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Il fisico Giorgio Parisi vince il premio Wolf: “Studio i sistemi complessi: dal cervello alla pandemia. Tra le scienze non ci sono barriere”

Feb 10, 2021

Tante medaglie sul petto non pesano a Giorgio Parisi, 71 anni, uno dei fisici più importanti d’Italia, presidente dell’Accademia dei Lincei, ricercatore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, ma pur sempre “Giorgio” per gli studenti, scienziato dalla conversazione leggera nonostante si occupi di teoria quantistica dei campi e sistemi caotici complessi, autore di favole per bambini (i suoi), oggi impegnato anche a usare gli strumenti della matematica per spiegare la pandemia. Lo stato di Israele gli ha appena assegnato il Premio Wolf per le sue “scoperte pionieristiche nei sistemi disordinati, nella fisica delle particelle e nella fisica statistica”. Una trentina di scienziati, dopo il Wolf, hanno vinto il Nobel. Ma non è tema su cui Parisi si pronunci volentieri. A lui piace soprattutto la storia di Riccardo Wolf, fondatore del premio, un po’ tedesco un po’ israeliano e un po’ cubano, ambasciatore, filantropo e anche rivoluzionario. Quello che si definirebbe un “sistema complesso” insomma.

Con lei fra i vincitori per le arti c’è Stevie Wonder e lei è un appassionato di musica. Lo incontrerà?

“Sarà difficile purtroppo. Ma almeno un autografo glielo chiederò”.

Quando lei vince un premio i giornalisti sono sempre in difficoltà a spiegare i suoi temi. Ci aiuta lei, come risponderebbe al suo nipotino che le chiede qual è il suo mestiere?

“Con lui sarei in difficoltà anch’io, perché ha solo tre anni e mezzo. Mi occupo di sistemi complessi, che sono composti da tanti elementi messi insieme in un equilibrio fragile. Equilibrio che spesso si rompe. Sono teorie applicabili in economia e società, per capire come funziona il sistema immunitario o come si è evoluta la vita sulla Terra”.

Nella motivazione del premio c’è scritto che ha posto le premesse per le scoperte di Lhc, l’acceleratore di particelle del Cern. Anche del bosone di Higgs?

“Prima di partire alla scoperta del bosone di Higgs c’è stato bisogno di fare un lavoro di pianificazione, di capire dove e come poteva essere cercato. Me ne sono occupato negli anni ’70 insieme ad Altarelli”.

Il premio cita anche le reti neurali, un tema molto di attualità. Se ne è occupato?

“Se si parla di sistemi complessi, l’argomento più affascinante che esista è il cervello, un insieme di tante unità che comunicano e si evolvono insieme. Tra gli anni ’70 e ’80 ho fatto una serie di lavori che hanno ispirato la realizzazione delle reti neurali e dell’intelligenza artificiale”.

Quindi lei si occupa con almeno vent’anni di anticipo di argomenti che diventeranno attuali una generazione più tardi. E cosa studia oggi?

“Sì, una delle battute che più amo è quella di Faraday che mostra i suoi apparecchi a un ministro inglese in visita al suo laboratorio. Sono piccoli generatori di corrente che fanno girare una bussola e cose simili. Dei giochi, all’apparenza. Invece in quegli esperimenti c’erano tutte le conoscenze sull’uso dell’elettricità che oggi muovono la nostra società. E quando il ministro gli chiede a cosa servano lui risponde: non lo so, ma fra cinquant’anni la regina ci metterà una tassa. Oggi comunque mi occupo di vetri”.

Cioè?

“I vetri sono materiali che hanno composizioni e proprietà molto particolari. Non solo quelli della finestra, ma anche sostanze come il miele e la glicerina, che hanno delle similitudini dal punto di vista della struttura”.

Una cosa affascinante che lei studiava erano gli stormi di uccelli, in particolare gli storni nei cieli di Roma. Chi decide che direzione prendere fra migliaia di individui?

“Me ne sono occupato una decina di anni fa e nel frattempo il campo è andato molto avanti. Gli uccelli tendono a comunicare con il linguaggio corporeo per prendere la decisione collettiva di virare tutti insieme nella stessa direzione”.

Una foto scattata a Roma dall’Istituto dei sistemi complessi del Cnr

I suoi temi partono dalla fisica ma hanno molti addentellati con la società.

“Una cosa che mi ha sempre colpito è come Chomsky negli anni ’50 riuscisse a sviluppare una teoria della grammatica e dei linguaggi che poteva sembrare totalmente astratta, priva di applicazioni. Eppure oggi i linguaggi usati per la programmazione dei computer la ricalcano moltissimo. Leggendo i suoi lavori non ho avuto sentore che lui fosse a conoscenza delle possibili applicazioni dei suoi studi in un contesto completamente diverso come quello dell’informatica”.

Oggi molti suoi interventi si riferiscono alla pandemia. Forse però comprendere alcuni nostri comportamenti di questi mesi è impossibile perfino per la fisica dei sistemi caotici?

“Come Accademia dei Lincei abbiamo istituito una commissione Covid con i colleghi di tutte le discipline. Finora abbiamo preparato una quindicina di documenti sulla pandemia. Non so sinceramente come evolverà la situazione in futuro. Oggi ci troviamo in una corsa contro il tempo. Da un lato ci sono i vaccini, dall’altro le varianti che si stanno diffondendo. Dobbiamo essere abili a precederle se non vogliamo vedere un nuovo peggioramento”.

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