Negli ultimi anni, la ricerca ha messo in evidenza come il microbioma, cioè l’insieme di tutta l’informazione genetica disponibile in aggiunta al genoma umano, è componente determinante di quello che siamo, sia da un punto di vista individuale, sia da un punto di vista di popolazione soggetta a selezione naturale. Il microbiota, cioè tutti i microrganismi associati al nostro organismo in maniera più o meno permanente, tramite il complesso dei geni di cui dispone è componente indispensabile per lo sviluppo e il funzionamento della fisiologia umana, incluse funzioni e tessuti considerati tipicamente umani come quelli associati al cervello e al sistema nervoso centrale. Per quello che riguarda in particolare il cosiddetto asse intestino-cervello, in particolare, si è da poco cominciata a evidenziare la connessione tra il microbiota intestinale e i disturbi psichiatrici associati allo stress.
Tuttavia, sia in quest’ultimo caso quanto più in generale negli studi di microbiomica, la gran parte degli sforzi dei ricercatori è stata sin qui rivolta alla caratterizzazione degli effetti incrociati tra presenza e attività di specie batteriche e fisiologia umana; molto poco si è fatto, invece, per investigare il ruolo di una componente altrettanto importante, e cioè della frazione virale del microbiota, vista per lo più come una sorta di “controllore” dei batteri intestinali o poco più, attraverso l’azione dei fagi che infettano appunto i batteri nel nostro intestino.
A cambiare le cose giunge uno studio appena pubblicato su Nature Microbiology, il quale in sostanza rivela non solo che lo stress può modificare il viroma intestinale – fatto atteso dai precedenti studi che indicavano gli effetti sui batteri, i quali ovviamente riverberano sui virus che li infettano – ma anche che il ripristino del viroma “sano” è in grado, almeno nei topi, di correggere lo stress, tanto a livello comportamentale, quanto biochimico. Per lo studio in questione, i ricercatori hanno innanzitutto studiato gli effetti di un particolare tipo di stress sociale nei topi, ovvero la presenza in una gabbia relativamente piccola e sovraffollata di un individuo aggressivo, per un periodo di tre settimane.
Utilizzando le più moderne tecniche di sequenziamento del DNA, i ricercatori hanno esaminato quale fosse la composizione del viroma e del batterioma intestinale, prima e durante l’episodio stressante. I risultati hanno mostrato che lo stress ha alterato la composizione del microbioma batterico in modo più significativo rispetto al viroma, anche se, per nessuna delle due componenti, si è avuta una gran perdita di diversità in termini di numero di specie (al netto del fatto che il viroma intestinale è poco conosciuto, e quindi il dato è meno ben definito).
Pur senza che vi fosse evidenza per la completa scomparsa di una specie, si è comunque trovato che lo stress ha modificato la quantità di 12 virus specifici. La variazione in questi 12 virus in seguito allo stress correlava bene con i livelli ematici di corticosterone, ormone coinvolto nello stress e nelle risposte immunitarie, e alcune citochine infiammatorie. Questi primi risultati dimostrano che anche il viroma è alterato dallo stress, ma il successivo insieme di dati è il più interessante, perché illumina il ruolo modulatorio che il viroma ha nella risposta allo stress.
I ricercatori hanno raccolto il viroma intestinale dalle feci dei topi, prima di esporli a un compagno di gabbia aggressivo. Purificata la componente virale, hanno poi proceduto ad un vero e proprio “trapianto di viroma”, che è stato somministrato ai topi allevati in condizioni stressanti. Le valutazioni comportamentali hanno rivelato che i topi stressati senza il trapianto di viroma hanno mostrato comportamenti di ansia e stress accentuati. Al contrario, i topi che hanno ricevuto il trapianto di viroma durante l’esperimento di stress si sono comportati in modo simile ai topi normali, non stressati. Il trapianto virale ha anche contrastato la produzione di citochine infiammatorie indotte dallo stress.
Non solo: i ricercatori hanno pure esaminato l’espressione genica nell’ippocampo e nell’amigdala, regioni cerebrali note per rispondere allo stress, utilizzando il sequenziamento dell’RNA. Hanno scoperto che lo stress ha alterato l’espressione dei geni correlati alle risposte alla paura e allo stress, ai processi immunitari, alle attività virali come la replicazione e ai livelli di neurotrasmettitori. Il trapianto di viroma ha riportato l’espressione di questi geni a livelli normali. Se questi risultati troveranno ampio riscontro in studi successivi, le conseguenze per diversi campi scientifici saranno profonde.
Innanzitutto, se la presenza di una certa flora virale è in grado di influenzare il comportamento, è evidente che l’indagine della psicologia umana, anche nelle sue forme patologiche, non potrà non tenerne conto. Quanti virus e in che condizioni, ma più in generale quanti microrganismi, sono in grado di modificare il nostro agire, modulando l’espressione di geni del nostro cervello, senza che ovviamente noi ne siamo consci?
E ancora, passando alla biologia evoluzionistica: quanto può essere ampio il ruolo del viroma, che oltretutto è trasmissibile, nel determinare il fenotipo esteso di un animale, così come esso è poi vagliato dall’ambiente, anche considerando che le popolazioni tendono a condividere un microbioma simile e dunque a trasmettere e ad esporre alla selezione naturale un “virotipo” simile? E infine: quante e quali sono le condizioni patologiche umane, la cui terapia può trovare una nuova strada nel ripristino di un viroma “normale”?