• 25 Novembre 2024 0:46

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I soldi dell’8×1000 alla cooperativa. La difesa della diocesi: “Mai denaro per scopi privati”

Mar 13, 2024

AGI –  “Nessuna distrazione di denaro è mai avvenuta per scopi privati”. Lo precisa l’avvocato della difesa, Ivano Iai, a proposito delle indagini chiuse a gennaio dalla procura di Sassari, per riciclaggio e peculato, in cui risultano indagati Antonino Becciu, fratello del cardinale Angelo, il vescovo di Ozieri, Corrado Melis, e altre sette persone. Secondo l’accusa, fondi dell’8 per mille alla Chiesa, destinati alla diocesi di Ozieri – circa 2 milioni di euro in 10 anni – sono finiti dal 2013 nei conti correnti della cooperativa sociale Spes di cui è responsabile il fratello del cardinale.

 

“La Spes è una cooperativa onlus della quale la Caritas e la Diocesi di Ozieri si servono per perseguire gli scopi di solidarietà e carità in favore e supporto di singoli, famiglie e, in generale, persone della diocesi”, sottolinea Iai, “secondo criteri autonomi non sindacabili dall’Autorità italiana ma, eventualmente, dai soggetti latori dei finanziamenti che, nella specie, non solo non hanno mai rilevato anomalie di gestione, nè contestato alcunché, ma hanno addirittura confermato, anno per anno, i contributi finora erogati”.

 

L’avvocato, che rappresenta tutti e nove gli indagati e sta studiando le migliaia di pagine di atti per preparare la memoria difensiva, si dice certo che “la difesa, nonostante la complessità di una vicenda che sottopone la diocesi a uno stillicidio senza precedenti, potrà dimostrare l’uso corretto delle risorse, in particolare quelle ricevute dalla Cei, che, grazie alla documentazione esistente, risulta essere stato trasparente e finalizzato esclusivamente a interventi solidali e di carità”. 

 

Nell’inchiesta della Procura di Sassari, aperta oltre tre anni fa e collegata a uno dei filoni di quella più nota conclusa in Vaticano nei confronti del cardinale Becciu, sono coinvolti anche il direttore della Caritas, don Mario Curzu, Giovanna Pani (compagna di Antonino Becciu), Maria Luisa Zambrano, Francesco Ledda, Franco Demontis, Luca Saba e Roberto Arcadu. Secondo quanto riferisce l’avvocato Iai, i suoi assistiti “manifestano l’esigenza di chiarire la propria posizione e chiedono il più sollecito accertamento giudiziale dei fatti, certi dell’infondatezza assoluta delle accuse mosse della Procura”.

 

Il legale esprime stupore per la tempistica della divulgazione della notizia – ieri in esclusiva nell’edizione del Tg1 delle 20 – “coincidente con altre dei giorni scorsi su presunte attività di dossieraggio nei confronti del cardinale Angelo Becciu e con l’iniziativa, in programma il 14 marzo prossimo, che vedrà importanti giornalisti, intellettuali e giuristi commentare il processo a carico dell’alto prelato sardo”, condannato dal Tribunale vaticano a cinque anni e sei mesi di reclusione, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a pagare una multa di 8 mila euro, a conclusione di un’inchiesta sulla compravendita di un palazzo a Londra.

Iai, inoltre, manifesta “disappunto per il violato riserbo sugli atti del procedimento”, in particolare sull’avviso di conclusione indagini, peraltro arrivato due mesi fa. L’avvocato, inoltre, contesta l’intersecarsi fra le procedure vaticana e italiana per la rogatoria che – a suo avviso – ha determinato “una sistematica violazione dei diritti di alcuni tra gli indagati nel procedimento, insistentemente, ma anche illegittimamente, citati dal tribunale vaticano a rendere testimonianza, in quel processo, sugli stessi fatti oggetto dell’indagine sarda, senza il rispetto delle regole rogatoriali (lo Stato vaticano è un ordinamento distinto da quello italiano) eppure sanzionati poichè non presentatisi”.
Secondo Iai, gli atti acquisiti dall’Autorità vaticana, inclusa la sentenza di condanna di Angelo Becciu, sono “inutilizzabili” nell’ordinamento italiano, in quanto contrari ai principi costituzionali e a quelli della Convenzione europea dei diritti umani fondamentali del 1950. 

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