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Milvia 40: la storia di Alessandro Aiola, portiere per un giorno ed esempio per sempre

Feb 27, 2018

martedì 27 febbraio 2018 20:32

ROMA – “Mister, vado io”: tre semplici parole quelle pronunciate da Alessandro Aiola al momento dell’infortunio di Tomai nella gara tra Milvia 40 e Real Tre Fontane Pio XII. Al Futbol Campus di Via del Baiardo le due squadre sono sull’uno a uno quando Tomai cade male a terra e, dopo alcuni minuti, è costretto a chiedere il cambio. Il tecnico Mauro Russo guarda verso la panchina, non ci sono riserve per il ruolo di portiere. In campo e in tribuna si condivide la preoccupazione per il portiere gialloblu e per la decisione del tecnico di casa, costretto a rinunciare al portiere di ruolo ed inserire tra i pali il più adatto. Già, il più adatto, ma nessuno può improvvisarsi portiere di ruolo nel giro di qualche minuto. Nel “calcio dei grandi”, abbiamo assistito diverse volte a difensori, centrocampisti, perfino attaccanti, che in situazioni estreme hanno messo i guantoni e difeso con onore la propria porta.

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L’ESEMPIO DI ALESSANDRO – “Mister, vado io”. Mauro Russo osserva Alessandro, difensore titolare della Milvia 40, fermo in panchina per influenza. “Vado io”: Alessandro Aiola entra in campo, mette i guanti e si posiziona tra i pali. Dopo qualche minuto il direttore di gara assegna un calcio di rigore in favore del Real Tre Fontane Pio XII, Aiola osserva il suo avversario e con grande freddezza respinge come può quel maledetto pallone, ma nulla può sulla ribattuta. “Non importa del risultato, perdere fa parte del gioco”, ha commentato al termine della gara Mauro Russo, allenatore della Milvia 40. “All’inizio della partita, Alessandro è venuto da me e con grande onesta e serietà mi ha detto che non se la sentiva di giocare perché influenzato e non voleva assolutamente essere un peso per i suoi compagni di reparto. Quando però Tomai è uscito dal campo, lui mi ha guardato e mi ha detto che voleva entrare, gli ho chiesto come stava, se davvero se la sentisse. Mister, vado io. Mi ha riempito di un orgoglio incredibile, un ragazzo di 14 anni aveva capito il grave momento di difficoltà della squadra e si stava offrendo per riempire un vuoto davvero difficile da colmare. Quando ha parato il rigore – continua Russo – non ci ho creduto, è stato bravissimo. Poi hanno segnato e abbiamo perso, ma a fine gara tutti i compagni di squadra sono andati da lui a complimentarsi, siamo usciti a testa alta. È stato da esempio per tutti i compagni, un vero campione!”.

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