• 23 Novembre 2024 20:48

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Il 25 aprile smemorato di Milano, a tinte palestinesi e contro la Brigata ebraica

Apr 25, 2024

La testa del serpente è sana. “Sia oggi un giorno di unità per il paese”. Il corpo e la coda, mah. L’appello dal palco di Piazza Duomo non arriva nemmeno alle Gallerie antistanti, tanto frastagliato è il corteo del 25 aprile. Se oggi passa un turista non pensa che sia il Giorno della Liberazione dal nazifascismo. Ma un presidio palestinese. Surclassate le bandiere del Cnl, dei sindacati, le tradizionali falce e martello. Ne svetta un’altra, che avviluppa perfino la statua di Vittorio Emanuele II. “Invochiamo il cessate il fuoco ovunque, dall’Ucraina a Israele, e il ritorno a casa degli ostaggi del 7 ottobre”, è l’equilibrato discorso del presidente dell’Anpi Primo Minelli. “Sia oggi un giorno contro l’indifferenza, il razzismo e l’antisemitismo”.

 

Ebbene. Non è stato così. “Ma dov’è la Brigata ebraica?”, si domanda qualcuno tra la folla a tutt’altre tinte. Eccola. Una sparuta delegazione. Un solo gagliardetto tenuto alto con grande dignità, in una pioggia di fischi, urlacci, cori: ormai “Palestina libera” è demodé, meglio “Israele stato terrorista”. Al di là del macroscopico equivoco storico – la Brigata ebbe un ruolo attivo nella Resistenza, con tanto di Medaglia d’oro al valor militare -, spicca l’aperta ostilità verso una parte di quello stesso corteo. Bene appunto la rappresentanza istituzionale dell’Anpi, bene Beppe Sala quando restituisce il giusto particolarismo al nostro giorno (Italia, 1945): “25 aprile sempre, ma quest’anno di più”, dichiara il sindaco di Milano. “Questa è la festa della Liberazione, non della libertà come certa destra vorrebbe far credere”. Gli urlano dietro “scemo, scemo, scemo”. Evidentemente anche certa sinistra.

   

 

Notare bene: fin qui non si tratta di gruppuscoli, ma della voce che domina i decibel della piazza. Perché più che un serpente, il resto dei settanta (“anzi centomila”, gonfia il petto l’Anpi) si dilunga come un’idra: innumerevoli teste, cellule, stendardi e rivendicazioni. Qualcuna di buonsenso: “Con il popolo palestinese e gli oppositori ebrei, contro Netanyahu e Hamas”, spunta un cartellone solitario. Il resto è un cortocircuito multiplo. Esempio: nei poster a finire con l’elmetto da SS è Schlein, mica Meloni – secondo il tipico autolesionismo sinistroide contro chi pure è a sinistra, ma non abbastanza. “Pd, partito della guerra: il nemico è in casa nostra, cacciamoli”. Amen. Ma quando passa la Brigata ebraica, in coda, ancora lontano dai riflettori, eccoli i gruppuscoli: “Siete come i nazisti, fuori i sionisti dal corteo”. Poco più in là si grida “assassini, fate schifo”. Fa schifo marciare insieme a loro, invece.

 

Nonostante tutto, resiste l’atmosfera di una giornata di festa: famiglie, anziani, bambini e semplici curiosi. Ci son balli, musica, occhi lucidi. Una fiumana disseminata da Porta Venezia al Duomo, come non si vedeva da anni, tra mille ingorghi e correnti umane da risalire. Anche l’ordine pubblico, tutto sommato è stato tenuto sotto controllo. Quando al termine del corteo in piazza Duomo è arrivata la comunità ebraica con i suoi striscioni “un gruppo di giovani nordafricani esagitati”, come li ha definiti la questura, ha fatto partirte qualche spintone. Sono volati schiaffi e bastonate ma in pochi minuti sono intervenuti gli agenti in tenuta antisommossa che hanno riportato la calma. Due manifestanti sono stati fermati. È tuttavia l’appropriazione storica e culturale, ripudiando una delle anime originali della Resistenza, un’ulteriore violenza. E dispiace contraddire il sindaco Sala: ma oggi, per qualcuno, il 25 aprile è un po’ meno.

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