AGI – Sono 33mila, per lo più persone senza lavoro, precari e piccoli negozianti, gli aderenti a ‘Noi non paghiamo le bollette’, il movimento che conta ormai comitati in una ventina di regioni che organizzano ogni giorno banchetti e proteste. E uno dei loro quesiti di battaglia è: “Perché lo Stato spende miliardi per comprare le armi da mandare in Ucraina e noi siamo abbandonati?”.
“Decidiamo le mosse con gli avvocati”
Francesco Tramontano di Napoli, 35 anni, laureato in Storia, lavori saltuari, è uno dei leader anche se, spiega in un’intervista all’AGI, “siamo un’organizzazione orizzontale, ben radicata sul territorio, in cui i portavoce cambiano di volta in volta”. Trentatremila è il numero dei sottoscrittori del ‘manifesto’ dei ‘Noi non paghiamo’, così si definiscono per brevità nel logo giallo e nero affisso in strade e negozi, proposto su una piattaforma in cui si confrontano gli attivisti e i sostenitori.
“Un numero che è una goccia nel mare dei 5 milioni che già non avrebbero pagato le bollette – dice -. Noi ci siamo dati come termine ultimo il 30 ottobre per cominciare con le revoche delle domiciliazioni bancarie: se non avremo aiuti inizieremo a non pagare. Del resto l’aternativa è: ‘O pago, o non metto il piatto in tavola’. Intanto, ci stiamo confrontando con gli avvocati su come procedere in modo da non danneggiare ulteriormente chi già sta subendo la crisi. Non siamo per il ‘muro contro muro’, se avremo risposte ci fermeremo”.
“Se ci sono soldi per l’Ucraina devono esserci anche per noi”
Al momento, il possibile abbassamento dei costi delle bollette grazie all’accordo europeo non li rasserena.
Il movimento è nato propria nella città campana, “in modo spontaneo e a Napoli ha raccolto tantissimi disoccupati e precari, poi è chiaro che si declina in base alle singole regioni, al nord ci saranno più piccoli commercianti”.
Tra i temi spesso richiamati negli eventi in piazza, che culmineranno in un grande corteo previsto a Napoli il 5 novembre, c’è lo spiegamento di risorse per la guerra messo in relazione all’”inferno in terra” che sta vivendo chi fatica a pagarsi luce e gas. “Ragioniamo sulle ricadute sociali che hanno le spese per la guerra – chiude Tramontano -. Quando giro per i mercati, la gente domanda: ‘Ma come, hanno tutti questi soldi per aiutare l’Ucraina e non per noi?’. E dietro questa domanda c’è un modello di società che trascura scuola, sanità, infrastrutture e ambiente che vorremmo cambiare dal basso. Partiti? Non ci interessa, siamo trasversali”.