AGI – Il Careggi di Firenze, l’Humanitas di Rozzano e l’azienda ospedaliera universitaria di Ancora sono risultati i migliori ospedali italiani nel 2023 per i loro standard operativi. Lo dice il report su dati 2023 del PNE – Programma Nazionale Esiti elaborato dall’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) e presentato oggi in un incontro presso il Cbel, con l’intervento del ministro della Salute, Orazio Schillaci. A riferire questa “classifica” è stato Domenico Mantoan, direttore generale Agenas.
Il Careggi si caratterizza come struttura più che positiva, visti i risultati raggiunti in tutte e 8 le aree cliniche che vengono prese in esame dal PNE. L‘Humanitas di Rozzano si conferma “ospedale di eccellenza per il terzo anno di fila”, e anche il polo di Ancona si conferma al vertice. Mantoan ha aggiunto che il PNE italiano “è unico al mondo, produce dati consolidati e strutturati condivisione da Regioni e professionisti”. È un sistema che “viene guardato con molto interesse da altri Paesi, a cominciare dalla sanità inglese”.
Dal report 2023 “esce una situazione che va a vedere il comportamento dei professionisti e riusciamo a definire il risultato di un ospedale. Intercettiamo anche il dato che porta alle risultanze organizzative delle Regioni”. Mantoan ha aggiunto che il livello di attivita’ del nostro sistema sanitario “sta tornando al periodo pre-Covid” e “il sistema mette in evidenza eccellenze al Nord ed eccellenze che cominciano a esserci anche al Sud, quindi il divario si sta riducendo”. Il PNE “vuole instaurare una ‘competizione positiva’ tra le strutture ospedaliere”, e c’è una media di 400 audit all’anno richiesti dalle aziende sanitarie locali, “e i miglioramenti registrati ad esempio in Sicilia sono anche frutto dell’affiancamento della stessa Agenas”.
A proposito dei risultati registrati, nel 2023 si è avuto un “alto numero di interventi chirurgici per il cancro al colon, e questo è l’effetto delle attività di screening, quindi l tumore è intercettato prima ed operato prima e in numero maggiore e di conseguenza si vedono i risultati in termini di cura e in termini di riduzione del numero di decessi”. Come pure, per il cancro alla mammella intercettato e operato l’aspettativa di vita a 5 anni “è arrivata al 96%”.