Il tanto atteso studio sul vaccino contro il coronavirus ha solo una probabilità del 50% di successo. Ad affermarlo non è una fonte interna o una voce di corridoio ma il professore alla guida del progetto, AdrianHill. Sull’Università di Oxford sono concentrati gli occhi di tutto il mondo. Grandi speranze sono state riposte sul vaccino allo studio del team di ricerca, con un accordo per 30 milioni di dosi già fissato entro il prossimo settembre. Il professor Hill, però, mette le mani avanti e annuncia che non è scontata l’efficacia del vaccino. Il ‘problema’ risiederebbe nel fatto che il virus sta rallentando la sua catena di contagi nel Regno Unito. Uno stop positivo, ovviamente. Se il virus circola a bassi livelli, però, non permette agli scienziati di controllare l’efficacia del vaccino. Circa lo 0,25 per cento della popolazione è attualmente infetto e questo dato diminuirà ulteriormente se il lockdown continuerà a funzionare. A questo punto i volontari troveranno difficile individuare la SARS-CoV-2 e testare l’efficacia del vaccino stesso. Un po’ come accadde per la Sars che scomparve in estate rendendo inutile la ricerca di una cura.
Il Covid rallenta i contagi: questo è un problema per la ricerca del vaccino
In un’intervista concessa al Telegraph il professor Adrian Hill, come già detto direttore del Jenner Institute dell’Università di Oxford, ha confermato questo dubbio: “La rapida scomparsa del virus nel Regno Unito potrebbe mettere in dubbio la capacità della squadra di rispettare la scadenza dei quattro mesi previsti. Se Covid-19 non si sta diffondendo nella comunità, i volontari avranno difficoltà ad intercettarlo, il che significa che gli scienziati non possono dimostrare se il vaccino fa davvero la differenza. Se all’inizio dell’anno avevamo detto che c’era una probabilità dell’80% di sviluppare un vaccino efficace entro settembre, adesso le chance sono scese al 50%. Siamo in una posizione anomala: dovremmo sperare che il Covid resti nella comunità ancora per un po’ a livelli piuttosto elevati. Il calo dei casi di contagio paradossalmente ci danneggia la ricerca di una cura“.