AGI – “Siamo pronti a coltivare da quest’anno 75 milioni di quintali in più di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione, per rispondere alle difficoltà di approvvigionamento dall’estero determinate dalla guerra”. Lo ha annunciato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in occasione del tavolo sull’emergenza grano convocato al ministero delle Politiche Agricole dal Sottosegretario all’agricoltura Gian Marco Centinaio sulla carenza di materie prime, che ha costretto ai primi razionamenti negli allevamenti ma anche nei supermercati con Unicoop Firenze che ha deciso di mettere un tetto agli acquisti di farina. “Proponiamo all’industria alimentare e mangimistica – ha affermato Prandini – di lavorare da subito a contratti di filiera con impegni pluriennali per la coltivazione di grano e mais e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti nel rispetto della nuova normativa sulle pratiche sleali, per consentire di recuperare livelli produttivi già raggiunti nel passato.
Un obiettivo che può essere più facilmente raggiunto grazie all’impegno del Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli al quale va un sincero ringraziamento per aver accolto in Consiglio dei Ministri le nostre proposte per incentivare operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito bancario delle imprese agricole, adottare misure per sostenere la domanda interna, finanziare specifiche misure a favore delle filiere più esposte e appunto sostenere il potenziamento delle produzioni nazionali” ha precisato il presidente della Coldiretti nel ricordare che “dal Ministero è stato anche annunciato un regime di aiuto straordinario sul modello dell’emergenza Covid e sostenuta l’esigenza, per quanto riguarda la Politica Agricola Comune (Pac), di rimuovere il vincolo al non incremento della superficie irrigabile, per aumentare la produttività del settore agroalimentare”.
Un impegno che, precisa Prandini, “ridurrebbe sensibilmente la dipendenza dall’estero da dove arriva circa la metà del mais necessario all’alimentazione del bestiame il 35% del grano duro per la produzione di pasta e il 64% del grano tenero per la panificazione, che rende l’intero sistema e gli stessi consumatori in balia degli eventi internazionali.
L’Italia oggi è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti per anni agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque perchè secondo la Coldiretti la politica ha lasciato campo libero a quelle industrie che per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, approfittando dei bassi prezzi degli ultimi decenni, anzichè garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale.
Ora è possibile recuperare alla coltivazione di cereali in Italia almeno un milione di ettari di terreno garantendo redditività alla coltivazione ma anche – ha precisato Prandini – contrastando seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono ed intervenendo inoltre seriamente sulle normative comunitarie che spingono a non coltivare i terreni, eliminando ad esempio l’obiettivo del 10% di terreni incolti.
E poi investire – ha concluso Prandini – per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità nei terreni, con un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per i principali cereali dal grano al mais e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le NBT a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici”.
Gli allevatori: “Non abbiamo più soldi per il mangime”
“Non abbiamo più soldi per acquistare il mangime per gli animali. Mancano le risorse per sostenere il sistema. Diverse aziende agricole saranno costrette a macellare i bovini per l’impossibilita’ di nutrirli”: è l’allarme lanciato da Roberto Nocentini, presidente dell’Associazione italiana allevatori (Aia). “La situazione è drammatica. Il clima e’ di grande tensione”, ha detto all’AGI. La guerra in Ucraina, che blocca le forniture di mais, rischia quindi di avere conseguenze devastanti anche per gli allevamenti italiani.
Nocentini alleva bovini di razza Limousine nel Mugello (ha oltre 700 capi di bestiame) e ogni giorno tocca con mano le difficoltà del settore. “E’ molto peggio rispetto al periodo della pandemia. Oltre all’aumento delle materie prime – ha spiegato – sono alle stelle anche i prezzi del gasolio e dell’energia elettrica. Quindi mancano i soldi per far funzionare le macchine necessarie alla semina di primavera che rischia di saltare. O per mettere in moto i miscelatori, i frigoriferi, le mungitrici. A tutto questo si aggiunge il fenomeno della speculazione”.
Ottimista di natura, il presidente dell’Associazione italiana allevatori nonché guida della Coldiretti Firenze non vede però grandi soluzioni all’orizzonte. “Purtroppo la soluzione non dipende da noi. Servono ristori per non far chiudere le aziende, una politica a livello europeo per mitigare la crisi del settore. Poi speriamo che la guerra finisca il prima possibile”