non sono dei fanfaroni, non sono dei cantastorie e non sono dei Capitan Fracassa”. “Quelli che urlano e strillano – ha proseguito – in genere sono deboli, i forti parlano poco e agiscono. I forti decidono e si assumono le responsabilità delle decisioni e non minacciano”.
AGI – Oggi la finale maschile degli Internazionali di tennis a Roma. Tocca a Nicolas Jarry, il cileno che ce l’ha fatta (Tabilo si è arreso in semifinale), alla sua prima finale in un Master 1000 contro il tedesco Zverev, vincitore degli Internazionali di sette anni fa. Ma nelle ultime due occasioni in cui c’è stato un cileno in campo non è che le finali abbiano brillato per spettacolarità. È passata alla storia, e non certo per il livello di gioco, quella del 1998 che avrebbe dovuto giocarsi fra Marcelo Rios e lo spagnolo Albert Costa. Avrebbe dovuto perchè non si disputò per nulla: lo spagnolo si alzò al mattino con il polso gonfio a causa della caduta di cui era stato vittima nella semifinale contro Berasategui il giorno prima e diede forfait. Una defezione di cui fu data notizia, annunciando la presenza del sostituto Davide Sanguinetti all’ultimo momento scatenando i fischi e i lazzi “Ah Sanguinè stai su Scherzi a parteeee” del pubblico romano. Rios diede vita e una dimenticabile esibizione contro Sanguinetti che praticamente era lì per caso.
Nel 2007 invece in finale ci andò Fernando “mano de piedra” Gonzalez che in semi aveva avuto l’ardire di svegliare dal sogno Filippo Volandri, autore, nei quarti, della più bella partita della sua carriera: quella in cui sconfisse Roger Federer. La domenica Fernando trovò sulla sua strada Rafa Nadal che gli concesse in tutto quattro game in poco più di un’oretta di gioco. Per trovare un cileno che diede vita a una finale appassionante del torneo romano bisogna risalire al mesozoico del tennis: nel 1960 Luis Ayala, uscì sconfitto al quinto set contro il britannico McKay dopo aver rimontato uno svantaggio di due set a zero rifilando un doppio bagle al suddito di sua Maestà. Jarry ha qualche possibilità di offrire al pubblico capitolino qualche emozione in più: non partirà certo favorito contro Sascha Zverev, l’autoproclamato sostituto di Jannik Sinner nel cuore degli appassionati (in questo frangente, ovvio) ma con le ottime percentuali che l’applicazione dello schema servizio-dritto gli garantisce almeno ci si può aspettare un match di livello.
Non quello che tutti sognavano ma bisogna farsene una ragione. Zverev ha rischiato contro il carneade Tabilo ma quando ha preso in mano le redini del match è parso, e ci si sarebbe dovuti stupire del contrario, di un’altra caratura. Il tedesco ha già vinto al Foro nel 2017 sconfiggendo in finale Djokovic: non erano in pochi coloro che gli predicevano un futuro da leader per gli anni a venire. Non aveva fatto i conti con l’insopprimibile voglia di vincere del suo avversario di allora e di Nadal. Se dovesse imporsi oggi si tratterebbe del primo titolo 1000 conquistato dopo il grave infortunio di Parigi di due anni fa. Se dovesse vincere Jarry sarebbe “il” titolo che vale una carriera. E occhio: l’esito non è così scontato se si considera che Zverev è in vantaggio 4-2 nei confronti diretti ma i due successi del cileno sono arrivati sulla terra: nella semifinale di Ginevra l’anno scorso e a Barcellona nel 2019. Per uno che ha perso un anno (il 2020) a causa di una squalifica per doping sollevare il trofeo del Foro sarebbe il coronamento di anni di battaglie. E una gran gioia anche per il nonno Jaime Fillol, gloria del tennis cileno e avversario degli italiani nella finale di Davis del ’76: fu lui a regalargli la prima racchetta da tennis.
“Bisogna essere seri, in questo momento l’Italia ha bisogno di persone serie e l’Europa ha bisogno di persone serie”. Ad affermarlo, il vicepremier e segretario nazionale di Forza Italia Antonio Tajani, oggi ad Alba, in provincia di Cuneo, a una iniziativa elettorale. “Noi vogliamo rassicurare gli italiani – ha detto Tajani – attraverso donne e uomini che non sono dei fanfaroni, non sono dei cantastorie e non sono dei Capitan Fracassa”. “Quelli che urlano e strillano – ha proseguito – in genere sono deboli, i forti parlano poco e agiscono. I forti decidono e si assumono le responsabilità delle decisioni e non minacciano”.