AGI – I mercati arretrano e sono nervosi e incerti, per il timore di uno shutdown negli Stati Uniti e poichè la prospettiva di un calo più lento dei tassi di interesse statunitensi ha eroso la propensione al rischio degli investitori. In Asia oggi i listini sono deboli e i future a Wall Street e in Europa perdono colpi dopo una chiusura poco mossa ieri a New York, mentre il dollaro continua a mostrare i muscoli ed è al top da due anni, in attesa dei dati odierni del Pce.
La previsione è che l’indice dei prezzi Usa preferito dalla Fed salga dello 0,2% mensile a novembre e qualsiasi sorpresa al rialzo potrebbe indurre i mercati a ridurre ulteriormente le scommesse per un allentamento della politica monetaria statunitense il prossimo anno. Al momento i trader non scontano pienamente una riduzione del costo del denaro negli Stati Uniti fino a giugno e si aspettano solo 37 punti base di tagli dei tassi da parte della Federal Reserve nel 2025, cioè meno di due tagli, dopo che la banca centrale statunitense è diventata aggressiva nell’ultima riunione dell’anno.
La scommessa adesso è che i tassi resteranno al 3,9% entro la fine del 2025, molto più in alto rispetto a pochi mesi fa. Questa prospettiva ha avuto un impatto pesante sul mercato obbligazionario, dove il tasso del 10 anni è risalito sopra il 4,5% nelle ultime due settimane, tornando al top da maggio. Nel frattempo in Asia i listini sono in calo e si dirigono verso una discesa settimanale del 2,6%. La Borsa di Tokyo scende leggermente dopo che i prezzi al consumo in Giappone sono stati superiori alle attese a novembre e l’inflazione di fondo è rimasta oltre il target del 2% della Boj, rafforzando la prospettiva di ulteriori aumenti dei tassi da parte dell’istituto.
Tutto cio’ è avvenuto dopo che la banca centrale nipponica ha mantenuto invariati i tassi e il governatore Kazuo Ueda ha ribadito l’intenzione di rialzare i tassi. Negative le Borse di Shanghai e di Hong Kong e anche i rendimenti dei titoli di Stato cinesi a breve termine sono scesi ai minimi dal 2009, dopo che la banca centrale di Pechino ha mantenuto invariati i tassi di interesse chiave sui prestiti, nonostante i trader continuino ad aspettarsi un aumento degli stimoli da parte delle autorità di Pechino. Va male anche la Borsa di Seul che perde oltre l’1,3%, penalizzata per l’accresciuta incertezza politica nel Paese e per le forti perdite dei produttori di chip locali.
Negli Stati Uniti, la Camera ha respinto ieri sera un disegno di legge sui finanziamenti sostenuto da Donald Trump e preparato in collaborazione con Elon Musk. Ora il Congresso ha solo 24 ore per trovare un accordo per evitare lo shutdown delle attività di governo. I future procedono deboli a Wall Street, dopo la chiusura di ieri debole e mista, pur segnando un leggero rimbalzo dopo aver registrato mercoledì il peggiore sell-off dallo scorso agosto. A pesare in questo momento sono le future politiche inflattive del presidente eletto Donald Trump, che stanno offuscando le prospettive economiche in tutto il mondo.
Oggi, oltre al Pce Usa, che sarà accompagnato dai dati sulla spesa personale e sul reddito negli Stati Uniti a novembre, usciranno anche i numeri dell’indice Michigan sulla fiducia dei consumatori a stelle e strisce, mentre in Europa sono attese le vendite al dettaglio in Gran Bretagna a novembre e i prezzi alla produzione in Germania, in Francia e in Italia. Intanto sempre in Europa i future sull’EuroStoxx arretrano dopo che ieri i listini hanno chiuso in calo, con Milano maglia nera. Nel Regno Unito, la Bank of England ha deciso di mantenere il tasso di riferimento invariato al 4,75%, ma gli investitori continuano ad aspettarsi altri due tagli il prossimo anno, anche se Andrew Bailey ha chiarito che non sa dire “quando o in che misura” l’istituto allenterà la politica monetaria, “tenendo conto della crescente incertezza che grava sull’economia”.
In Asia i prezzi del petrolio sono ancora in calo anche a causa delle preoccupazioni per la bassa crescita della domanda nel 2025, specie in Cina. I future sul Wti e sul Brent arretrano di circa mezzo punto percentuale con il petrolio americano sotto i 69 dollari e quello del Mare del Nord sopra i 72 dollari al barile, ed entrambi i benchmark sono sulla buona strada per chiudere la settimana in calo di quasi il 3%.