AGI – Nei pazienti ospedalizzati e affetti da Covid-19 con polmonite da moderata a severa, “l’uso precoce e mirato” del farmaco per l’artite reumatoide Anakinra, in aggiunta agli attuali standard di cura, “riduce la mortalità e la progressione verso una grave insufficienza respiratori”. Non solo: aumenta al tempo stesso il numero di pazienti dimessi dall’ospedale in assenza di infezione da Covid.
È quanto emerge dai dati di uno studio diffusi da Swedish Orphan Biovitrum AB (Sobi) e dall’Istituto Ellenico per lo Studio della Sepsi. Secondo la ricerca, l’Anakinra “può migliorare del 64% i risultati clinici complessivi”.
‘Save-more’ – questo il nome dell’indagine – è un ampio studio controllato randomizzato su oltre 600 pazienti ospedalizzati, che identifica specificatamente quelli a rischio di grave insufficienza respiratoria mediante la misurazione di livelli elevati di suPAR (recettore dell’attivatore del plasminogeno urochinasi solubile), un biomarcatore plasmatico che riflette l’attivazione immunitaria ed è stato in precedenza associato a prognosi sfavorevole in una serie di condizioni.
“Si tratta del primo studio nel quale si valutano i pazienti chiaramente identificati come popolazione a rischio prima del ricovero in terapia intensiva (ICU). I risultati sono incoraggianti e rappresentano un passo avanti nel trattamento e nella prevenzione della progressione verso condizioni più critiche” ha dichiarato Giammerellos-Bourboulis.
“Siamo lieti che Anakinra sia riuscito a dimostrare un beneficio significativo rispetto allo standard terapeutico in un’ampia gamma di risultati clinici” ha affermato Guido Oelkers, CEO di Sobi. “Anakinra è un antagonista del recettore dell’interleuchina-1 che ha già dimostrato efficacia nello spegnere la tempesta citochinica tipica del coronavirus. Avere il supporto diagnostico di un biomarcatore è senza dubbio un ulteriore valore aggiunto testimoniato dai risultati di Save-more”, ha affermato Emanuele Nicastri, Infettivologo e Direttore Divisione Malattie Infettive dell’Istituto Spallanzani di Roma, Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico di riferimento nazionale per l’epidemia di SARS-CoV-2 in Italia e Centro Coordinatore Italiano dello studio.
“Consente infatti di capire precocemente se la terapia può essere efficace per quel singolo paziente, adattandola alle sue caratteristiche, e riducendo la possibilità di peggioramento delle funzioni respiratorie”. Oltre all’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, gli altri centri italiani inclusi nello studio sono: il Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma, l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e l’IRCCS Humanitas, l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale degli Spedali Civili di Brescia, l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (VR), l’Ospedale di Jesolo e l’Ospedale Policlinico San Martino IRCCS di Genova.