AGI – Una sola partita (forse) per decretare il nuovo campione del mondo di scacchi. Ian Nepomniachtchi e Ding Liren sono arrivati entrambi a pochi metri dal traguardo, in perfetta parità. Dopo 13 partite il loro punteggio è identico: 6,5 punti a testa. Il regolamento prevede che il titolo si assegni dopo 14 partite e sabato, ad Astana, il cinese con i pezzi bianchi e il russo (che gioca sotto bandiera Fide) con i neri, si affronteranno per l’ultima volta a tempo classico. In caso di patta, e un arrivo spalla a spalla sul 7-7, si procederà con gli spareggi tecnici: partite a tempo sempre più breve finché uno dei due non prevarrà sull’avversario. E a vincere non sarà il più bravo o il più preparato ma solo chi riuscirà a tenere i nervi più saldi e a commettere un errore in meno.
Lo ‘score’ non inganni. In Kazakhstan si è assistito a una sfida senza esclusioni di colpi tra vittorie clamorose e altre mancate, sviste (blunder, in gergo tecnico) e combinazioni vincenti. Coraggio e sacrifici. Persino novità teoriche con scelte, offensive e difensive, in apertura, che di solito non si vedono durante un campionato mondiale. Almeno nel nuovo millennio. Non è stato un replay, per essere più chiari, del match tra Carlsen e Caruana: 12 partite e 12 patte. Qui gli almanacchi sono stati spulciati, sviscerando statistiche e scomodando grandi campioni e match leggendari. Nepo e Ding non hanno quasi mai giocato per il pareggio. Hanno spinto, osato e, in alcuni casi, persino esagerato. Si sono alzati spesso dalla sedia, si sono abbandonati sul divano della ‘rest room’, adiacente alla sala di gioco, si sono guardati, studiati.
Il russo ha assunto fin da subito il ruolo della gazzella. È lui ad aver dato la prima accelerazione conquistando spesso piccoli vantaggi e dando spesso la sensazione di poter portare a casa il titolo. Fin dalla partita numero due, la prima vittoria. Ma il cinese non si è mai arreso. Ha recuperato ogni qualvolta si è trovato indietro nel punteggio lavorando sull’aspetto psicologico e rimanendo impassibile, una vera statua di ghiaccio, di fronte alle faccette, smorfie e disperazioni, a volte anche troppo esagerate, di Nepo. E persino le conferenze stampa hanno saputo regalare momenti intensi. Ding ha ricordato come “siano stati gli amici, passo dopo passo, a farmi superare la paura di stare ‘on stage’, sul palco, sotto i riflettori”.
Il russo, dal canto suo, ha ricordato di aver ignorato, più o meno consapevolmente, i consigli dei grandi maestri sovietici del passato che, davanti a ogni sonora sconfitta, “suggerivano di cercare un pareggio, breve e lenitivo, nel giorno successivo per trovare una nuova pace”. I due hanno sorriso davanti alle domande sulla loro preparazione, sui ‘supercomputer usati’ (ma quali?), sull’atmosfera, spesso carica di silenzi, attese. Persino sul loro look, sulle camicie indossate. Sulla scacchiera hanno duellato come veri spadaccini.
Scegliere la guerra, a tutti i costi, sempre e comunque, è una scelta che caratterizza, esalta e mette a nudo i difetti, dello stile di Nepo. Spesso, sotto pressione, il tempo di riflessione del russo si accorciava e le decisioni si son fate più impulsive. Non solo ad Astana. Con Carlsen gli è costato una figuraccia, nella prima finale mondiale; con Ding, invece, solo un match complicato e imprevedibile. Montagne russe ma senza sentirsi in patria. Com’è detto, però, è stato finora il mondiale delle scelte particolari, inusuali, per qualche ragione persino ‘old style’. Ma andiamo con ordine mettendo in fila gli highlights di questo confronto.
La seconda partita
Dopo una patta all’esordio, per sciogliere il ghiaccio, si entra subito nel vivo del gioco. Ed è Ding a farlo con, i bianchi, e una h3 a mossa 4 che evita una partita ‘catalana’ e introduce una novità teorica a questi livelli. Nepo non nasconde la sorpresa. Analisti ed esperti spiegheranno poi come nessun giocatore sopra i 2500 punti Elo abbia mai preso questa direzione. I database non mentono e forse c’è una ragione: il cinese non riesce a portare sul suo terreno un match che gli scivola tra le mani e Nepo ottiene così il primo successo dopo appena due partite. Una partenza sprint che non si vedeva dai tempi di Carlsen-Anand, nel 2014
La quarta partita
La prima risposta di Ding arriva dopo appena altri due giorni di battaglia. Apertura inglese ma, soprattutto, un sacrificio di torre e una marcia centrale di pedoni che regalano il pareggio (2-2) al giocatore cinese con il russo che si arrende sopraffatto dalle manovre, lente ma inesorabili, dell’avversario.
La quinta partita
Nepo torna avanti con un grande classico: la Ruy Lopez (apertura spagnola) a cui Ding risponde con la difesa Morphy. Ma è un pedone avvelenato, che il cinese cattura, a dare il vantaggio decisivo al nativo di Brjansk. Mangiare un pezzo, negli scacchi, può essere letale. Anche se si tratta di un semplice pedone.
La sesta partita
Ding, con i pezzi bianchi, sceglie un’altra apertura inusuale, pochissimo amata e spesso controversa per il suo set-up solido ma anche poco ambizioso. Il’sistema di Londra’, mai giocato ai mondiali fin dai suoi albori, prende però in contropiede Nepo che gioca una partita poco brillante e alla fine deve cedere alla distanza. Secondo gli storici del gioco era dai tempi di Karpov-Korchnoi (1981) che nelle prime sei partite del mondiale non si registravano almeno 4 vittorie e solo 2 patte.
La settima partita
Il protagonista assoluto è un altro termine tecnico che i giocatori di scacchi temono: Zeitnot. Indica la situazione per cui uno scacchista sta per finire il proprio tempo di riflessione e deve muovere velocemente prima che l’orologio arrivi a segnare lo zero. Ding fa quasi tenerezza. Riflette, tanto. Muove, poco. Poi deve accelerare e inizia a commettere piccoli errori. Niente di clamoroso ma che, uno dopo l’altro, fanno massa, diventano valanga. Nepo mantiene i nervi saldi, sfrutta la sua posizione superiore e vince portandosi sul 4-3.
La partita non era comunque iniziata bene per il cinese che aveva optato per un’altra difesa assai poco in voga nella élite dei grandi maestri: la difesa francese. Davanti alla variante Tarrasch, scelta dal russo, Ding prova a uscire dalla teoria entro le prime dieci mosse, per sorprendere ancora, ma questo lo costringe a pensare. Troppo. La difesa francese non si vedeva a un campionato del mondo, secondo quanto riportato da Daniil Dubov, uno dei commentatori del canale Fide, dal 1978. Ancora una volta dalla sfida tra Karpov e Korchnoi. In questo caso, probabilmente, decisivo è stato il ruolo di Richard Rapport, GM nato in Ungheria e ‘secondo’ di Ding, grande conoscitore di questa difesa col nero.
La dodicesima partita
Dopo la folle settima partita, la sfida torna nei binari della normalità. I due contendenti mostrano di aver accusato i colpi e sembrano rallentare. Nepo prova ad amministrare la vittoria di ‘corto muso’ (per citare Allegri e una metafora calcistica) mentre Ding prova a reagire senza scoprirsi. Un’altra sconfitta sarebbe la fine di ogni ostilità. Ed è la dodicesima partita a costringere tutti, addetti ai lavori e fan del gioco, a rimanere davanti allo schermo. Ding si conferma innovatore e opta, stavolta, per il ‘sistema colle’. Il russo ha due occasioni per vincere e aggiudicarsi il trofeo ma manca di lucidità, ancora una volta non a suo agio in queste linee poco battute e poco esplorate. Il cinese trema, resiste e infila la zampata.
È il punto del 6-6 che rimanda tutto agli ultimi due scontri diretti. Il primo è finito patto, giovedì, il secondo è l’ultima chance per entrambi per diventare l’erede di Magnus Carlsen ed evitare le partite in formato ‘rapid’. Si parte alle 11 ora italiana, dopo una giornata di riposo. Un appuntamento che scriverà una nuova pagina nella storia del gioco, comunque vada a finire. Sarà il primo successo assoluto di un cinese o il ritorno della Russia, seppur senza bandiera, sul trono mondiale degli scacchi?
AGI – Una sola partita (forse) per decretare il nuovo campione del mondo di scacchi. Ian Nepomniachtchi e Ding Liren sono arrivati entrambi a pochi metri dal traguardo, in perfetta parità. Dopo 13 partite il loro punteggio è identico: 6,5 punti a testa. Il regolamento prevede che il titolo si assegni dopo 14 partite e sabato, ad Astana, il cinese con i pezzi bianchi e il russo (che gioca sotto bandiera Fide) con i neri, si affronteranno per l’ultima volta a tempo classico. In caso di patta, e un arrivo spalla a spalla sul 7-7, si procederà con gli spareggi tecnici: partite a tempo sempre più breve finché uno dei due non prevarrà sull’avversario. E a vincere non sarà il più bravo o il più preparato ma solo chi riuscirà a tenere i nervi più saldi e a commettere un errore in meno.
Lo ‘score’ non inganni. In Kazakhstan si è assistito a una sfida senza esclusioni di colpi tra vittorie clamorose e altre mancate, sviste (blunder, in gergo tecnico) e combinazioni vincenti. Coraggio e sacrifici. Persino novità teoriche con scelte, offensive e difensive, in apertura, che di solito non si vedono durante un campionato mondiale. Almeno nel nuovo millennio. Non è stato un replay, per essere più chiari, del match tra Carlsen e Caruana: 12 partite e 12 patte. Qui gli almanacchi sono stati spulciati, sviscerando statistiche e scomodando grandi campioni e match leggendari. Nepo e Ding non hanno quasi mai giocato per il pareggio. Hanno spinto, osato e, in alcuni casi, persino esagerato. Si sono alzati spesso dalla sedia, si sono abbandonati sul divano della ‘rest room’, adiacente alla sala di gioco, si sono guardati, studiati.
Il russo ha assunto fin da subito il ruolo della gazzella. È lui ad aver dato la prima accelerazione conquistando spesso piccoli vantaggi e dando spesso la sensazione di poter portare a casa il titolo. Fin dalla partita numero due, la prima vittoria. Ma il cinese non si è mai arreso. Ha recuperato ogni qualvolta si è trovato indietro nel punteggio lavorando sull’aspetto psicologico e rimanendo impassibile, una vera statua di ghiaccio, di fronte alle faccette, smorfie e disperazioni, a volte anche troppo esagerate, di Nepo. E persino le conferenze stampa hanno saputo regalare momenti intensi. Ding ha ricordato come “siano stati gli amici, passo dopo passo, a farmi superare la paura di stare ‘on stage’, sul palco, sotto i riflettori”.
Il russo, dal canto suo, ha ricordato di aver ignorato, più o meno consapevolmente, i consigli dei grandi maestri sovietici del passato che, davanti a ogni sonora sconfitta, “suggerivano di cercare un pareggio, breve e lenitivo, nel giorno successivo per trovare una nuova pace”. I due hanno sorriso davanti alle domande sulla loro preparazione, sui ‘supercomputer usati’ (ma quali?), sull’atmosfera, spesso carica di silenzi, attese. Persino sul loro look, sulle camicie indossate. Sulla scacchiera hanno duellato come veri spadaccini.
Scegliere la guerra, a tutti i costi, sempre e comunque, è una scelta che caratterizza, esalta e mette a nudo i difetti, dello stile di Nepo. Spesso, sotto pressione, il tempo di riflessione del russo si accorciava e le decisioni si son fate più impulsive. Non solo ad Astana. Con Carlsen gli è costato una figuraccia, nella prima finale mondiale; con Ding, invece, solo un match complicato e imprevedibile. Montagne russe ma senza sentirsi in patria. Com’è detto, però, è stato finora il mondiale delle scelte particolari, inusuali, per qualche ragione persino ‘old style’. Ma andiamo con ordine mettendo in fila gli highlights di questo confronto.
La seconda partita
Dopo una patta all’esordio, per sciogliere il ghiaccio, si entra subito nel vivo del gioco. Ed è Ding a farlo con, i bianchi, e una h3 a mossa 4 che evita una partita ‘catalana’ e introduce una novità teorica a questi livelli. Nepo non nasconde la sorpresa. Analisti ed esperti spiegheranno poi come nessun giocatore sopra i 2500 punti Elo abbia mai preso questa direzione. I database non mentono e forse c’è una ragione: il cinese non riesce a portare sul suo terreno un match che gli scivola tra le mani e Nepo ottiene così il primo successo dopo appena due partite. Una partenza sprint che non si vedeva dai tempi di Carlsen-Anand, nel 2014
La quarta partita
La prima risposta di Ding arriva dopo appena altri due giorni di battaglia. Apertura inglese ma, soprattutto, un sacrificio di torre e una marcia centrale di pedoni che regalano il pareggio (2-2) al giocatore cinese con il russo che si arrende sopraffatto dalle manovre, lente ma inesorabili, dell’avversario.
La quinta partita
Nepo torna avanti con un grande classico: la Ruy Lopez (apertura spagnola) a cui Ding risponde con la difesa Morphy. Ma è un pedone avvelenato, che il cinese cattura, a dare il vantaggio decisivo al nativo di Brjansk. Mangiare un pezzo, negli scacchi, può essere letale. Anche se si tratta di un semplice pedone.
La sesta partita
Ding, con i pezzi bianchi, sceglie un’altra apertura inusuale, pochissimo amata e spesso controversa per il suo set-up solido ma anche poco ambizioso. Il’sistema di Londra’, mai giocato ai mondiali fin dai suoi albori, prende però in contropiede Nepo che gioca una partita poco brillante e alla fine deve cedere alla distanza. Secondo gli storici del gioco era dai tempi di Karpov-Korchnoi (1981) che nelle prime sei partite del mondiale non si registravano almeno 4 vittorie e solo 2 patte.
La settima partita
Il protagonista assoluto è un altro termine tecnico che i giocatori di scacchi temono: Zeitnot. Indica la situazione per cui uno scacchista sta per finire il proprio tempo di riflessione e deve muovere velocemente prima che l’orologio arrivi a segnare lo zero. Ding fa quasi tenerezza. Riflette, tanto. Muove, poco. Poi deve accelerare e inizia a commettere piccoli errori. Niente di clamoroso ma che, uno dopo l’altro, fanno massa, diventano valanga. Nepo mantiene i nervi saldi, sfrutta la sua posizione superiore e vince portandosi sul 4-3.
La partita non era comunque iniziata bene per il cinese che aveva optato per un’altra difesa assai poco in voga nella élite dei grandi maestri: la difesa francese. Davanti alla variante Tarrasch, scelta dal russo, Ding prova a uscire dalla teoria entro le prime dieci mosse, per sorprendere ancora, ma questo lo costringe a pensare. Troppo. La difesa francese non si vedeva a un campionato del mondo, secondo quanto riportato da Daniil Dubov, uno dei commentatori del canale Fide, dal 1978. Ancora una volta dalla sfida tra Karpov e Korchnoi. In questo caso, probabilmente, decisivo è stato il ruolo di Richard Rapport, GM nato in Ungheria e ‘secondo’ di Ding, grande conoscitore di questa difesa col nero.
La dodicesima partita
Dopo la folle settima partita, la sfida torna nei binari della normalità. I due contendenti mostrano di aver accusato i colpi e sembrano rallentare. Nepo prova ad amministrare la vittoria di ‘corto muso’ (per citare Allegri e una metafora calcistica) mentre Ding prova a reagire senza scoprirsi. Un’altra sconfitta sarebbe la fine di ogni ostilità. Ed è la dodicesima partita a costringere tutti, addetti ai lavori e fan del gioco, a rimanere davanti allo schermo. Ding si conferma innovatore e opta, stavolta, per il ‘sistema colle’. Il russo ha due occasioni per vincere e aggiudicarsi il trofeo ma manca di lucidità, ancora una volta non a suo agio in queste linee poco battute e poco esplorate. Il cinese trema, resiste e infila la zampata.
È il punto del 6-6 che rimanda tutto agli ultimi due scontri diretti. Il primo è finito patto, giovedì, il secondo è l’ultima chance per entrambi per diventare l’erede di Magnus Carlsen ed evitare le partite in formato ‘rapid’. Si parte alle 11 ora italiana, dopo una giornata di riposo. Un appuntamento che scriverà una nuova pagina nella storia del gioco, comunque vada a finire. Sarà il primo successo assoluto di un cinese o il ritorno della Russia, seppur senza bandiera, sul trono mondiale degli scacchi?