Alessandro Vocalelli
sabato 2 dicembre 2017 08:00
Di Higuain, anche se è scontato quello che bisogna dire, si può parlare dopo. Prima è il caso di sottolineare quante sciocchezze possono accompagnare i giudizi sull’operato di una società, di una squadra, facendosi guidare dalle ovvietà del momento. Una di queste raccontava che la Juventus aveva operato una campagna acquisti non all’altezza, sbagliando valutazioni su questo o quel giocatore. Poi la Juve gioca al San Paolo, in una partita fondamentale del suo cammino, e ti accorgi che tra i migliori in assoluto, autentici punti di riferimento, ci sono De Sciglio, Matuidi e Douglas Costa. Insomma, un giocatore fondamentale in difesa, una diga formidabile a centrocampo e un arco, lì davanti, da cui far partire la freccia decisiva. Sì, perché è stato appunto Douglas Costa, formidabile nella sua interpretazione, a dare il via all’azione che ha portato in gol Higuain. Già, dicevamo di Higuain, uno che subisce un’operazione alla mano ad inizio settimana, si allena un paio di volte e poi – incurante della fasciatura e del fastidio – è capace di trasformare in oro uno dei pochissimi palloni a disposizione. L’epilogo di una partita cominciata nel riscaldamento, con i gesti divertiti ad accompagnare i cori e i fischi del San Paolo e poi quella mano portata sulla fronte, come per scrutare lontano, in tribuna, polemicamente. La sua partita perfetta, come esemplare è stata la partita della Juve, che ha giocato con attenzione ed umiltà, con una concentrazione quasi impensabile – o meglio ammirevole – per una squadra che viene da sei scudetti consecutivi e comunque non arretra di un centimetro.
Allegri se l’è dunque giocata benissimo, nel contesto di una tendenza che non deve e non può passare inosservata. Il fattore campo è sempre meno decisivo, se è vero – come è vero – che il Napoli ha vinto in casa della Roma e della Lazio, la Lazio è andata a vincere a Torino e la Juve è stata capace di passare al San Paolo. Un campionato in cui contano i momenti e anche questo deve, in qualche modo, rendere meno amara la sconfitta al Napoli. Non è e non può essere in discussione il suo valore, ma semplicemente l’attimo che non è riuscito a cogliere. Per colpa di una bella Juve e di un calcio, stavolta, meno fluido. Non era al massimo Insigne, è stato troppo fuori dal gioco Mertens, non si è mai visto Callejon. Per una squadra che vive delle loro accelerazioni, un bel problema. Tanto più di fronte ad una rivale che ha rinforzato le corsie esterne, ben sapendo dove avrebbe potuto correre i maggiori rischi. Una Juve compassata e attenta così come è apparso un po’ nervoso e ansioso il Napoli, che ha dato l’impressione di sentire troppo l’importanza del momento. Mentre, e questo è un complimento, bisogna essere consapevoli – sempre – della propria forza e non credere di dover ogni volta sostenere un esame decisivo. Il Napoli e Sarri non hanno la necessità di dover dimostrare ancora qualcosa.
Fatto sta che la classifica si è di nuovo accorciata, con la Juve che ha fatto un balzo in classifica, l’Inter che può addirittura pensare al sorpasso in testa alla classifica e la Roma che ha regolato facilmente la Spal. Fondamentale però la determinazione con cui i giallorossi sono entrati in campo, per chiudere in fretta la pratica. È tornato al gol Dzeko, ha segnato la prima rete in giallorosso il romano Pellegrini, la classifica si è fatta molto, ma molto, interessante: insomma c’è tutto per andare incontro ad una settimana che può essere davvero importantissima. La qualificazione in Champions, il via libera allo stadio: due grandissimi obiettivi da centrare in poche ore.