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Il manager delle cosche ricompra l’agenzia sequestrata. Così i boss hanno beffato l’antimafia

Giu 9, 2020

In tempi di emergenza Covid, i “re” del gioco di Cosa nostra – insospettabili imprenditori – non si sono fermati. E appena è stato possibile, a maggio, hanno messo a segno il primo colpo: si sono ricomprati l’agenzia di via Franz Listz 19/21, che l’anno scorso era stata sequestrata dopo le indagini della squadra mobile sul clan Inzerillo. All’epoca, l’agenzia era ufficialmente della “Bet and games” di Luca Bonafede, un prestanome dei padrini di Passo di Rigano, adesso è della “Gaming management group” di Vincenzo Fiore, uno degli arrestati del blitz del Gico della Guardia di finanza. Lunedì mattina, sono finite in manette 8 persone, i signori delle scommesse che dal 2007 a oggi sono riusciti a comprare tre concessioni dall’Agenzia dei Monopoli.

Il manager delle cosche ricompra l'agenzia sequestrata. Così i boss hanno beffato l'antimafia

Vincenzo Fiore

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Le indagini coordinate dal sostituto procuratore Dario Scaletta e dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca fanno emergere il ruolo di un imprenditore molto addentro alle dinamiche mafiose. Fiore si vantava: «Io la prima agenzia l’ho avuta al Capo. Io e la buonanima che si asciugarono alla Noce. Nicola Ingarao, mio fratello». Ingarao era il reggente di Porta Nuova, fu assassinato nel 2007 per ordine dei Lo Piccolo, perché voleva insidiare la loro leadership. «La buonanima», ripeteva Fiore, l’uomo che si è ricomprato l’agenzia degli Inzerillo. Dopo la morte di Ingarao, l’imprenditore ha fatto lavorare i figli del boss in un’agenzia. E, intanto, diceva ancora alla moglie: «Mi sono visto con Gregorio, io lo conosco».

Parlava di Gregorio Di Giovanni, capomafia di Porta Nuova, uno dei boss che hanno partecipato alla riunione della nuova Cupola. Fiore sapeva della grave fibrillazione dovuta all’omicidio di Giuseppe Dainotti: «Per ora sono messi male là sotto, al centro…il fatto dell’omicidio… ci ammazzano a suo zio… è successo un macello».

«Il gruppo imprenditoriale Rubino ha avuto la forza economica di fare investimenti anche nel periodo della crisi epidemiologica – ha detto ieri il generale Antonio Quintavalle Cecere, il comandante provinciale della Guardia di finanza di Palermo – è stato acquistato un altro centro scommesse grazie alla disponibilità di capitali di origine mafiosa». Si ripropone il tema della vendita dei beni sequestrati da parte degli amministratori giudiziari (con tanto di autorizzazione del giudice, in questo caso il gip). E’ sempre forte il rischio che i beni ritornino nelle mani dei boss.

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