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Il “silicio con entusiasmo” che smonta la biochimica biodinamica

Giu 1, 2021

I sostenitori del biodinamico, mai come in questo periodo, insistono nell’affermare che la biodinamica avrebbe ormai una solida base scientifica; anzi, nella persona di uno dei loro principali esponenti – Carlo Triarico – concludono ogni presentazione in tema con la necessità di approfondire attraverso appositi progetti di ricerca, affiancati dall’ingresso nell’università di corsi specifici, master e percorsi all’interno dei vari curriculum accademici. Non per nulla, lo stesso Triarico riporta di essere coordinatore e docente, per la Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze, della sezione Biodinamica del Master in Agricoltura biologica e biodinamica: la biodinamica infatti, sin dalla sua nascita, ambisce quanto meno ad affiancare le altre discipline.

Ora ci si potrebbe chiedere perché la biodinamica mai potrà essere definita una scienza, in nessun caso e sulla scorta di nessun risultato, né dovrebbe entrare nelle nostre aule universitarie, contrariamente a quanto certi accademici e altri sostenitori del biodinamico si sforzano di fare. Siccome io sono un biochimico, utilizzerò per far meglio comprendere qualche esempio in cui i biodinamici discettano di biochimica, tratto dal Notiziario per l’Agricoltura Biodinamica fondato e diretto da Carlo Triarico. 

 

Michele Codogno, a quanto pare un fervente seguace di antroposofia e propugnatore della biodinamica, laureato in Scienze Naturali, così scrive a proposito della biochimica del fosforo nei vegetali:
 “In questo caso la combustione produce la polverizzazione secca dei composti biologici fosforati in anidride fosforica (P4O10), componente importante della cenere. Queste polverizzazioni (perdite di forma) portano alla liberazione di forze di coagulazione, dal punto di vista sostanziale, macromolecolare (costituito per es. da Atp, Adp, Nad, Nadp, Rna, Dna) capaci di creare forme piene di significati funzionali. Va notato che il P si forma dal Si per addizione di un nucleo di H: probabilmente, si tratta di Si con grande entusiasmo (phosphor = portatore di luce)”. Da biochimico, con dottorato in biochimica e qualche decennio di studio, devo dire che in questa massa informa di sciocchezze di entusiasmante c’è poco davvero, dato anche che sono scritte da uno che ha una laurea in scienze naturali; ma, per par condicio, è giusto che oltre che di chimica biologica si dia anche qualche interessante nozione di chimica inorganica biodinamica. Nello stesso testo, a proposito del silicio (simbolo chimico Si), troviamo che:
“Può essere interessante notare che nella croce minerale non solo i due bracci verticali possono essere considerati come trasmutazioni del Si, ma anche il braccio equinoziale orizzontale opposto al Si. In questo caso ricordiamo la reazione nucleare di trasmutazione biologica descritta da C. L. Kervran in un suo libro nel 1982:

14Si + 6C → 20Ca. In questo caso il Si acquista la fissità del Carbonio (C) e diviene Calcio (Ca), elemento tipicamente flocculante”. 

E qui mi fermo, per non veder sanguinare gli occhi di troppi amici chimici.

Ora io chiedo: sono queste le materie il cui insegnamento – a dire dei sostenitori del biodinamico, anche di rango ministeriale – dovrebbe entrare nelle nostre Università, o che magari ci sono già entrate? E come chiamare finanziamento alla ricerca il finanziamento di pratiche, i cui sostenitori rivendicano (da Statuto di Demeter, per esempio) queste ed altre simili nozioni come fondative?

Perché, per quanto riguarda i finanziamenti alla “ricerca” in campo biodinamico, i soldi fluiscono già da tempo. Ricordate per esempio la mitica review di 147 lavori sulla biodinamica, che Triarico continua imperterrito a sbandierare come se significasse qualcosa? Quella review risulta discussa dalla Santoni – membro del personale docente ApAB di Carlo Triarico e contemporaneamente dottoranda a Firenze – il 25 maggio scorso, nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dal Mipaaf (il ministero per l’agricoltura, per intenderci) denominato Differ, che ha per scopo “definire pratiche agroecologiche per l’implementazione della sostenibilità in sistemi agro-zoo-forestali biodinamici e biologici mediterranei basati su vite e olivo”. E chi partecipa al progetto, presumibilmente ricevendone i fondi destinati alla ricerca? Oltre all’Università di Firenze (ove si è svolto il citato master di biodinamica, docente e responsabile Triarico), l’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica (presieduta di Triarico), l’agenzia formativa Apab (di Triarico), Demeter (nel cui direttivo siede Triarico), Coldiretti (che ha stipulato un accordo di servizio per Demeter), oltre a 8 agricoltori in Toscana, Campania e Calabria (di cui 4 biodinamici) e ad alcuni agronomi, cioè Giovanni Cerretelli e Francesca Castioni, guarda caso entrambi docenti nella Apab di Triarico. 

Ma chi stabilisce gli indirizzi strategici per il finanziamento dei progetti di ricerca in agricoltura biologica e biodinamica? Un apposito “comitato permanente di coordinamento per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica con funzioni di indirizzo strategico per i progetti di ricerca nel settore biologico” del Mipaaf. Di cui è membro per l’agricoltura biodinamica proprio Carlo Triarico.

E il cerchio, così, si chiude. Materie come la scienza dei suoli, la biochimica, la chimica vedono i propri concetti resi parodistici dalla decisione di finanziare la ricerca biodinamica ed incrementarne l’insegnamento nelle nostre università; ma va tutto bene, certamente riusciremo a salvare l’ecosistema e la salute ammazzando la scienza.

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