Roma, 6 febbraio 2021 – L’apertura di Matteo Salvini “senza condizioni” al premier incaricato Mario Draghi durante le consultazioni per il nuovo governo rimescola le tessere del complesso puzzle della maggioranza. Dopo l’ok – tutt’altro che scontato e che ha creato molto malumore interno – del Movimento 5 Stelle, il via libera (questo sì, più prevedibile) di Forza Italia e il no di Giorgia Meloni, che pure ha lasciato uno spiraglio aperto per convergere su singoli provvedimenti, la partita, soprattutto per l’ala sinistra, si complica.
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LeU si chiama fuori
L’ok di Salvini, di fatto, spinge fuori LeU dal possibile perimetro della maggioranza. “L’alleanza Pd-M5S-LeU è uno spartiacque – ha detto la capogruppo al Senato, Loredana De Petris, al termine dell’incontro con Draghi -, ci sono confini che rendono incompatibili i nostri temi con la presenza di forze come la Lega”. Una posizione che difficilmente cambierà. Da decidere, però, il destino del ministro della Salute, Roberto Speranza (Articolo Uno), in prima linea nella lotta al Coronavirus: la continuità in un ministero chiave è auspicata da più parti.
Le mosse del Pd
Ma i fari sono puntati sul Pd. Cosa faranno i democratici, accetteranno un governo, sia pure di ‘salvezza nazionale’, con la Lega? Vedremo fianco a fianco ministri di partiti da sempre contrapposti? Al momento, Nicola Zingaretti tiene la linea, tanto che in tarda mattinata, dopo che si stava diffondendo la voce di una riflessione su un possibile appoggio esterno al nascente esecutivo, proprio per non ‘mischiarsi’ con il Carroccio, è arrivata una secca smentita. “Sono totalmente infondate le notizie di un eventuale appoggio esterno al governo – si legge nella nota del Nazareno – . La posizione del Pd è stata votata dalla direzione nazionale all’unanimità e illustrata al professor Draghi”. La via maestra, il deputato dem Enrico Borghi la trova nelle parole del presidente della Repubblica: “Ma abbiamo ascoltato Mattarella o no? È un governo che non ha una ‘formula politica’. C’è bisogno di un traduttore? Non siamo noi ad aver cambiato idea su euro, Ue e Nato, non cadiamo nella trappola di Salvini”.
La replica di Orlando
Quasi a volersi dare forza, Andrea Orlando, vice segretario del Pd, twitta sarcastico: “Un primo effetto l`incarico a Draghi l`ha avuto. Salvini è diventato europeista in 24 ore”. Ma la partita è tutt’altro che facile. Innanzitutto in termini di consenso elettorale: prima o poi – nel 2022 o, più probabilmente, nel 2023 – si andrà a votare, e restare fuori dal governo che vuole ‘salvare l’Italia’ potrebbe essere penalizzante. Ma, sull’altro piatto, c’è la questione dell’identità di un partito che rischia di snaturarsi su temi chiave su cui la vede in modo completamente diverso dalla Lega.
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