• 6 Dicembre 2025 18:31

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Horner, le cause reali dell’addio a Red Bull: perché Ferrari non è un’opzione

Lug 10, 2025

Red Bull saluta Horner con effetto immediato. Una storia che si conclude proprio ieri, dopo più di quattro lustri di collaborazione vincente. Le ragioni relative alla separazione tra le parti al momento restano sconosciute ufficialmente e con ogni probabilità la faccenda resterà tale. I temi di discussione non mancano però, e su tutte spicca una situazione legata a Porsche che va analizzata per capire la situazione che si era venuta a creare.

Il passo indietro su Porsche: capitolo mai digerito dai vertici Red Bull

La collaborazione formalizzata con Porsche fu interrotta da un blocco di Horner. Una decisione che provocò forte irritazione in Dietrich Mateschitz, fondatore Red Bull, che però si trovava in una fase drammatica della sua vita a causa di una malattia oncologica. Per questa ragione non fu nelle condizioni di intervenire. Se questa criticità non fosse sopraggiunta, l’allontanamento di Christian sarebbe probabilmente avvenuto già tempo fa.

Con la morte del fondatore, gli equilibri interni al team subirono un rimescolamento sostanziale. Horner aveva avanzato l’intenzione di entrare nel capitale della struttura sportiva. Un po’ quello che ha fatto Wolff con Mercedes, detentore di un terzo della scuderia tedesca. Proposta che non venne accolta e contribuì a creare dissapori all’interno del team, creando una vera e propria faida.

Tuttavia, la serie di successi collezionati negli ultimi anni rese impraticabile qualsiasi tentativo di allontanare il dirigente britannico dai suoi ruoli apicali. D’altra parte, sei titoli iridati in quattro anni erano il biglietto da visita di Horner, forte di una posizione solidissima. Ma con l’abbandono di Newey la squadra è piombata in una “depressione tecnica” notevole, contesto che va sommata a vari addii dolorosi (vedi Jonathan Wheatley).

Un’eventuale rimozione del vertice tecnico più vincente della storia dopo una sola stagione di insuccessi non avrebbe molto senso. O per lo meno lo avrebbe soltanto in presenza di una strategia più ampia, concepita dalla direzione austriaca responsabile delle attività sportive del marchio, che poteva prevedere o un graduale ritiro dalla Formula 1 oppure una cessione progressiva simile all’operazione messa in atto da Audi con Sauber.

La retromarcia effettuata nel 2022, quando l’accordo con Porsche sembrava ormai definito, rappresenta tuttora un elemento di attrito mai completamente sanato. E proprio ieri, dove l’evidenza di un’annata in cui non arriverà nessun titolo iridato a Milton Keynes, è stato consumato l’atto finale contro Horner. A essere punita è la sua convinzione di considerare Red Bull Racing un’entità propria, sulla quale avere pieni poteri decisionali.

L’espediente perfetto per silurare Horner

Le motivazioni legate a Verstappen hanno il suo perché. Si racconta che l’entourage del quattro volte campione del mondo volesse un demansionamento del manager originario di Leamington Spa. Voci messe in circolo ad arte, fomentate dalla compagine austriaca per raggiungere lo scopo. Uno stratagemma perfetto per nutrire l’obiettivo, facendo leva sull’insoddisfazione di Max. Una sorta di grimaldello per convincere l’altra parte del team.

Parliamo di quella tailandese, capeggiata da Chalerm Yoovidhya. L’imprenditore originario di Bangkok aveva supportato Horner a spada tratta durante lo scandalo legato alla dipendente X, dando il massimo supporto al britannico che la fazione austriaca voleva rimuovere. Tuttavia, davanti all’insoddisfazione di Max e alla concreta possibilità di accasarsi alla Mercedes, il manager asiatico si è allineato con il resto della proprietà.

Ferrari, l’improbabile destino di Christian

L’accostamento tra Horner e il Cavallino Rampante è naturale. Specie nel momento in cui la storica scuderia italiana sta facendo acqua da tutte le parti e le ombre sul rinnovo di Frederic Vasseur, che tarda ad arrivare, alimentando e non poco la suggestione di vedere Horner al comando della Ferrari. Tuttavia, la destinazione italiana sembra piuttosto improbabileper una ragione molto chiara.

Anzitutto, Christian vuole pieni poteri. Un po’ quello che ha chiesto all’epoca Newey per valutare seriamente la proposta del team di Maranello. Uno scoglio di per sé decisamente insormontabile, in quanto il team italiano non vuole mettere nelle mani di un solo individuo le sorti della gestione sportiva. E tanto meno offre cariche di amministratore delegato. Figuriamoci poi se vuole cedere quote di partecipazione del team. Impossibile.

Inoltre, negli ultimi mesi, Christian aveva già rifiutato l’offerta del presidente John Elkann, in quanto riteneva che uno scenario futuribile alla Rossa non avesse le caratteristiche lavorative che il britannico pretende per lanciarsi in una nuova sfida. Da qui il “no grazie” recapitato in Via Abetone Inferiore 4. Sembra strano a dirsi, ma la soluzione Alpine potrebbe essere quella giusta, considerando che, alla stregua di Newey, Horner avrebbe tutto quello che gli serve per costruire da zero un grande team.

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