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I batteri per curare la depressione? Uno studio ci sta provando

Apr 28, 2023

Molto spesso su queste pagine abbiamo discusso di come il genoma nostro e di qualsiasi altro organismo vivente sia un mosaico di pezzi integrati a partire da altri esseri viventi, spesso (ma non sempre) attraverso vettori virali che hanno fatto transitare da un Regno all’altro sequenze di Dna derivate da virus, microorganismi, funghi, piante ed animali. Senza i microorganismi, il grosso di questo continuo rimescolamento genetico, fondamentale perché l’evoluzione delle specie possa procedere ad una velocità sufficiente a generare la complessità che vediamo intorno a noi, probabilmente non esisterebbe; in questo senso, i microorganismi, e i virus innanzitutto, hanno davvero fisicamente plasmato la natura e la nostra stessa specie. D’altra parte, è da tempo noto che i microbi, e particolarmente i batteri, plasmano anche il mondo fisico e la biosfera, da quando la vita è cominciata: lo stesso ossigeno che respiriamo è stato per la prima volta prodotto da microbi, che hanno creato l’atmosfera che oggi conosciamo (uccidendo nel processo una buona parte della biosfera esistente all’inizio della vita, per la quale l’ossigeno era tossico), ma anche il suolo e l’intera geochimica terrestre sono il prodotto dell’azione di singole specie o, molto più spesso, di intere comunità microbiche che collaborano a creare l’ambiente in cui viviamo. Persino il clima, come abbiamo già discusso qui, ed in particolare le precipitazioni, è fortemente influenzato da particolari specie di batteri patogeni vegetali, che hanno evoluto sistemi raffinati per condensare neve o pioggia attraverso proteine specifiche, riuscendo così ad atterrare dall’atmosfera in condizioni ottimali per il proprio ciclo vitale.

 

È tuttavia nel nostro intestino che l’azione dei microorganismi ci riguarda quotidianamente e da vicino. In quell’ambiente, la scorta di proteine, grassi e carboidrati di cui i batteri possono nutrirsi è regolare e abbondante; allo stesso tempo, l’ecosistema microbico che vi prospera coopera in maniera indispensabile nella digestione del cibo e nella messa a disposizione per il nostro corpo di vitamine e minerali. Nella comunità intestinale, anche i virus hanno un ruolo importante: in particolare, virus specializzati quali alcuni determinati tipi di fagi mantengono sotto controllo i batteri all’interno del nostro corpo, evitandone una crescita sregolata e costituendo un importante fattore di selezione limitante nei confronti dei ceppi più nocivi. Ma vi è molto, molto di più.

 

Intanto, il microbioma intestinale ha un ruolo critico nella maturazione del nostro sistema immunitario, sia nella sua componente innata che adattativa, mentre contemporaneamente il nostro sistema immunitario regola finemente la simbiosi tra noi e le popolazioni microbiche che ci portiamo dentro. Soprattutto, sappiamo ormai da anni che il 90 per cento del microbioma intestinale sono in grado di produrre neurotrasmettitori come la dopamina e la serotonina, i quali svolgono un ruolo chiave nella regolazione degli stati d’animo umani. Poiché questa capacità è unica per i batteri che vivono nei corpi degli animali, sembra che questi microbi si siano evoluti nel corso di milioni di anni per creare messaggeri chimici che consentano loro di comunicare e influenzare l’umore e il comportamento dei loro ospiti.

 

La ragione evolutiva per cui i batteri producono sostanze chimiche che migliorano i nostri stati d’animo potrebbe essere per esempio quella di renderci più propensi a essere gregari, fornendo quindi ai microrganismi l’opportunità di colonizzare altri ospiti. Non a caso, confrontando i microbiomi dei volontari a cui era stata diagnosticata la depressione con quelli di persone non depresse, due tipi di batteri – Coprococcus e Dialister – che erano comuni nelle viscere dei partecipanti sani, ma assenti nei depressi, sono dimostratamente in grado di produrre sostanze antidepressive. Anche se questa non è una prova definitiva, essa va considerata insieme ai numerosi altri dati prodotti in modelli animali che indicano come effettivamente il microbioma intestinale sia in grado di alterare il comportamento di ratti e topi. In particolare, roditori “germ free”, prodotti attraverso parto cesareo in ambienti sterili, non sono in grado di riconoscere altri topi e mostrano un comportamento simile all’ansia e alla depressione umane. È possibile ripristinare un comportamento più normale introducendo alcuni ceppi di batteri nel loro intestino. Forse un giorno cureremo la depressione al modo in cui si è fatto nei topi, modulando la composizione della nostra stessa flora intestinale; nel 2024, in particolare, avremo i primi risultati di qualche prova clinica che ha proprio questo obiettivo.

 

Riflettiamoci bene. Non solo ci siamo tutti evoluti a partire da cellule batteriche; non solo i nostri antenati più remoti hanno incorporato intere cellule batteriche, che oggi formano i mitocondri delle nostre cellule; non solo il nostro genoma porta le tracce di continua integrazione del Dna di virus; non solo assorbiamo nutrienti fondamentali solo grazie alla nostra flora intestinale; non solo, infine, il nostro sistema immunitario è aiutato nella sua maturazione dalla moltitudine di batteri che acquisiamo fin dalla nascita. Il fatto è che anche il nostro stesso cervello, forse i nostri stessi pensieri e quasi certamente il nostro umore sono influenzati dai miliardi di cellule e dalla vasta varietà di programmi genetici e biochimici che albergano nell’ecosistema intestinale. “Sono vasto, contengo moltitudini”, scrisse Walt Whitman; e questa frase, alla luce di quanto stiamo imparando, non è mai sembrata così vera.

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