AGI – Dare un nome ai resti non ancora identificati dei partigiani trucidati dai nazifascisti nel Verbano. Con questo obiettivo, e non casualmente nella giornata del prossimo 25 aprile, alla Casa della Resistenza di Fondotoce gli esperti del Labanof (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università degli Studi di Milano) raccoglieranno dati, informazioni, fotografie, campioni di DNA dei parenti di partigiani dispersi tra Ossola e Verbano, che potrebbero essere tra i 33 uccisi nelle stragi di Fondotoce, Pogallo e Baveno del giugno 1944, e la cui identità è rimasta ignota.
“Dare un nome ai caduti è un dovere morale, prima che scientifico – spiegano dall’associazione Casa della Resistenza -. L’articolo 6 del Codice civile e le Convenzioni di Ginevra sui diritti umani sanciscono che il diritto al nome deve essere garantito a tutti, anche ai defunti, come segno distintivo dell’individualità di una persona”.
A ottant’anni dalle stragi nazifasciste del 1944, il Labanof e la Casa della Resistenza tenteranno di garantire questo diritto ricostruendo una delle pagine più tragiche della Resistenza partigiana. Nel corso del 2023 i tecnici del laboratorio hanno analizzato i resti dei 33 partigiani ignoti per ricostruirne il profilo biologico. Ora l’auspicio è che, con la collaborazione dei parenti dei partigiani dispersi e attraverso l’esame del Dna o riscontri fotografici, si possa restituire un nome agli ignoti sepolti nel sacrario di Fondotoce.