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Il debole argine populista tra sinistra divisa e Berlusconi alleato dei sovranisti

Nov 7, 2017

Se c’ uno slogan che ha dominato in questa campagna elettorale siciliana, ma che stato declinato anche in chiave nazionale, quello di Renzi e Berlusconi di voler essere un argine ai populismi. Lo spirito moderato che aleggia sia da una parte che dall’altra, si ritrovato in questa funzione catartica, di purificare la scena politica ridimensionando quelli che per il Cavaliere sono giustizialisti e incapaci, votati da chi non ha testa. E lo stesso messaggio arrivato da Renzi che ha additato l’incapacit di governare dei 5 Stelle, bersaglio polemico condiviso con il leader di Forza Italia, anche lui auto-assegnandosi il compito di fermare l’onda, quella che governa male a Roma, quella che vive e si alimenta di piazza ma ha paura e fugge dai confronti tv (il duello su la7 stato infatti annullato da Di Maio).

Il paradosso che i due alfieri di questa battaglia hanno mancato nel loro obiettivo con due strategie opposte. Il leader Pd non curandosi delle divisioni a sinistra, anzi talvolta esasperandole, e Berlusconi invece unendo la destra nonostante i toni populisti dei suoi alleati. E cos quell’argine si rivelato debole. Perch la vittoria morale dei 5 Stelle incontestabile essendo il primo partito dell’isola, anche se Cancelleri stato battuto da Musumeci, anche se le attese di Grillo erano ben superiori, anche se i voti rispetto alle precedenti tornate sono diminuiti e se il candidato Governatore ha beneficiato del voto disgiunto. E dunque Berlusconi che ieri rivendicava la vittoria dei moderati lo faceva per tenere il “suo” punto politico che in realt smentito dai fatti. Innanzitutto ha dovuto accettare una candidatura di destra che lui non voleva ma che ha dovuto subire pur di non essere emarginato dall’aggressione – anche anagrafica – di Meloni-Salvini. Ma soprattutto c’ una contraddizione evidente nella sua linea: perch non si fa da argine ai populismi facendo un cartello elettorale con i sovranisti.

E lo stesso successo dalle parti del Pd. Renzi ha pensato di poter combattere le forze populiste, anche quelle di destra, presentando una sinistra divisa, in grande difficolt nel creare alleanze e quindi poco credibile nel contrastare partiti che sono in avanzata costante (non solo in Italia), seppure tra mille inciampi. Ma l’errore pi grande stato nel pensare di poter vincere da una posizione anti-governativa: il fraintendimento sta l, nell’idea che con i populismi si compete dalla stessa parte della barricata e non dalla parte opposta, imponendo nel Paese un’agenda filo-governativa, filo-europeista facendo del Pd una forza politica rassicurante e non in perenne conflitto.

Non chiaro fin dove si spinger il partito nel “processo” al suo leader. Quel che inevitabile rispondere alla domanda se davvero si voglia fare – come ha cominciato a fare Renzi – una campagna elettorale con un Pd pi di lotta che di Governo. Non c’ solo il tema delle alleanze e dell’apertura a sinistra che pure ha la sua rilevanza. Ma con quale messaggio ci si presenta agli elettori: se parlando al Paese con una cultura di governo e con una classe politica di competenti partendo dai risultati di Gentiloni-Minniti-Calenda oppure tornando ai toni del “cambiamento” che furono di Bersani nel 2013.

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