Stefano Chioffi
lunedì 7 maggio 2018 08:15
Soltanto due giornate di campionato con risultati da fantascienza, da calcio-balilla, potrebbero scucire il settimo scudetto consecutivo dalle maglie della Juve. Sei punti di vantaggio sul Napoli e una differenza-reti molto favorevole (+16): manca l’ultimo bollo dell’aritmetica per un tricolore che i bianconeri hanno virtualmente conquistato ieri pomeriggio, in poltrona e in pantofole, grazie al pareggio del Torino al San Paolo. E mercoledì sera, in attesa di chiudere il cerchio per il titolo contro la Roma o il retrocesso Verona, Allegri cercherà di centrare il poker in Coppa Italia, nella finale con il Milan. Una Juve da antologia: il suo dominio non conosce precedenti nel nostro Paese, in Spagna, in Germania e in Inghilterra. Una collezione di trionfi in campionato che, in epoche differenti, non è riuscita al Real Madrid di Puskas, Di Stefano e Ronaldo, al Barcellona di Cruyff, Guardiola e Messi, al Bayern Monaco di Beckenbauer e Gerd Müller, al Manchester United di Best e Ferguson.
Neppure il centesimo gol in serie A di Hamsik ha permesso al Napoli di continuare a tenere la Juve un po’ sulle spine. Ora, nei ragionamenti di De Laurentiis, la priorità riguarda il futuro di Sarri, abbracciato al San Paolo con affetto dai tifosi azzurri: applausi, striscioni, una stima che nasce da numeri straordinari (253 punti in 112 partite). Un nodo da sciogliere in tempi brevi: Sarri chiede garanzie, la conferma dei big e gli acquisti giusti per rilanciare la sfida alla Juve, è legato alla città e alla gente, nutre gratitudine nei confronti di De Laurentiis, anche se non ha nascosto il dispiacere per le critiche del presidente sulla gestione del turnover.
Scudetto in archivio, ma la serie A offre ancora spunti di interesse. Si sgomita nella corsa alla qualificazione in Champions. Decisivo, a meno di clamorosi colpi di scena, il braccio di ferro in programma all’ultima giornata tra la Lazio e l’Inter. Mentre la Roma ha blindato con padronanza il terzo posto, ribadendo a Cagliari la qualità infinita mostrata in Europa contro il Chelsea, il Barcellona e il Liverpool. Di Francesco ha saputo dare un’impronta al progetto del club: Ünder ha regalato la settima perla in campionato, Alisson ha fatto ancora la piovra e il baby Capradossi (all’esordio in A per l’infortunio di Manolas durante il riscaldamento) ha confermato la ricchezza di un settore giovanile guidato con sapienza da papà De Rossi. Ai giallorossi basta ormai un punto per garantirsi l’ingresso in Champions.
L’Atalanta, con i suoi schemi e la sua organizzazione tattica, si è rivelata una preziosa alleata di Spalletti: Gasperini ha rallentato la scalata di Inzaghi, che vanta in questo momento la striscia positiva più lunga (nove risultati). I biancocelesti hanno sofferto e raccolto un punto, penalizzati dalle assenze a catena (Immobile, Parolo, Radu, Luis Alberto) e aiutati dalle parate da manuale di Strakosha. L’Inter ha bisogno di sei punti per volare sicuramente in Champions. Alla Lazio potrebbero essere sufficienti in teoria due pareggi: ipotesi che svanirebbe se i nerazzurri riuscissero a compensare nell’anticipo della penultima giornata – contro il Sassuolo, ormai salvo dopo una favolosa rimonta – lo svantaggio attuale di cinque gol nella differenza-reti. Rafinha ha cambiato il motore della squadra di Spalletti: personalità, visione di gioco, eleganza, istinto, razionalità. Nel Barcellona ha avuto maestri come Guardiola e Luis Enrique. Il figlio di Mazinho, ex mediano di Lecce e Fiorentina, campione del mondo nel 1994 con il Brasile di Parreira, è salito in cattedra anche a Udine.
Incertezza in coda: prosegue la crisi del Cagliari, scivolato al terz’ultimo posto. Lopez ha raccolto otto punti in dodici gare e ha un calendario insidioso: lo aspettano la trasferta di Firenze e l’appuntamento in casa con l’Atalanta. Tremano anche l’Udinese (che non vince dal 28 gennaio), il Crotone e il Chievo, mentre la Spal di Semplici ha perso soltanto una volta in undici giornate.