AGI – È il trucco più vecchio del mondo o forse non è nemmeno un trucco: è solo così che va il mondo. Le nuove tecnologie, quelle destinate a rivoluzionare davvero il nostro modo di vivere, si presentano prima come simpatiche bizzarrie senza cui si può tutto sommato fare a meno, poi diventano importanti, essenziali, irrinunciabili e infine pervasive.
Il più banale degli esempi lo avete in mano in questo momento: ai suoi esordi la maggior parte delle persone pensava che il cellulare fosse uno strumento destinato solo a chi aveva davvero bisogno di essere sempre reperibile – dal cardiochirurgo in su – una specie di forma evoluta del cercapersone (ve lo ricordate il Teledrin, vero?)
Ora, non è un mistero per nessuno, è il turno dell’Intelligenza artificiale, verso la quale il pubblico ha un atteggiamento ondivago: ama poter spazzare via con un solo gesto i fastidiosi turisti in ciabatte dalla foto del matrimonio o scrivere una tesina di scuola media in una manciata di secondi, ma sbraita di fronte alla angosciante prospettiva che l’IA assuma il controllo del mondo e non spazzi via più solo il tizio in ciabatte, ma l’intera umanità.
La verità, come sempre, è da qualche parte nel mezzo e ancora nessuno la conosce. Il refrain più azzeccato, però, appare quello secondo cui tutti vorremmo che l’IA ci liberasse delle incombenze più fastidiose per lasciare spazio alla nostra creatività e invece allo stato attuale sta accadendo esattamente il contrario.
A chi spetta il compito di far fare pace all’intelligenza naturale con quella artificiale? Ma allo strumento di uso più comune, ovviamente, che – tolte forchette e carta igienica – è lo smartphone. Per questo la sfida dell’IA, quella vera, passa per lo smartphone. È lui la vera ‘testa di ponte’ che permetterà non solo a noi di prendere confidenza con uno strumento che, è bene ricordare, non è fatto solo di applicazioni bizzarre, ma alle aziende di capire quali sono le vere prospettive di sviluppo.
Ne abbiamo parlato con Arne Herkelmann, Head of Product Management di Oppo, la casa cinese che dopo la coreana Samsung è stata la prima a lanciare sul mercato europeo uno smartphone dotato di IA anche nelle sue versioni ‘base’: il Reno 12.
Quali sono le principali applicazioni dell’intelligenza artificiale in uno smartphone attualmente sul mercato?
Al momento quello che l’utente può usare è nelle funzionalità fotografiche: dallo scatto della foto al fotoritocco.
Non è un po’ limitante mobilitare l’intelligenza artificiale per eliminare un tizio in canottiera dalle nostre foto delle vacanze?
Sì e no. Ci sono ovviamente funzionalità di produttività e a livello di sistema, ma quello che è più immediato mostrare all’utente sono le funzionalità di fotoritocco. Cose come scegliere le espressioni migliori in diversi selfie di gruppo per poi creare la foto perfetta, ad esempio una in cui tutti abbiano finalmente gli occhi aperti.
Di nuovo: non è un po’ poco?
No, se pensiamo al lavoro che c’è dietro. Basti pensare all’attività necessaria per rimuovere una sfocatura o la distorsione dal bordo dei selfie. Ci concentriamo sulla ritrattistica, sulla fotografia, sullo scattare foto alle persone: attività che è stata il punto di riferimento per gli utilizzatori di smartphone negli ultimi anni. Ma questo, ovviamente, è quello che si vede. Poi ci sono le prestazioni di sistema e della batteria. Oggi si parla molto di intelligenza artificiale generativa e di large language model, la tecnologia di IA avanzata incentrata sulla comprensione e sull’analisi del testo e preaddestrata con grandi quantità di dai. Ma molti dimenticano che il l’IA è già stata nella telefonia, solo che prima si chiamava semplicemente machine learning e all’epoca non se ne faceva un gran discutere e quasi non se ne aveva consapevolezza.
Quando guardiamo all’ultima serie che abbiamo prodotto, ad esempio, l’intelligenza artificiale trova applicazione nella rete per il controllo della comunicazione, così da assicurare di avere sempre il segnale migliore, ottimizzando il momento in cui passare da un Wi-Fi all’altro o da una rete mobile al Wi-Fi. Basti pensare ai tempi di riconnessione che ci sono quando si esce da un ascensore o da un parcheggio sotterraneo e si torna al segnale in superficie. Esiste un modello di IA che comprende come ci si muove e come il segnale scompare e ritorna e usa queste informazioni per ottenere il segnale molto più velocemente di prima.
È corretto parlare di democratizzazione dell’intelligenza artificiale attraverso lo smartphone, cioè di dare accesso a questa risorsa davvero a tutti? E quale sarà il prossimo passo dell’IA in questo settore?
Tutta l’intelligenza artificiale sta facendo processi senza che la gente se ne accorga. Controllo di rete, della RAM, della CPU, dell’alimentazione e della carica della batteria. Oggi usiamo l’IA per apprendere i modelli di utilizzo di ogni singolo utente e capire, ad esempio, se è meglio che il telefono si ricarichi durante la notte o quando è necessaria la carica veloce rispetto a quella standard. Questo ci permette di ottimizzare la durata della batteria. Sono cose alle quali le persone non fanno caso perché l’attenzione in questo momento è rivolta all’intelligenza artificiale generativa, quindi il fotoritocco e le applicazioni video. Sono un caso d’uso ma molto verrà dal miglioramento delle funzionalità dell’assistente e della produttività: tutto quello che serve a creare un’esperienza d’uso più utile e agevole.
C’è ovviamente una nota amara: ovvero la gestione dei dati e della privacy. Oppo è una azienda cinese che sta raccogliendo i dati che passano attraverso l’intelligenza artificiale nei suoi smartphone. Dove stanno andando e cosa ne verrà fatto?
Tutto ciò che Oppo fa in Europa segue le leggi europee, quindi siamo pienamente conformi al GDPR e ai regolamento di ogni Paese in cui siamo presenti. L’uso dei dati a livello di sistema, rimane sempre sul dispositivo e quando parliamo di funzionalità supportate dal cloud o di funzionalità A ibride come Studio o Eraser, abbiamo un server qui in Europa. Il nostro stesso modello è stato formato qui in Europa. In base alla legge europea, i dati non lasciano mai l’Europa. Quando si tratta di generare immagini, le cancelliamo subito dopo averle generate. Quindi non raccogliamo dati dall’utente e non abbiamo alcun interesse a raccoglierne.
State collaborando con altri produttori in artificiale intelligenza?
Si assolutamente. Stiamo collaborando con Google su Gemini e abbiamo recentemente annunciato una collaborazione con Microsoft
State pensando di avere le funzionalità di IA in tutta la gamma di smartphone, dal più economico al top di gamma?
La nostra strategia è quella di portare le caratteristiche dell’IA generativa a più utenti e per garantire che più persone possano giocarci, sperimentarla e divertirsi avendo benefici nella vita quotidiana. Entro la fine dell’anno vogliamo avere 50 milioni di telefoni Oppo alimentati dall’intelligenza artificiale.
Le persone usano l’intelligenza artificiale per divertimento o cercano in un’intelligenza artificiale un modo per disfarsi delle incombenze quotidiane?
Giocare con l’IA ti aiuta a prendere confidenza con essa, ma alla fine devi farci qualcosa, devi usarla per qualcosa di veramente utile. L’evoluzione dell’IA è così veloce che per la maggior parte delle persone è davvero difficile tenere il passo con ciò che accade e hanno bisogno di un po’ di tempo per familiarizzare. Avere un approccio giocoso è un modo per avvicinare le persone all’intero concetto. Quello che vediamo, soprattutto in Cina, è che gli utenti utilizzano alcune funzioni in media 15 volte al giorno – che è un’enormità – e il numero è in rapido e costante aumento. Le funzionalità basate sull’IA permettono, invece di leggere un articolo completo su un sito, di averne una sintesi. Oppure, invece di esaminare tutta la registrazione audio di una riunione, di averne un riassunto per punti chiave. In Cina abbiamo attivo un assistente IA – che non abbiamo lanciato in Europa – al quale ogni mese aggiungiamo almeno una nuova funzionalità. Una, ad esempio, permette di rilevare le chiamate fraudolente e aiuta gli utenti a evitare le truffe
Esiste un approccio diverso all’IA tra gli utenti cinesi e gli utenti europei?
In Cina c’è una grande fame di funzionalità legate all’IA e gli utenti sono ansiosi di ottenerne di nuove, di saperne di più, di usarle. In questo momento il mercato cinese si sta muovendo più velocemente di quello europeo. La Cina ha una popolazione enorme con un solo set di regole, in Europa bisogna fare i conti con un insieme di regole, per non parlare delle 23 o 24 lingue e gli innumerevoli dialetti.
C’è il pericolo che lo sviluppo dell’IA acuisca il divario tecnologico tra Cina ed Europa come è successo con il 5G?
In Cina c’è una diversa percezione della privacy e ci sono regole diverse, ma non è corretto pensare che le norme siano più permissive in Cina che in Europa.