Ci sono sogni che non ti mollano. Ti si aggrappano addosso, insistono, tornano a bussare quando ormai pensi che la vita abbia preso un’altra direzione. E quando si parla di automobili – quelle vere, quelle che portano con sé un’idea di bellezza, di ingegno, di fatica artigiana – i sogni hanno spesso la meglio sulla ragione. È così che nasce la ErreErre Fuoriserie ForGiotto: non come restomod, non come retro-moderno rielaborato, ma come RetroVision, una visione dal passato che non è mai stata costruita, e che oggi prende forma per rendere omaggio a un uomo che ha cambiato la storia dell’automobilismo più di quanto gli sia stato riconosciuto: Giotto Bizzarrini.
Il duro e il puro. Il genio labronico che sapeva trasformare la meccanica in poesia ad alta velocità. ForGiotto non è una celebrazione nostalgica: è la materializzazione di un vuoto, di un’idea rimasta sospesa fra i “si potrebbe” e i “non c’è tempo”, e che oggi trova finalmente la sua carrozzeria, le sue proporzioni, la sua voce. È il seguito mai scritto di un capitolo che Bizzarrini aveva immaginato, confidato e sussurrato solo a chi poteva capire.
Un progetto che viene da lontano
La leggenda, come sempre, nasce da lontano. Dalla Ferrari Breadvan del 1962, quando un Bizzarrini appena separato da Maranello prese una 250 GT SWB e la trasformò in un proiettile aerodinamico pensato per il lungo rettilineo di Hunaudières. Era la sfida più romantica che potesse esistere: fare di più con meno, trovare velocità dove gli altri cercavano cavalli. Il concetto di “breadvan”, quella coda alta e troncata studiata da Wunibald Kamm, diventò la sua firma, un pezzo della sua anima tecnica.
Poi arrivarono Iso Grifo A3/L e A3/C, la collaborazione con Renzo Rivolta, il talento di Giugiaro, le notti a Modena a inseguire millesimi di rigidità e decimi di coefficiente aerodinamico. Quel mondo vivo, febbrile, fatto di corse e officine. Nel ’65 la 5300 GT Strada segnò il culmine di una filosofia: leggera, brutale e libera da ogni compromesso. E in quel periodo, fra un progetto e l’altro, nacque un’idea che nessuno vide mai. Una A3/C trasformata in breadvan estrema, un esperimento che avrebbe esasperato le sue intuizioni sull’aerodinamica. Troppo avanti, troppo complicato per i tempi. Un sogno rimasto in un cassetto.
L’anima data a un sogno
Quel cassetto lo ha aperto oggi ErreErre Fuoriserie, e lo ha fatto grazie alle persone giuste: Gianluca Rubatto, che ha dato al progetto un’anima industriale elegante e moderna; e Fabrizio Rossini, che da ragazzo arrivò a piazzare una roulotte davanti alla casa di Bizzarrini pur di convincerlo a farsi accettare come apprendista. È così che si impara il mestiere: non chiedendo, ma restando. E Rossini ha respirato ogni dettaglio, ogni gesto, ogni filosofia del Maestro.
ForGiotto nasce da lì: dall’apprendistato, dalle parole sussurrate e dal rispetto infinito. E dalla collaborazione con Iso Restorations, custode del patrimonio tecnico di Iso Rivolta. La base non poteva che essere la A3/C, la stessa che Bizzarrini avrebbe voluto trasformare: telaio storico o ricostruito, carrozzeria in alluminio battuto a mano, e sotto il cofano il V8 Chevrolet 327, il motore che lui stesso aveva scelto sessant’anni fa. Potenze da 300 a oltre 400 CV, peso di 1.200 kg, e una scocca che taglia l’aria come un ricordo affilato.
Un autentico omaggio
L’esterno è un omaggio chiarissimo: muso affilato, cerchi con gallettone, prese d’aria scolpite, coda tronca armonica che sembra disegnata dal vento. Verniciatura Azzurro Nuvola, elegante come una sportiva degli anni Sessanta uscita da un sogno lucidissimo. Gli interni, invece, parlano la lingua di Bizzarrini: strumenti analogici, pelle pregiata, volante in legno, plancia in alluminio. Niente fronzoli, niente orpelli. Solo verità meccanica. È un’auto per correre, per sentire l’aria, per ricordare chi siamo stati e chi possiamo ancora essere.
ErreErre Fuoriserie ForGiotto è più di una macchina: è un atto d’amore. È la dimostrazione che i sogni, quelli più ostinati, non muoiono mai. Restano lì, aspettano il momento giusto, poi si incarnano in alluminio battuto, in un V8 che respira forte, in una silhouette che racconta una storia che nessuno aveva ancora avuto il coraggio di scrivere. Adesso sì. Adesso il sogno di Bizzarrini corre davvero.