• 29 Aprile 2024 18:12

Corriere NET

Succede nel Mondo, accade qui!

Il Def per ricchi e poveri: arrivano reddito di inclusione e Bes

Apr 12, 2017

ROMA – Il Rei e il Bes. Sono queste due sigle le nuove lenti con cui l’Italia proverà a guardare al tema della ricchezza, e al problema della povertà, nel Paese. Le due novità sono state inserite all’interno del Def, il documento di programmazione economica approvato ieri dal Consiglio dei Ministri. La prima, il Reddito di inclusione attiva (Rei), è una nuova misura di contrasto alla povertà, un contributo per aiutare i membri delle famiglie che si trovano sotto la soglia di indigenza a trovare un impiego e che a regime dovrebbe essere universale. La seconda, il Benessere equo e sostenibile (Bes), è invece un nuovo indicatore del livello di progresso della società elaborato da Istat e Cnel che tiene conto di una serie di fattori economici, ma anche sociali, ambientali e di uguaglianza, e che va ad affiancare all’interno della programmazione dei conti pubblici il classico Pil. Eccole spiegate nel dettaglio.

Il Rei, un sostegno per tutti i poveri

In Italia c’è un’emergenza povertà: 4 milioni e 598 mila individui, certifica l’Istat, vivono al di sotto della soglia di indigenza, con un vertiginoso aumento nelle fasce di età più giovani. Ad oggi il nostro Paese è uno dei pochi a livello europeo a non prevedere alcuna misura universale di contrasto. Una lacuna che dovrebbe essere colmata con il Rei, il Reddito di inclusione attiva, strumento di sostegno al reddito ma anche di reinserimento sociale, visto che il sussidio dovrebbe essere legato all’impegno di chi lo riceve a formarsi e cercare impiego. Usiamo il condizionale, perché la misura in realtà non è ancora attiva. Il Parlamento ha approvato una delega, che ora spetterà al governo tradurre in pratica. Mettendo poi in campo le risorse e gli strumenti adatti per renderla davvero efficace. Per quest’anno i fondi stanziati sono circa 2 miliardi di euro, che considerato l’ammontare dell’incentivo, 480 euro al mese per famiglia, bastano a coprire solo 400 mila nuclei, più o meno un terzo del totale. Si punterà per ora a quelli con minori, calibrando di conseguenza i requisiti per l’accesso, ma con l’impegno a estendere anno dopo anno la misura fino a renderla davvero universale: per sostenere tutti gli italiani in condizione di indigenza, calcola l’Alleanza contro la povertà, servono più o meno 7,5 miliardi. L’altra incognita riguarda l’effettiva capacità del Rei di “attivare” i percettori, reinserendoli nel mondo del lavoro e superando una logica puramente assistenziale. Per farlo bisognerà rafforzare la rete locale dei centri per l’impiego e costruire dei percorsi di formazione su misura per adulti che spesso sono inoccupati da lungo periodo. Non aiuta lo sdoppiamento delle funzioni: di questa “presa in carico” si dovranno occupare gli enti locali, mentre l’erogazione del sussidio sarà competenza dell’Inps.

Il Bes, se il prodotto interno lordo non fa la felicità

Non serve spingersi in avanti come il Buthan, che il Prodotto interno lordo l’ha cestinato e sostituito con un Indice di felicità lorda. Basta riconoscere che il Pil non misura tutto, tanto meno il reale livello di benessere di un Paese. A questo serve il Bes, l’indice del Benessere equo e sostenibile messo a punto dall’Istat, già entrato nell’ultima legge di Bilancio e che con questo Def fa il suo debutto ufficiale anche nel documento di programmazione finanziaria. L’indicatore è composto da 12 diverse categorie, dalla salute alle relazioni sociali, dall’ambiente alla qualità dei servizi, di cui misura la variazione annua. Nel 2016 per esempio ha rilevato un aumento della soddisfazione generale degli italiani e anche una crescita del loro benessere materiale. Ma senza che questa “ripresina” riuscisse a scalfire le profonde disuguaglianze che caratterizzano il nostro Paese. Vedere il Bes inserito nella cassetta degli attrezzi ufficiale del governo italiano è senza dubbio una novità positiva, augurandosi che poi venga davvero considerato nella messa a punto di politiche e riforme. Non illudiamoci, ci vorrà un po’ di tempo per farlo digerire a politici e tecnici ministeriali vari. Anche perché, quando si tratterà di strappare a Bruxelles qualche decimo di flessibilità, di giudicare i successi o i fallimenti di un governo, di fissare i rating e gli interessi sui titoli di Stato, sarà ancora per molto tempo il numerino del Pil a decidere le nostre sorti.

@filipposantelli

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Guarda la Policy

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.

Close