Per scrivere di motociclismo, è quasi fondamentale conoscere le moto, guidarle. Un collega e amico mi ricorda sempre con una sua proverbiale battuta che a vedere le gare si va in moto. Quale occasione migliore per provare la Honda CL500 se non il round di Imola del WorldSBK? Abitando a pochi chilometri, ho approfittato per utilizzare la scrambler giapponese per recarmi tutte le mattine del weekend di gara all’Autodromo Enzo e Dino Ferrari e questa bicilindrica dal sapore retrò ha mostrato tutto il suo potenziale, generando emozioni trasversali. Al momento è l’unica moto sul mercato progettata e realizzata per i patentati A2 e non ne esiste una versione maggiore depotenziata, pertanto è un prodotto originale in tutto che sfrutta ogni sua parte meccanica al cento per cento. Vediamo com’è andata.
Appena ritirata la moto, mi sono reso conto che non avevo per le mani un mezzo che mi avrebbe ucciso di potenza e accelerazione, ma che puntava a farmi scoprire il piacere della guida con gusto e leggerezza. La CL500 si colloca in un segmento di linee che richiamano la semplicità del passato, ma di tendenza moderna. Tra le cose che esteticamente colpiscono di più c’è il serbatoio dalla forma sinuosa che mette l’accento sul genere con due cuscinetti di protezione per le gambe laterali molto funzionali e si lega molto bene con lo scarico alto. Fanale anteriore, indicatori, specchietti retrovisori e cruscotto sono tondi in stile classico e il telaio, il manubrio e le altre parti intorno al motore sono verniciate di nero. Senza cromature, la mia colorazione è la MATTE GUNPOWDER BLACK METALLIC e si abbina veramente a tutto quello che la circonda.
Pur essendo una moto semplice, si rende riconoscibile per tantissimi dettagli. Ad esempio i soffietti che coprono la forcella da 41 mm sono molto belli, oltre che funzionali e la sella trapuntata nello spazio guidatore, è larga e comoda, specialmente per girarci in due. La chiave si inserisce lateralmente a sinistra, mentre lo sterzo si blocca con un dispositivo a sinistra della forcella. E’ un modello che ben si addice alle taglie small, ma anche chi supera ampiamente il metro e ottanta, si trova proprio agio grazie al manubrio alto e il posizionamento delle pedane centrali che conferiscono controllo massimo in una posizione di guida bilanciata. Il telaio in tubo a traliccio e il motore sono i principali elementi a vista e riempiono bene lo spazio con una forma che non stanca lo sguardo.
Di luce a terra ce n’è quanta ne basta e ti permette di sfruttare bene la spalla della gomma nella guida stradale, senza toccare l’asfalto. Con i cerchi in lega in tinta e un freno a disco ciascuno, la ruota davanti misura 110/80 R19, dietro 150/70 R17, entrambe Dunlop Trailmax Mixtour e il tassello è adatto all’asfalto quanto efficace su una strada bianca. Così come sono giovevoli i due ammortizzatori posteriori Showa da 45 mm a cinque livelli di precarico.
L’ABS è calibrata per intervenire in modo non invasivo in tutte le condizioni, anche su fondo sterrato. Ho provato ad insistere con la frenata e si è azionata all’occorrenza trasmettendomi un gran senso di sicurezza. La strumentazione di bordo è ridotta al minimo e il display digitale indica il livello del carburante, la velocità, la marcia, i diversi conteggi del chilometraggio, l’ora e le spie sono a scomparsa. Il motore è un bicilindrico otto valvole da 471 cc che sviluppa 46,6 Cv, il cambio è a sei marce con la prima e la seconda molto ridotte e ti permette di sfruttare meglio una marcia superiore anche in manovre a bassa velocità, senza sentire il propulsore battere il tempo come i White Stripes.
Osservarla con sotto mano l’elenco di tutte le caratteristiche fa capire come sia piena di soluzioni dedicate ai neopatentati, ma guidarla è emozionante. Grazie alle prime due marce corte, le partenze sono a dir poco brucianti e il passo si allunga solo dalla terza in su. Ciò aiuta venire fuori dalle situazioni di stallo e dal traffico in un “fazzoletto” e una volta usciti dagli ingorghi cittadini, si può accelerare senza che il bicilindrico faccia “muro”.
Andando in circuito nell’ora di punta è un piacere buttarla nel traffico mattutino perché raggiunge la meta senza problemi trovare lo spazio per passare. Ogni semaforo è uno scatto verso la destinazione successiva e si guida veramente bene, molto meglio di altre motociclette di grosso calibro, non solo nella cilindrata. Raggiungere l’autodromo di Imola è più complicato che in altri posti poiché si tratta di un impianto permanente in città, quasi in centro. Per chi conosce la zona non è un problema, ma in quei giorni la viabilità cambia temporaneamente e con la CL500 mi sono trovato a fare percorsi alternativi. Conoscevo anche quelli e potendomi orientare a vista e a memoria, mi sono goduto lo spunto e l’agilità del motore tra le colline del Santerno.
foto alex ricci
Una volta parcheggiata, attira lo sguardo e molti mi hanno chiesto che modello fosse. Piace tantissimo e chi mi ha fatto domande non ha minimamente accennato alla potenza o alla cilindrata, ma è rimasto ben colpito nell’insieme. Effettivamente ricorda altri modelli maggiori di altre marche, ma brilla di una luce tutta sua che la rende particolarmente originale. Come dicevo, il tracciato di Imola si sviluppa lungo le rive del fiume Santerno e si divide in una parte iniziale pianeggiante per poi salire lungo le colline. Si snoda tra strade aperte al traffico, aree pubbliche e proprietà private.
Questa Honda si è mostrata l’ideale per raggiungere i vari punti storici del percorso come la “Variante alta” o la “Rivazza”, salendo lungo le vie che si incrociano con la pista, sia da solo che in due. Il passeggero è infatti molto comodo dietro e non rischia scottature di marmitta data l’alta protezione di tutta la parte dello scarico scoperto. Anche le pedane permettono alla compagna di viaggio di non tenere le ginocchia all’altezza delle orecchie, ma sta seduta come chi guida. Usandola nella vita quotidiana, andando a una gara per lavoro, ci si rende conto di quanto sia la moto di tutti i giorni e possa accontentare chiunque voglia salirci per un giro anche senza un abbigliamento tecnico e caricare la fidanzata con la gonna per andare ad una serata al mare, è un grosso vantaggio e un bel modo di apprezzarla in ogni occasione. Scesa l’oscurità, le luci penetrano il buio molto bene con le due coppie di led del fanale anteriore che, come ho potuto notare, non abbagliano le auto in senso opposto anche con il carico di una persona dietro.
Venendo alla guida pura, il motore ha un suono gutturale che si percepisce greve e intenso dagli scarichi soprattutto tra le case o in un tunnel. Spinge bene, come detto, le prime due marce sono veramente corte, ma appena slegata, si lancia in una guida agile e frizzante. Comoda e bella, si possono fare pieghe fino a mettere il ginocchio sull’asfalto e con un po’ di rapidità nei comandi, alza anche la ruota davanti in partenza. Non supera i 150 Km/h di punta, ma il motore gira bene e non sembra non arrivare mai in fondo, anzi, la sesta stabilizza molto bene il passo nelle lunghe distanze. Il meglio però lo offre ad una velocità tra gli 80 e i 90 orari. Un’andatura che, se tenuta mediamente, ti permette di goderti tutto il percorso e le doti di questo mezzo, oltre che consumare pochissimo. I dodici litri di capacità del serbatoio sembrano infiniti e ho constatato che ai prezzi odierni, con un euro di benzina si superano facilmente i venti chilometri. In aperta campagna dà il massimo godimento e per tornare a casa la sera, ho scelto spesso un percorso diverso dall’andata. Strade strette, campi di grano, piccoli ponti, canali e paesi sono il suo habitat e ti sembra di vivere in un film fino all’arrivo.
In conclusione l’Honda CL500 è il massimo compromesso per chi cerca una moto semplice, ma dal potenziale entusiasmante. Il massimo per un neopatentato che vuole vivere l’ebbrezza di un mezzo sempre pronto, completo, capace di divertire con poco e che si rivela tutt’altro che scontata, proprio perché pensato su misura del motociclista del nuovo millennio. In realtà, anche un esperto ne capirebbe il senso e il grande valore che Honda ha trasmesso a una delle più belle tra le scrambler in circolazione. Già, perché dopo averla usata tutti i giorni per un po’, sento solo la voglia di girare la chiave e ripartire. E poi lo sappiamo che una moto è solo una moto, finché non la guidi.
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