C’è un brivido antico che attraversa la schiena degli appassionati, un richiamo che sa di officine illuminate a gas, di meccanici in maniche rimboccate e di carrozzerie battute a mano. È il bisbiglio del passato che torna a farsi sentire, forte come una promessa. E stavolta non si tratta di nostalgie da museo: Itala e OSCA, due fra i marchi più nobili e dimenticati della tradizione automobilistica italiana, potrebbero davvero prepararsi al rientro in scena. A muovere i fili è il gruppo DR Automobiles, guidato da Massimo Di Risio, che ha acquisito i diritti dei due brand e che ora lascia intuire un imminente annuncio ufficiale attraverso due spot televisivi che più espliciti non potrebbero essere.
Il fantasma elegante di Itala, la regina del primo Novecento
Torna così a farsi sentire il nome di Itala, un marchio che, quando l’automobile era ancora un’avventura, sembrava già aver capito come si costruisce un capolavoro. Fondata nel 1904 a Torino, Itala incarnò la parte più aristocratica e tecnica dell’auto italiana: vetture sontuose, robuste, moderne per la loro epoca, e talmente affidabili da conquistarsi la fiducia di tutti i pionieri dell’epoca.
L’impresa che la consegnò alla storia è uno di quei racconti che nessun romanziere avrebbe potuto rendere più epico: la Pechino-Parigi del 1907. A bordo di una Itala 35/45 HP, il principe Scipione Borghese, insieme al suo meccanico Ettore Guizzardi e al giornalista Luigi Barzini del Corriere della Sera, affrontò 16.000 chilometri di steppe, deserti, paludi, montagne e mari di fango, arrivando con venti giorni di anticipo sul secondo classificato. Barzini trasformò l’impresa in un libro che oggi è un classico dell’avventura. Itala, invece, in un mito.
Non meno importante la dimensione sportiva: nel 1906 Alessandro Cagno portò una Itala alla vittoria nella prima storica Targa Florio. Erano anni in cui correre voleva dire rischiare tutto, e Itala non solo correva: vinceva.
OSCA, la piccola fucina dei fratelli Maserati
Dall’altro lato della storia, insieme eppure lontanissime, ci sono le Officine Specializzate Costruzione Automobili, per tutti OSCA. Nacque nel 1947, quando i fratelli Maserati lasciarono l’azienda che portava il loro nome, ceduta alla famiglia Orsi pochi anni prima. Fu una sorta di rinascita personale e meccanica: una bottega d’élite nata per costruire auto leggere, agili, raffinate, senza compromessi.
OSCA è sempre stata una questione di motori: piccoli gioielli di precisione, spesso in anticipo sui tempi, che consentirono alle sportive modenesi di farsi largo nei campionati nazionali e internazionali. Corse anche in Formula 1, dal 1951 al 1953, ma è nelle gare stradali che OSCA scolpì il suo nome. Alla Mille Miglia, la MT4 divenne un talismano per piloti e scuderie private: veloce, docile, indistruttibile. Un marchio d’élite, insomma, un laboratorio artigianale dove le idee diventavano metallo e velocità.
Il piano di DR: tra Heritage e futuro industriale
Che cosa significa, oggi, resuscitare due marchi così colmi di storia? Massimo Di Risio sembra averlo chiaro. Il gruppo DR, cresciuto negli anni grazie a modelli d’impostazione orientale assemblati in Italia, vuole cambiare passo. Il ritorno di Itala e OSCA non è un semplice esercizio di marketing nostalgico, ma una tappa in un percorso di industrializzazione che punta a far rientrare parte della produzione sul territorio nazionale.
Il segnale più concreto arriva da Anagni, dove Di Risio ha acquisito e ristrutturato uno stabilimento che oggi porta il nome di Jarama Srl: una fabbrica già operativa, con decine di dipendenti e un piano di espansione che promette nuovi investimenti. È lì che, secondo i primi indizi, dovrebbero prendere forma le future Itala e OSCA.
Una produzione più italiana
L’obiettivo dichiarato è chiaro: superare progressivamente la dipendenza dalla componentistica estera e avviare una produzione più autonoma, italiana e identitaria. E proprio per questo i due marchi scelti non sono casuali: Itala e OSCA rappresentano due vertici della tradizione, il lusso pionieristico e la sportività artigianale, la grande storia industriale e la fine meccanica da corsa.
Resta da capire come queste icone verranno reinterpretate. Le risposte arriveranno presto. Intanto, sulle frequenze televisive italiane, due nomi che sembravano sepolti tornano a vibrare nell’aria. E per gli appassionati, è già un piccolo terremoto.