• 28 Novembre 2024 8:50

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Il centro gravitazione di Roberto Baggio

Apr 1, 2021

A Torino quel giorno, quel 1 aprile del 2001, mancavano quattro minuti al novantesimo, qualcuno in più alla fine della partita, ma spicci rispetto a quello che si era giocato. La Juventus, al non compianto da nessuno stadio Delle Alpi, stava vincendo uno a zero. E chi era in tribuna quel giorno, circa trentanovemila persone, poteva dirsi già soddisfatto per aver visto una partita giocata più che discretamente da entrambe le squadre. Si erano gustati una punizione troppo precisa di Alessandro Del Piero stampatasi sul palo, tante azioni pericolose finite più o meno male per i bianconeri e un gran gol, un tiro potente e preciso di Gianluca Zambrotta da fuori area dopo un non elegantissimo stop di petto. Ma tant’è alla fine quello che conta è il risultato.

 

Erano contenti i bianconeri e ancora speranzosi per un recupero difficile ma non impossibile nei confronti della Roma, prima in campionato con sette punti di vantaggio. Quella ventiquattresima giornata doveva essere solo una tappa intermedia senza sorprese: il Verona, avversario dei giallorossi, e il Brescia si muovevano claudicanti e a rischio retrocessione. Un risultato che non fosse la vittoria per le prime due della classifica era qualcosa di quasi impossibile.

 

Il Brescia al Delle Alpi aveva fatto una partita ordinata e intelligente: si era difesa e aveva provato a impensierire i bianconeri in contropiede. Hubner aveva anche colpito un palo, che in un ambiente superstizioso e fatalista come quello del calcio equivale a un chiaro “doveva proprio andare così”. E così poteva finire davvero se Roberto Baggio non avesse deciso di unire la scuola calcistica danubiana, che insegnava che la precisione nello stop del pallone fosse la via maestra per il tiro, e quella olandese che invece la considerava essenziale per dribblare l’avversario, già essa un mezzo dribbling.

 

All’ottantaquattresimo minuto di quel Juventus-Brescia allo stadio Delle Alpi, Baggio, raccogliendo il lungo lancio da metà campo di Andrea Pirlo, unì in un sol tocco stop e dribbling. Fermò il pallone con la punta del piede, con l’alluce e il melluce del piede destro e contemporaneamente lo indirizzò verso sinistra a rendere vana l’uscita del portiere bianconero Edwin Van der Sar.

 

Johan Cruijff, uno dei più giocatori più talentuosi della storia del calcio e icona della rivoluzione calcistica olandese a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, il giorno dopo al quotidiano olandese Telegraaf disse che “quello che Roberto Baggio ha fatto a pochi minuti dal termine della partita contro la Juventus è stato qualcosa di estremamente difficile. È riuscito non solo a unire lo stop del pallone con il dribbling, già di per sé complicato, ma ha fatto tutto questo mentre correva in avanti con la palla che scendeva alle sue spalle. È probabilmente uno dei più bei gesti tecnici che io abbia mai visto”. Ha poi aggiunto: “Spesso è stato detto e scritto che alcuni calciatori è come se avessero nei piedi un magnete per arpionare il pallone. Baggio in questo caso non aveva un magnete, ma un intero sistema gravitazionale”.

A Torino quel giorno, quel 1 aprile del 2001, mancavano quattro minuti al novantesimo, qualcuno in più alla fine della partita, ma spicci rispetto a quello che si era giocato. La Juventus, al non compianto da nessuno stadio Delle Alpi, stava vincendo uno a zero. E chi era in tribuna quel giorno, circa trentanovemila persone, poteva dirsi già soddisfatto per aver visto una partita giocata più che discretamente da entrambe le squadre. Si erano gustati una punizione troppo precisa di Alessandro Del Piero stampatasi sul palo, tante azioni pericolose finite più o meno male per i bianconeri e un gran gol, un tiro potente e preciso di Gianluca Zambrotta da fuori area dopo un non elegantissimo stop di petto. Ma tant’è alla fine quello che conta è il risultato.
 
Erano contenti i bianconeri e ancora speranzosi per un recupero difficile ma non impossibile nei confronti della Roma, prima in campionato con sette punti di vantaggio. Quella ventiquattresima giornata doveva essere solo una tappa intermedia senza sorprese: il Verona, avversario dei giallorossi, e il Brescia si muovevano claudicanti e a rischio retrocessione. Un risultato che non fosse la vittoria per le prime due della classifica era qualcosa di quasi impossibile.
 
Il Brescia al Delle Alpi aveva fatto una partita ordinata e intelligente: si era difesa e aveva provato a impensierire i bianconeri in contropiede. Hubner aveva anche colpito un palo, che in un ambiente superstizioso e fatalista come quello del calcio equivale a un chiaro “doveva proprio andare così”. E così poteva finire davvero se Roberto Baggio non avesse deciso di unire la scuola calcistica danubiana, che insegnava che la precisione nello stop del pallone fosse la via maestra per il tiro, e quella olandese che invece la considerava essenziale per dribblare l’avversario, già essa un mezzo dribbling.
 
All’ottantaquattresimo minuto di quel Juventus-Brescia allo stadio Delle Alpi, Baggio, raccogliendo il lungo lancio da metà campo di Andrea Pirlo, unì in un sol tocco stop e dribbling. Fermò il pallone con la punta del piede, con l’alluce e il melluce del piede destro e contemporaneamente lo indirizzò verso sinistra a rendere vana l’uscita del portiere bianconero Edwin Van der Sar.
 
Johan Cruijff, uno dei più giocatori più talentuosi della storia del calcio e icona della rivoluzione calcistica olandese a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, il giorno dopo al quotidiano olandese Telegraaf disse che “quello che Roberto Baggio ha fatto a pochi minuti dal termine della partita contro la Juventus è stato qualcosa di estremamente difficile. È riuscito non solo a unire lo stop del pallone con il dribbling, già di per sé complicato, ma ha fatto tutto questo mentre correva in avanti con la palla che scendeva alle sue spalle. È probabilmente uno dei più bei gesti tecnici che io abbia mai visto”. Ha poi aggiunto: “Spesso è stato detto e scritto che alcuni calciatori è come se avessero nei piedi un magnete per arpionare il pallone. Baggio in questo caso non aveva un magnete, ma un intero sistema gravitazionale”.

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