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Il coronavirus torna a pesare sui mercati. Anche la Fed preoccupata. Pil Usa a +2,1% nel quarto trimestre

Gen 30, 2020

MILANO – Ore 10:10. I mercati tornano a guardare con preoccupazione all’evoluzione del coronavirus cinese, per il quale l’Organizzazione mondiale della sanità potrebbe attivare procedure emergenziali. Dopo aver recuperato nelle ultime due sedute, i listini picchiano verso il basso, soprattutto in Asia dove planano verso i minimi di quasi due mesi; ma anche in Europa e Stati Uniti – a giudicare dai future – l’umore volge al nero. Di contro, i rendimenti dei titoli di Stato più sicuri (come Treasury americani e bond giapponesi) si abbassano: segno di una corsa agli acquisti che ne fa salire il prezzo.

Milano segna un ribasso dello 0,9%. Perdite significative anche sulle altre Borse europee: Londra perde lo 0,6 per cento, Francoforte l’1,1% e Parigi cede l’1,25 per cento.

Mentre continua la stagione delle trimestrali, che finora negli Usa ha dato risultati superiori alle attese in sette casi su dieci, gli investitori si interrogano su quanto potrà impattare la diffusione del contagio. Si sommano le aziende che stanno sospendendo le attività in Cina e gli analisti temono un contraccolpo sugli spostamenti globali, sia di affari che di piacere, con contraccolpi su tutta l’economia. Per i mercati che hanno appiattito al massimo i premi al rischio, drogati dalla liquidità iniettata dalle Banche centrali, un contraccolpo potrebbe farsi sentire con rapide correzioni.

Il coronavirus torna a pesare sui mercati. Anche la Fed preoccupata per l'incertezza

In Asia, nota Bloomberg, si sta vedendo un ribasso azionario che ricorda per intensità quello patito in occasione delle sparate di Donald Trump sui dazi contro Pechino. Questa mattina, la Borsa di Tokyo ha terminato la seduta ai minimi in 3 mesi, pagando i timori per un contagio “economico” dalla Cina su export e industria del turismo. L’indice di riferimento Nikkei ha lasciato sul terreno l’1,72% a quota 22.977,75, cedendo oltre 400 punti. Ma tutta l’area è stata caratterizzata dal segno “meno”. Taiwan, dove gli scambi hanno riaperto dopo le festività, ha segnato un calo del 5,5 per cento, per Hong Kong la flessione è stata del 2,6 per cento finale.

Il coronavirus si è preso la scena anche nella conferenza del presidente della Fed, Jerome Powell, dopo la riunione che ieri – nella serata italiana – ha confermato come d’attese i tassi in una forchetta 1,5-1,75%. “Il nuovo coronavirus in Cina crea incertezza per le prospettive di crescita dell’economia globale, anche se parte dei rischi collegati alle tensioni commerciali sono diminuiti”, ha detto Powell assicurando che la Banca centrale americana sta monitorando la situazione. Al netto del contagio, l’economia sta dando segnali di stabilizzazione. Wall Street ha chiuso ieri poco mossa: Dow Jones +0,04% a 28.733,94 punti, Nasdaq +0,06% a 9.275,42 punti e S&P 500 -0,08% a 3.272,48 punti.

Anche il settore valutario si muove sulla base delle ultime notizie. L’euro si stabilizza a 1,1002 dollari e calano le valute asiatiche, con l’eccezione dello yen che viene percepito come bene rifugio: la moneta europea passa di mano in calo a 119,96 yen. Tra le altre, il bath thailandese ha visto il minimo da 7 mesi. In Thailandia il morbo ha colpito 14 persone, più che da qualsiasi altra parte del mondo, Cina esclusa. Sul mercato offshore lo yuan è sceso dello 0,2% a 6,9849 per dollaro, ribaltando i guadagni di ieri. Giù dello 0,9% anche il dollaro taiwanese, dello 0,7% il won sudcoreano, dello 0,3% la rupia indiana e dello 0,2% il dollaro di Singapore e il rinngit malese.

Lo spread cresce leggermente, dopo i minimi da settembre toccati ieri, tornando sopra 135 punti base. Il Btp decennale italiano rende sempre poco meno dell’1 per cento. L’Istat ha aggiornato i dati sulla disoccupazione di dicembre, con tasso stabile al 9,8% ma occupati in calo.

Dinamiche da classica situazione di paura anche per le materie prime. L’oro, il bene rifugio per eccellenza, avanza dello 0,1% a 1.577,64 dollari l’oncia: nonostante la domanda di bene fisico – solitamente forte nel periodo del Capodanno cinese – sia quest’anno minata dalla situazione straordinaria in Asia, i flussi di denari in cerca di sicurezza determinano la crescita del prezzo. Di contro il petrolio, il cui andamento è legato alla forza dell’economia globale, apre in calo e risente anche dell’aumento delle scorte settimanali Usa. Sui mercati asiatici i future sul Light crude Wti cedono di 56 cent a 52,77 dollari e quelli sul Brent arretrano di 65 cent a 59,16 dollari al barile.

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