Alessandro Nesta nasce a Roma il 19 marzo 1976. Di norma se ami il pallone, il pallone ama te. Quando il ragazzino si presenta, accompagnato dal padre, alle varie scuole calcio e poi presso le giovanili della Lazio il talento di base salta agli occhi. Ma salta agli occhi anche un altro dettaglio: piedi ottimi, senza una stabile collocazione in campo. Ci prova in attacco, però i tempi d’inserimento non sono quelli richiesti. Manca soprattutto l’istinto del killer. Va meglio a centrocampo, perché il ragazzo ha visione di gioco. Il problema riguarda semmai la capacità di unire capacità di contrasto e ripartenza nell’azione in settore nevralgico.
Chi lo allena tutti i giorni capisce pian piano che se Nesta viene arretrato al centro della difesa, la capacità di interdizione si esalta, senza nulla togliere a quella di rilanciare il gioco. Questione di compasso. Alla Lazio si dicono convinti di avere sottomano un potenziale campione ma la prima squadra temporeggia nell’aggregarlo. Nel calcio è facile bruciarsi in fretta. Alessandro Nesta è comunque un osservato speciale e il suo atteggiamento piace: è il primo ad arrivare agli allenamenti, l’ultimo ad andare via. Forse può migliorare la capacità di dialogo con i compagni di reparto durante la partita, dovrebbe farsi sentire di più, una cosa però è certa: la voglia di crescere e di migliorarsi si trasforma nella sicurezza che infonde a chi gli gioca accanto. Non sarà un leader carismatico in senso assoluto ma con il tempo diventa un esempio anche per colleghi più esperti e smaliziati. Anche con poche parole si possono comunicare tante cose.
Alessandro Nesta nasce a Roma il 19 marzo 1976. Di norma se ami il pallone, il pallone ama te. Quando il ragazzino si presenta, accompagnato dal padre, alle varie scuole calcio e poi presso le giovanili della Lazio il talento di base salta agli occhi. Ma salta agli occhi anche un altro dettaglio: piedi ottimi, senza una stabile collocazione in campo. Ci prova in attacco, però i tempi d’inserimento non sono quelli richiesti. Manca soprattutto l’istinto del killer. Va meglio a centrocampo, perché il ragazzo ha visione di gioco. Il problema riguarda semmai la capacità di unire capacità di contrasto e ripartenza nell’azione in settore nevralgico.
Chi lo allena tutti i giorni capisce pian piano che se Nesta viene arretrato al centro della difesa, la capacità di interdizione si esalta, senza nulla togliere a quella di rilanciare il gioco. Questione di compasso. Alla Lazio si dicono convinti di avere sottomano un potenziale campione ma la prima squadra temporeggia nell’aggregarlo. Nel calcio è facile bruciarsi in fretta. Alessandro Nesta è comunque un osservato speciale e il suo atteggiamento piace: è il primo ad arrivare agli allenamenti, l’ultimo ad andare via. Forse può migliorare la capacità di dialogo con i compagni di reparto durante la partita, dovrebbe farsi sentire di più, una cosa però è certa: la voglia di crescere e di migliorarsi si trasforma nella sicurezza che infonde a chi gli gioca accanto. Non sarà un leader carismatico in senso assoluto ma con il tempo diventa un esempio anche per colleghi più esperti e smaliziati. Anche con poche parole si possono comunicare tante cose.