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In Sardegna mamme ‘in trasferta’ per non essere separate dai neonati

Apr 23, 2022

AGI – A Lanusei, comune di poco più di cinquemila abitanti in Ogliastra, il punto nascita apre a singhiozzo, causa mancanza di personale, e le mamme rischiano di essere separate dai loro bimbi se partoriscono nei giorni ‘sbagliati‘. Così a decine hanno preferito sobbarcarsi lunghi viaggi in altri ospedali.

Dall’inizio dell’anno sono state già 70 le donne che sono andate a partorire altrove, negli ospedali di Cagliari e Nuoro: 136 chilometri per raggiungere il capoluogo della Sardegna o 70, di curve, per arrivare nella città barbaricina. Eppure a Lanusei l’ospedale c’è: peccato che nel reparto di Pediatria del ‘Nostra Signora della Mercede’  la carenza di personale sia sempre più grave. Da fine 2021 vi operano stabilmente solo tre degli otto medici previsti dalla pianta organica. Di conseguenza, il punto nascita è costretto ad aprire a seconda della disponibilità di personale: il rischio è che le neo mamme, dopo il parto, non possano stare coi neonati, destinati a essere trasferiti all’ospedale di Nuoro per ricevere le prime cure pediatriche.

Madre a Lanusei, bimba a Nuoro

È già accaduto in due casi, in cui il parto è stato d’emergenza: l’ultimo la scorsa settimana, quando una donna di origini campane, ma da anni residente a Lanusei, dopo aver dato alla luce una bambina, è rimasta ricoverata in reparto al ‘Nostra Signora della Mercede’, mentre la piccola è stata trasferita a Nuoro. Mamma e figlia hanno potuto riabbracciarsi solo dopo le dimissioni.

“È un problema enorme e una ferita profonda; oltre ai disagi legati alla trasferta non dimentichiamo che, trasferendosi presso un altro ospedale, le neo mamme perdono, in un momento cosi delicato, il riferimento del medico che le ha seguite durante la gestazione”, dichiara all’AGI, Davide Burchi, sindaco di Lanusei, nel ricordare che l’ospedale soffre di una grave carenza di organico anche nei reparti di Chirurgia e di Ortopedia.

“Quello sanitario è il servizio per eccellenza, assieme a trasporti e giustizia”, lamenta Burchi. “Sono mesi che portiamo avanti richieste alla Regione Sardegna perché risolva quanto prima queste criticità; finora le uniche risposte concrete sono state le convenzioni stipulate con l’ospedale Brotzu di Cagliari e il supporto di organico da Olbia e Carbonia. Risorse che, nonostante l’impegno, non riescono a evitare che il reparto funzioni a singhiozzo”. 

Le richieste alla Regione

Le richieste che sono state presentate anche il 21 aprile, nel corso di un nuovo incontro con il presidente della Regione, Christian Solinas. Tre i punti focali: maggiori investimenti sugli aspetti tecnologici, indennità di natura economica per i medici che decidano di lavorare in pianta stabile all’ospedale di Lanusei, e la nomina di un direttore generale della locale Asl, dopo le dimissioni, lo scorso febbraio, del dg Luigi Cugia. “Abbiamo ottenuti rassicurazioni apprezzabili, ma ci siamo stancati di promesse senza seguito”, dichiara all’AGI, Michele Muggianu, segretario della Cisl Ogliastra: “È ora che la Regione passi ad azioni concrete, in primi, ridistribuendo sul territorio risorse e presìdi. Che la coperta della sanità sia corta per tutti è cosa nota, ma in Sardegna ci sono intere aree lasciate al freddo da tempo”.

Una crisi inedita per l’Ogliastra, che il segretario Cisl imputa, tra l’altro, a errori nella programmazione del numero professionisti, al numero chiuso alla facoltà di Medicina, al basso numero di borse di specializzazione in Sardegna. “Mentre attendiamo una equa ripartizione delle risorse da parte della Regione, le mamme ogliastrine vanno a partorire altrove”, si rammarica Muggianu. “E i medici che lavorano a Lanusei saranno sempre più invogliati ad andarsene in una sede più appetibile. Cosa succederà quando, a fine anno, non sarà stata raggiunta la soglia di 500 parti richiesta a livello nazionale per tenere aperto un punto nascita?”.

Dubbi legittimi per un territorio periferico, come l’Ogliastra, 60 mila abitanti, con gravi carenze infrastrutturali. “Per i nostri cittadini”, conclude il sindacalista, “non chiediamo alla Regione reparti di altissima specializzazione, ma i servizi di base che permettano di non morire solo perché si è nati a troppe curve dal primo ospedale utile”.

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