• 19 Settembre 2024 18:40

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Il delitto del cavalcavia. La messinscena di Favero e le prime ammissioni

Mag 30, 2024

AGI – Andrea Favero avrebbe messo in piedi “una messinscena” per simulare di non avere ucciso Giada Zanola. Lo sostiene la Procura nel provvedimento di fermo. “Al fine di lasciare traccia della messinscena – si legge nel documento – l’indagato effettuava anche una chiamata al cellulare della vittima e le scriveva un messaggio rinfacciandole di essere uscita senza passare a salutare lui e il figlio”.

Alle 7-38, come appurato dagli inquirenti, Favero ha scritto a Giada: “Sei andata al lavoro? Non ci hai nemmeno salutato!!”. Una “versione addomesticata” sarebbe stata fornita anche alla madre alla quale aveva raccontato che erano “andati tutti regolarmente a dormire” e di avere “profondamente dormito tutta la notte” all’indomani del presunto omicidio.

Favero avrebbe simulato anche di avere saputo della morte della compagna solo dopo avere letto un messaggio in una chat di quartiere. “Quando è arrivata la polizia ho sperato che lei stesse bene” ha detto al pm.

“Alla luce delle indagini svolte e delle parziali ammissioni dell’indagato è pienamente integrata quella grave base indiziaria richiesta come presupposto del provvedimento di fermo di indiziato di delitto”. Lo scrive il pm padovano Giorgio Falcone nel decreto di fermo per Andrea Favero, accusato di avere ucciso Giada Zanola.

“Non ricordo che Giada sia caduta dal parapetto, ricordo solo che mi continuava a offendere e ricattarmi dicendo che mi avrebbe portato via mio figlio”. Lo ha detto agli inquirenti Andrea Favero affermando di avere “come un vuoto” e di non riuscire “a mentalizzare la scena” di cosa fosse accaduto a Giada Zanola che, secondo l’ipotesi dell’accusa, avrebbe ucciso “gettandola da un cavalcavia al di sopra dell’autostrada A4 dove il corpo veniva investito e arrotato dai veicoli in transito”.

Ecco la sua ricostruzione al pm: “Io non ho memoria precisa di come si siano svolti i fatti ieri notte, ho come un vuoto e non riesco a mentalizzare la scena. Ricordo che eravamo a casa, abbiamo avuto anche un rapporto sessuale, poi però abbiamo cominciato a litigare e Giada si è allontanata a piedi verso il cavalcavia che passa sopra l’autostrada che dista circa un chilometro da casa nostra. Io ho preso l’autovettura CMAX e l’ho seguita raggiungendola dopo pochi metri da casa e facendola salire per portarla a casa. Tanto è vero che una volta che lei è salita di sua spontanea volontà io ho proseguito lungo la strada oltrepassando il cavalcavia dell’autostrada in modo tale da avere oltre quest’ultimo lo spazio per girarmi. Dato che tra la nostra abitazione e il cavalcavia lo spazio è stretto. Ho fatto l’inversione e nel frattempo continuavamo a litigare, nel senso che lei mi sbraitava addosso come spesso ultimamente faceva dicendo che mi avrebbe tolto nostro figlio e non me lo avrebbe più fatto vedere. Desidero dire che mio figlio è la mia ragione di vita e sono io a occuparmi per lo più di lui dato che la madre se ne occupava ben poco. A quel punto ricordo che siamo scesi dall’autovettura ma qui i ricordi si annebbiano perché ricordo solo che mi continuava a ripetere che mi avrebbe tolto nostro figlio ma non ricordo se e come ho reagito. Non ricordo se siamo saliti sul gradino della ringhiera che si affaccia sull’autostrada che funge da parapetto”.

La sua versione non viene ritenuta credibile dagli investigatori. Favero ha affermato di essere “ancora innamorato di Giada” e che tra loro “negli ultimi tempi c’era un rapporto burrascoso e conflittuale con la vittima, con contatti violenti per lo più ascrivibili alle iniziative di Giada dalla quale cercava solo di difendersi”.

Farebbero parte della messinscena anche alcuni messaggi che Favero si è scambiato con un’amica della vittima “dai quali si desume che l’indagato simulasse di non sapere nulla di cosa fosse successo alla compagna riferendole che non era in casa in quanto era già uscita per recarsi al lavoro”. “In sede di sommarie informazioni l’indagato si guardava bene – commenta il pm – dal dire che poco prima del tragico decesso la vittima a seguito di un litigio era uscita di casa e che lui l’aveva inseguita, facendola salire a bordo della Ford XMAX intestata alla vittima”. 

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