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Inchiesta Consip, Marroni chiese aiuto: “Per la mia compagna un posto nel board di Fondazione Cassa”

Mar 16, 2017

“Senti, Marco non s’è fatto più vivo e io c’ho anche da gestire un po’ questa cosa con Laura”. È il 16 novembre 2016 e Luigi Marroni, amministratore delegato di Consip, conversa con l’avvocato Alberto Bianchi, presidente della Fondazione Open, la cassaforte di Renzi. Marco, secondo i carabinieri del Noe, è Marco Carrai, membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, che ogni anno eroga circa 30 milioni per interventi sul territorio. E Laura, detta Lalla, è Laura Gucci Frati, compagna di Marroni e socia della Fondazione, a quanto pare aspirante ad entrare nel consiglio di amministrazione. Marco, però, non si fa vivo. “Non mi sembra molto corretto”, si lamenta Marroni. E all’amico chiede un aiuto: “Mi faresti un piacere se mi ci dai un’occhiata, e se glielo dici al babbo, dai”. I carabinieri ritengono che si riferisca a babbo Tiziano Renzi che, da quel che emerge nell’inchiesta Consip, sembra assai influente all’interno del Giglio Magico.

Il problema Lalla si ripresenta il giorno successivo – 17 novembre 2016 – quando Marroni riceve in ufficio il suo amico Filippo Vannoni, renziano, presidente di Publiacqua e consigliere economico presso la Presidenza del Consiglio. “Sai chi è un po’ stronzo? Carrai”. “Eeeh”, commenta Vannoni. “Lalla lo sta cercando per la Cassa di Risparmio. Ora una persona seria dice: “Laura, lascia perdere, ché non posso”. Lui invece non si fa trovare”. Vannoni: “No no ma guarda è una roba… non lo pigli, non lo pigli”. Marroni: “È un po’ strano come persona, no?”. Vannoni assicura che si sta dando da fare per trovare un lavoro a Laura. “Io vado a bussare a qualsiasi porta… tutti devono in qualche modo lavorare, no? Perché lei non può lavorare?” “A Firenze è morta”, si duole Vannoni, ma poi aggiunge: “Comunque la cosa dell’arte va avanti, quella è viva, quella arriverà”. “Sì, però non è quello che vuol fare lei… io che gli posso fare?”, commenta sconsolato Marroni, quasi che Laura fosse una nullatenente disperata in vana ricerca di una occupazione.

Altro cruccio, per i due amici, è il rischio incombente, in quei giorni di novembre, che il referendum costituzionale potesse andare male per Matteo Renzi e di riflesso per loro, che si aspettavano conferme negli incarichi o nomine anche più interessanti. Vannoni sospira: “No, bisogna aspettare il 5 che passi la nottata”. Però tutti e due sono preoccupati perché “quelli bravi son pochi”, dice Vannoni, “rispetto ai tanti che hanno messo”, conclude Marroni. “Ma comunque sei andato dal babbo? Ci sei mai andato dal babbo?”, gli chiede l’amico.

“Dopo il 5 se va bene bisogna sopravvivere”, sostiene Marroni. “No, il 5 se va male bisogna sopravvivere”, obietta Vannoni. Tutti e due si danno da fare per il sì al referendum e si fanno coraggio: “Il mondo sta andando benino, benino”, dice Vannoni e, riferendosi probabilmente alla trasmissione di Porta a Porta sul referendum della sera precedente, aggiunge: “Ieri sera è andata bene, lo hanno preso in c., cioè sono una banda di raccattati”. Si riferisce ai sostenitori del no. Curiosamente uno dei più autorevoli era suo suocero, il presidente emerito della Corte Costituzionale Luigi De Siervo.

Quando la conversazione si fa delicata Vannoni non parla. Scrive. Marroni era stato messo in guardia sulla possibile presenza di microspie e quindi è prudente. Il che non gli impedisce, quel 17 novembre, di scambiare opinioni con l’amico su Stefania Saccardi, che gli è succeduta nell’incarico di assessore regionale alla salute. “Ho visto che la Stefania Saccardi c’ha un po’ di cose nel bilancio…”. Vannoni è tranchant: “Non c’ha i soldi la Regione, è chiaro!… Non hanno soldi ma fanno delle cose che non possono fare, cioè, capito?”

Ieri l’avvocato Federico Bagattini, difensore di Tiziano Renzi, indagato per traffico di influenze con

l’amico Carlo Russo perché avrebbe favorito l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo, aveva convocato Marroni, che però ha scelto di non presentarsi. L’avvocato definisce “sorprendente” la sua decisione ma rileva che dai verbali delle sue dichiarazioni risulta che Carlo Russo non gli ha mai raccomandato le aziende di Romeo, e che i contatti asseritamente avuti da Marroni con babbo Renzi e con Russo risalgono a 9-12 mesi prima degli incontri fra Russo e Romeo.

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