• 1 Marzo 2025 5:08

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Graveyard Keeper per Nintendo Switch Recensione

Lug 13, 2019

Graveyard Keeper, uscito poco meno di un anno fa per Xbox One e PC, è un sim game caratterizzato da notevoli ibridazioni, che hanno dato vita ad un gameplay particolarmente complesso e frastagliato, sulla falsa riga del più omogeneo e famoso Stardew Valley. Il gioco di Lazy Bear Games è approdato quest’estate anche su Switch, console indubbiamente ben disposta nei confronti dei videogames indie e, più in generale, di quel tipo di giocate mordi e fuggi. La versione PC di Graveyard Keeper è già stata ampiamente recensita da Tom’s Hardware in questo ottimo articolo. In questa sede, quindi, non appare necessario ripercorrere pedissequamente la struttura di gioco e di trama del prodotto, se non attraverso un ripasso a volo d’uccello utile per contestualizzare l’analisi del titolo su Switch.


Un piccolo ripasso

GraveyardKeeper è la storia di un uomo qualunque che, apparentemente morto, si ritrova in una sorta di dimensione parallela, un eterno Medioevo contraddistinto da pratiche magiche, personaggi misteriosi e intrighi politico-religiosi. Il ruolo affibbiato quasi a forza al protagonista è quello di Becchino e Custode della chiesa del Villaggio, compito quanto mai gravoso e complesso. Da questo momento il videogame si dipana attraverso una struttura che, come già detto, ricalca a volte quasi passo passo il notissimo Stardew Valley, richiedendo al giocatore di raccogliere risorse, costruire edifici, mettere in moto piccole catene di produzione e via discorrendo.


Da questo punto di vista, come abbiamo avuto modo di notare l’anno scorso, il gameplay risulta troppo farraginoso e complesso per poter essere goduto appieno. Ogni zona produttiva – da quella agricola a quella mineraria, passando per quella “industriale” – presenta un limite di costruzione, ragion per cui solo gli oggetti autorizzati per la zona compatibile possono essere innalzati in quei punti. In più l’inventario del crafting, anche se condiviso con le casse da posizionare a terra, è sensibile a questo blocco: il risultato è che per edificare una miniera nella zona alta della mappa si dovranno prendere le risorse raffinate in quella centrale, con uno sgradevole andata-ritorno che si ripresenta ciclicamente durante l’intera partita.


Si tratta di un difetto di gameplay che rende frustrante l’esperienza, non certo di un espediente di game design tale da aumentare la difficoltà, così come detto in critiche passate. A ciò si aggiunge – ma questo sì, è un espediente – la complessità del gioco, soprattutto per quanto riguarda il crafting e gli incastri necessari per avviare determinate produzioni, che da intricate diventano sgradevoli nel momento in cui si passano decine di minuti a percorrere avanti e dietro la mappa. In tal senso, paradossalmente, la consoleNintendo aiuta il giocatore, grazie alla possibilità di giocare nei ritagli di tempo, magari lasciando direttamente in pausa il software, potendo quindi procedere con lentezza ma cumulativamente ai progressi della storia.

Switch bene, ma non benissimo

Graveyard Keeper è stato, tutto sommato, un’occasione mancata: a questo ginepraio che è il gameplay si accompagna una trama interessante, delle vicende contraddistinte da un black humor elegante e raffinato, oltreché una grande cura grafica. Si tratta, quindi, di un prodotto che sarebbe potuto decollare (e avrebbe potuto divertire) molto di più e molto meglio di quanto non abbia fatto. Nonostante questo, rimane un videogioco da non trascurare: con le dovute accortezze e con una buona dose di pazienza, rimane un’esperienza interessante.


La Switch, come già accennato, probabilmente aiuta l’esperienza, soprattutto nell’ottica della portatilità (e con l’arrivo di Switch Lite il discorso si va a confermare in tal senso). Le magagne di Graveyard Keeper possono essere tranquillamente sorpassate, grazie ad un approccio più casuale e disimpegnato, che certo non elimina in toto i problemi, ma risulta comunque in una giocata meno nervosa. Il prodotto, inoltre, è stato tradotto in italiano, pur lasciando qualche dubbio riguardo alla bontà linguistica dell’operazione. A questo si aggiunge un comparto grafico che presenta una pixel art interessante e molto accurata, perfetta per la resa dello schermo della Switch, che nella versione “tascabile” è indubbiamente meno competitivo di PC e altre console.

La trasposizione sull’apparecchio di casa Nintendo non ha portato novità dal punto di vista dei contenuti, prestandosi abbastanza bene all’approccio portatile. Vanno segnalate alcune sbavature: in primis una mappatura dei tasti bislacca, che non utilizza tutti i bottoni disponibili (davvero stravagante, vista la pletora di attività espletate dal nostro PG); inoltre vi sono alcune imperfezioni per quel che concerne le dimensioni su schermo, che non sono sempre convertite a dovere, soprattutto per quel che riguarda i boxtestuali, i quali spesso “sfuggono” ai limiti visivi del display. Anche il menu e l’inventario, featuresfondamentali in un titolo così attaccato al crafting ed alla raccolta delle risorse, non rispondono sempre in maniera perfetta alla croce direzionale, comportando qualche problemino di troppo.


Nel complesso il porting su Switch ci è apparso frettoloso e poco accurato, forse a causa dell’oggettiva predisposizione di Graveyard Keeper alla console Nintendo, una caratteristica che potrebbe aver tranquillizzato eccessivamente gli sviluppatori nel trascurare alcuni elementi marginali rispetto alla struttura di gioco, ma fondamentali per rendere l’esperienza fluida e piacevole. Rimane il fatto che il videogame frutta molto di più in situazioni portatili rispetto al gaming “tradizionale”, salvando di fatto un eventuale acquisto.

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